I massacri ci sono sempre stati. Ieri come oggi. I più terribili, se questo è possibile, sono quelli dei bambini. Ieri come oggi. Emblematica è sicuramente la strage raccontata nel Vangelo di Matteo. Difficile dire se sia il racconto di una strage veramente accaduta in questo contesto o solo una delle tante del periodo. Nei Vangeli sinottici solo Matteo ne parla. Inoltre nessuno storico cita l’avvenimento. Considerata la popolazione del periodo, la natalità e altre variabili, quasi certamente i bambini al di sotto dei due anni residenti a Betlemme erano più o meno una ventina. La storia è nota. Erode vuole uccidere Gesù. Giuseppe e Maria scappano in Egitto con il figlio. Erode ordina che vengano uccisi tutti i bambini piccoli. Allora fu compiuta la parola di Geremia. Raffaele Cantarella la traduce così: «Voce in Ramà fu udita, pianto e gemito molto. Rachele piangente i suoi figli, e non volle essere consolata che più non sono».
Molti artisti interpretarono l’avvenimento lungo i secoli nei più svariati modi. E sempre con partecipazione, anche perché nell’immaginario collettivo questa è la madre di tutte le stragi.
Pierre Rosenberg dell’Académie française, presidente-direttore onorario del Musée du Louvre, ha organizzato al Jeu de Paume del Domaine de Chantilly nei pressi di Parigi un’esposizione sull’argomento. Esposizione incentrata sul famoso dipinto di Nicolas Poussin appeso nella Galerie de Peinture sul muro degli autori italiani del Musée Condé – appunto a Chantilly – dal 1880, dopo che il duca d’Aumale fece costruire il suo castello nel 1875. Il duca d’Aumale Henri d’Orléans, figlio del re Louis-Philippe, acquista Le Massacre des Innocents a Londra, dove era in esilio, dal mercante Colnaghi nel 1854.
L’autore, Poussin, nasce nel 1594 a Les Andelys e giovanissimo scappa a Parigi per prendere lezioni di pittura. Nel 1623, forse grazie alla protezione di Maria de’ Medici, collabora alla decorazione del Palais de Luxembourg. L’anno seguente lascia tutto per recarsi a Roma e ottiene ben presto una serie di commesse importanti. Ritorna quindi a Parigi nel 1640 dove inizia il periodo più fecondo della sua vita. Soprannominato il pittore filosofo, non è stato un vero e proprio erudito ma mediante solide letture, come ad esempio Michel de Montaigne e Torquato Tasso, riesce ad alimentare le sue «riflessioni sulla condizione umana». Splendidi i quadri rappresentanti le Stagioni e dipinti fra il 1660 e il 1664, un anno prima della sua morte, quando oramai il tremito alle mani lascia tracce ben visibili sulle tele. In una lettera del 1657 indirizzata a Paul Fréart de Chantelou scrive: «Si dice che il cigno canti più dolcemente quando è prossimo alla morte. Tenterò, a sua imitazione, di fare meglio che mai».
Le Massacre des Innocents viene commissionato a Poussin pochi anni dopo il suo arrivo a Roma dal marchese Vincenzo Giustiniani nel 1627. Giustiniani vuole ricordare così la strage da parte dei turchi di diciotto suoi parenti adolescenti avvenuta a Chios nel 1566. Il dipinto rappresenta la brutalità dell’avvenimento. Poussin non mette in scena una moltitudine di personaggi, ma concentra la composizione del quadro in quattro figure. Lo sgherro, che con la spada alzata e un piede sopra il torace del bambino sta per colpirlo. La donna, disperata, che cerca di fermarlo e un’altra che scappa inorridita. Una scena semplice, realizzata mediante due diagonali con al centro il volto della donna che, proprio per questo, acuisce il dramma che sta per svolgersi. I colori sono anche loro semplificati a quelli primari. Nessun segno religioso, nessuna palma o angelo in cielo: un’opera laica.
Vis à vis, nella stessa sala, troviamo la Strage degli innocenti dipinta nel 1611 da Guido Reni, proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna che per l’occasione lo ha scambiato temporaneamente con Nesso e Dejanira, sempre di Guido Reni, proveniente dal Louvre. Dipinto sicuramente conosciuto da Poussin tramite una copia. La Strage degli innocenti di Guido Reni è composta da una quinta teatrale complessa. Le figure strette nel recinto della tela sono molteplici: cinque madri, due aguzzini, vari bambini. Al centro il pugnale dell’aguzzino che sta per colpire. Le donne imploranti, in fuga, strattonate per i capelli; i bambini riversi per terra sanguinanti. La scena è come congelata, mentre in alto due angeli osservano fra le nuvole. Qui il carattere religioso è preponderante e reso attraverso il tipico tratto del Reni che idealizzava la bellezza non così come è in realtà ma così come appare nella mente.
Accanto l’Allegoria del massacro degli innocenti di Pietro Testa e la tavola di Cornelis Schut I con lo stesso soggetto che, come quelle di David de Haen, Nicolas Regnier e Antiveduto Grammatica, impreziosivano l’appartamento di casa Giustiniani a Roma.
La fortuna del dipinto di Poussin si può cogliere nei secoli seguenti. In mostra la tela di Jean-Baptiste Marie Pierre del 1763, quella di Jean-Baptiste Peytavin nella quale il gioco delle diagonali contrasta con l’arco architettonico che divide il blu del cielo dall’oscurità della terra. Léon Cogniet preferisce incentrare la totalità del dipinto nella figura della madre nascosta dietro un muro diroccato che tiene in braccio e protegge il figlioletto mentre sullo sfondo si consuma il dramma. Ma è Picasso che, dopo Guernica del 1937, dipinge Le Charnier nel 1945 riprendendo il tema della madre e del bambino di Poussin. Alla fine del percorso arriviamo alla rilettura contemporanea dell’opera con Annette Messager, Henri Cueco, Markus Lupertz, Vincent Corpet. Un po’ d’après, un po’ no, ma sicuramente tutte di diverso livello artistico.
Bella e attuale mostra; di spessore il catalogo, estroverso ma con anche l’indice delle persone e dei luoghi. Da notare che, per volontà testamentaria, le opere del Musée Condé non possono uscire dal museo stesso e di conseguenza Le Massacre des Innocents si può e si potrà vedere solo lì.