Il palcoscenico che unisce

Premio Europa: a San Pietroburgo, una festa per il teatro, con qualche ombra sulla libertà di espressione
/ 19.11.2018
di Giorgio Thoeni

Sull’arco di trent’anni il Premio Europa per il Teatro ha assunto una valenza fortemente simbolica e la sua 17esima edizione che ha avuto luogo a San Pietroburgo dal 12 al 17 novembre (ospitato e finanziato dal Theatre-Festival Baltic House) ha ulteriormente confermato i princìpi di promuovere, nell’ambito dello spettacolo dal vivo, l’interdisciplinarità, l’integrazione e la cooperazione tra il teatro e le altre arti come la conoscenza e la sua diffusione, contribuendo allo sviluppo dei rapporti culturali e al consolidamento della coscienza europea.

Nato nel 1986 come progetto pilota in campo teatrale della Commissione Europea presieduta da Jacques Delors, già ministro della cultura francese e attuale presidente del Premio, ha avuto la sua prima edizione l’anno successivo a Taormina. Per il suo ruolo e le sue attività, è stato riconosciuto dal 2002 dal Parlamento e dal Consiglio Europeo quale organizzazione di interesse culturale europeo ed è stato inoltre designato come progetto d’apertura per l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018. Dopo nove edizioni siciliane, il Premio è diventato itinerante: Torino, Salonicco, Wroclaw, San Pietroburgo, Craiova, Roma per ritornare nuovamente a San Pietroburgo.

«La cultura guarisce le ferite», ha dichiarato alla giornata inaugurale Georges Banu, presidente della giuria del Premio, docente alla Sorbona, critico e saggista fra i maggiori conoscitori di Peter Brook. Lo studioso romeno ha inoltre sottolineato come, sin dalle sue prime edizioni, il Premio sia riuscito a mettere in luce artisti che oggi sono diventati dei maestri della scena attuale, come Vasil’ev e Ostermeier, dando anche rilievo a rappresentanti di realtà teatrali che assetti politici o chiusure del passato potevano far apparire distanti. Ma soprattutto riconoscendo personalità come quelle di Mnouchkine, Brook, Strehler, Mueller, Wilson, Ronconi, Bausch, Dodin, Pinter, Lepage, Zadek, Chéreau… per citarne alcuni.

Il 17esimo Premio Europa per il Teatro è stato attribuito all’eclettico regista Valerij Fokin, nome di rilievo della scena russa, a cui è stato aggiunto un Premio Speciale per la poliedrica Nuria Espert, attrice e regista catalana oltre che animatrice di battaglie civili. Dalla sua seconda edizione, il Premio assegna anche un riconoscimento alle Realtà Teatrali destinato a coloro che hanno saputo dare un nuovo impulso con stili e linguaggi diversi e che sono riusciti a creare dei ponti culturali grazie a progetti aperti a nuove prospettive di collaborazione, coinvolgendo realtà e protagonisti transculturali e transnazionali. La giuria ha quindi scelto per il teatro-danza il coreografo belga Sidi Larbi Cherkaoui, l’innovativo spettacolo circense proposto dallo svedese Cirkus Cirkör, l’attore e regista francese Julien Gosselin, il regista e drammaturgo polacco Jan Klata, il regista portoghese Tiago Rodrigues e il nostro Milo Rau.

Mentre stiamo scrivendo non sappiamo ancora se Rau avrà potuto ritirare il premio. Da fonte attendibile sembra che la Russia gli abbia ancora negato il visto. Una ruggine che persiste ormai dal 2013 quando Rau aveva inscenato un processo contro dissidenti e artisti, per denunciare il sistema di Putin. Aveva allestito il tribunale al centro Sakharov di Mosca, senza attori ma con avvocati, artisti, politici, autorità della Chiesa e testimoni. Come si ricorderà, la polizia fece irruzione e interruppe il dibattimento.

Dall’episodio nacque un documentario (Moscow Trials), uno scandalo internazionale e il divieto di ingresso in Russia per il regista. Un’ombra che non ha impedito alla maggior parte degli artisti presenti sulle rive della Neva di regalare spettacoli, anteprime, work in progress, letture e conferenze.

Un modo per sottolineare che il Premio non ha solo valenze celebrative ma è anche una prestigiosa piattaforma che permette a decine di critici teatrali, studiosi e giornalisti provenienti da tutto il mondo di confrontarsi su temi sensibili come la libertà di espressione e la tolleranza.