Il peso specifico interattivo

Bandersnatch invita lo spettatore a fare delle scelte
/ 04.02.2019
di Alessandro Panelli

Bandersnatch, scritto da Charlie Brooker (autore principale degli episodi di Black Mirror) e diretto da David Slade (The Twilight Saga, 30 giorni di buio) è il primo film interattivo distribuito da Netflix. Tramite l’interazione concessa allo spettatore si devono fare delle scelte che si ripercuoteranno sul finale, è quindi possibile vedere più finali.

Al centro di Bandersnatch vi è un giovane programmatore di videogiochi (Stefan) che intende sviluppare un’avventura grafica, una sorta di film interattivo, basata su un libro, anch’esso interattivo, scritto dal suo idolo Jerome F. Davies. Una volta ottenuto l’ok per la produzione da parte della Tuckersoft, Stefan inizia a lavorare sul videogioco e questo scatenerà in lui forti problemi psicologici. Le cause sono molteplici e vanno da un opprimente passato che lo condiziona e lo costringe a seguire una terapia, alla pesante ingerenza di Colin Ritman, famoso programmatore della Tuckersoft, e non da ultimo alla nostra influenza, che decidiamo per lui.

A livello tecnico il film si posiziona su standard altissimi, come del resto ci ha abituati Black Mirror: una scenografia stupefacente e una fotografia che dà vita a inquadrature mozzafiato. Tuttavia è proprio l’interattività a non convincere in Bandersnatch. È apprezzabile il fatto che Netflix si sia lanciata in questo progetto, ma sappiamo anche che è una piattaforma capace di far parlare di sé, e che la realtà di Bandersnatch non è proprio inedita, poiché riprende il concetto dei videogiochi nati negli anni 80.

L’interattività rappresenta a tratti un ostacolo per lo spettatore: ci si ritrova spesso a un punto morto dove, a causa di scelte sbagliate, si dovrà tornare indietro. I finali sono molto simili tra di loro, a eccezione di poche alternative che però richiedono la consultazione di una guida. Lo spettatore in pratica decide solo quando terminare la storia, poiché, optando per un percorso diverso, viene rimandato indietro. A questo punto ci si chiede quale sia il senso dell’interattività. Se Charlie Brooker si fosse focalizzato su un tema operando lui stesso le scelte, lo spettatore avrebbe ricevuto un messaggio più chiaro e definito. Sorge dunque il dubbio che l’interazione non sia che un pretesto per aggiungere qualcosa di diverso al catalogo del colosso dello streaming.

Inizialmente ci si sente elettrizzati dal fatto di poter scegliere per il protagonista e di pensare di potere determinare in maniera importante la storia, ma una volta finita l’avventura, con l’amaro in bocca, si è costretti a constatare come in realtà sia sempre il film a indirizzare lo spettatore.

Pur non trattandosi dunque di una novità assoluta, l’idea del film interattivo è pur sempre un passo in una direzione che – e questo è fuor di dubbio, – sarà oggetto di ulteriori e probabilmente sorprendenti sviluppi.