Il folle redattore di lemmi per il dizionario

Esce da Adelphi il romanzo di Simon Winchester Il Professore e il pazzo
/ 02.07.2018
di Mariarosa Mancuso

Di tanto in tanto si discute, in toni curiosi o polemici, delle nuove parole ammesse nei dizionari. Lo Zingarelli edizione 2019 – che affianca al solito volume un’edizione pop in cofanetto con una t-shirt firmata Valentino Rossi, a cui si deve anche la voce d’autore «velocità» – ne ha un migliaio (su 450 mila voci e 380 mila significati). Anno dopo anno, sono entrati nel grande registro della lingua italiana le parole «chatbox» e «burkini», «Uber» e «influencer», «tamarrata» e «apericena».

L’Accademia della Crusca, che della lingua italiana è invece il salotto buono, ha su internet un sito dedicato alle parole nuove. Alla M abbiamo trovato un orrendo «microondabile», alla G un «girotondo», che ormai non sta solo per il classico gioco «tutti giù per terra», ma per certe manifestazioni della sinistra italiana nate da un’idea di Nanni Moretti (tutti a prendersi per mano circondando i centri del potere).

Alla P troviamo «pentastellato» (aspettavamo di trovare anche «petaloso», franato nel ridicolo dopo pochi giorni). Alla H c’è «hipster», ovvero i giovanotti con la barba e in qualche caso lo chignon che indossano calzoni stretti e corti, mostrando caviglie nude o calzini colorati. Alla «I» c’è impiattare, giusto per dimostrare che non è solo l’inglese a rovinare «la nostra bella lingua», come dicono i fanatici della materia.

Diamo i dizionari per scontati, bisognosi ogni tanto di un’aggiustatina. Non pensiamo mai che un giorno sono stati compilati a partire da zero. Per la lingua inglese – che batte tutte le altre, quanto a numero di parole – il primo a sobbarcarsi il compito fu il dottor Samuel Johnson. Fece tutto da solo, cominciando nel 1746 e impiegando nove anni (si era illuso di farcela in tre). Lavorava con i volumi della sua biblioteca, più altri presi in prestito dagli amici (e ridotti in pessime condizioni). Compilò 42 mila voci.

In La fiera delle vanità di William Makepeace Thackeray, il dizionario di Samuel Johnson viene donato alle allieve che lasciano Chiswick Mall. Ne riceve uno Amelia Sedley, studentessa che ha pagato la retta. Ma la direttrice Miss Pinkerton rifiuta di sprecarne un altro per Becky Sharp, che era stata accolta per carità (figlia di un pittore e di una ballerina francese, pagava dando lezioni). Il dizionario non regge fino alla fine del vialetto. Becky Sharp lo strappa dalle mani di Amelia e lo scaraventa fuori dalla carrozza.

Il dizionario di Samuel Johnson regnò incontrastato per più di un secolo. Fino a che la Philological Society di Londra, nel 1857, avviò i lavori per l’Oxford English Dictionary. La direzione fu affidata a Sir James Murray, il primo volume uscì nel 1884, il decimo nel 1928, gli ultimi aggiornamenti comprendono «selfie» e «mansplain» (vale a dire le spiegazioni date dai maschi alle femmine con il tono «Io grande cacciatore, tu piccola donna bianca»). Su questo sfondo arriva la magnifica storia – magnificamente raccontata da Simon Winchester, cosicché il piacere non raddoppia ma viene elevato al cubo – in Il professore e il pazzo (Adelphi). Ogni capitolo inizia con una voce tratta dall’Oxford English Dictionary, da «murder» a «philology» passando per «diagnosis».

Per non perdersi neppure una parola, sir James Murray decise di far collaborare l’Inghilterra intera. Chiunque sapesse leggere e scrivere poteva redigere una o più voci voci, che poi sarebbero state vagliate dai linguisti. Dopo qualche anno, il più assiduo collaboratore su base volontaria era un certo W.C. Minor. Una ricerca rivelò che le lettere arrivavano dal manicomio criminale di Broadmoor. Siccome aveva i suoi pregiudizi, come tutti noi, il filologo capo pensò che l’infaticabile collaboratore fosse il direttore del carcere. Sbagliato. Era uno dei ricoverati.

Il manicomio criminale di Broadmoor esiste ancora, lì è cresciuto il romanziere Patrick McGrath (sotto un altro nome, fa da sfondo al suo romanzo Follia). Al ricoverato W.C. Minor il direttore aveva consentito di tenere in cella la propria collezione di libri antichi. Era costui un medico dell’esercito americano che aveva trovato rifugio nei bassifondi di Londra, pur non essendo sprovvisto di mezzi. In preda a un attacco di follia paranoide uccise un passante. Sir James Murray andò a trovarlo più volte, insieme discorrevano di parole rare come «chaloner», un tessuto leggero di lana per fodere, o «gondola». Il compilatore carcerato mandò migliaia di schede. Tutte a proposito, su lemmi in lavorazione, come se fosse dotato di sesto senso. Matto, ma preziosissimo.