Dove e quando

Weibsbilder. Eros, Macht, Moral und Tod um 1500. Kunstmuseum, Basilea. A cura di Ariane Mensger. Fino al 7 gennaio 2018. Catalogo Deutscher Kustverlag. www.kunstmuseumbasel.ch

Hans Baldung gen. Grien, <i>Der Tod und die Frau</i>, 1520/25 (© Kunstmuseum Basel, Amerbach Kabinett / Martin P. Bühler)

Il corpo delle donne

Eros, potere, morale e morte al Kunstmuseum di Basilea
/ 13.11.2017
di Gianluigi Bellei

L’esposizione probabilmente più intrigante dell’autunno è quella che il Kunstmuseum di Basilea dedica alla femminilità verso il 1500. Una mostra di nicchia si potrebbe dire, soprattutto perché la maggior parte delle opere sono incisioni e, si sa, la stampa in bianco e nero con le sue raffinatezze non è immediatamente godibile da tutti. Davanti a un’acquaforte bisogna sostare con pazienza per vedere il contesto generale prima e i singoli segni poi. Un lavoro attento, meticoloso che generalmente non si è in uso fare con un dipinto. Quanti infatti si soffermano davanti a un olio per scoprire il solco della pennellata o l’incedere non uniforme delle velature? L’incisione è un linguaggio a sé che merita di ricambiare la pazienza con la quale l’artista ha realizzato ogni singolo segno.

1500, dicevamo; tutti pensano a ricchi banchetti, fasti e gioielli, guerre con armature luccicanti, filosofi, poeti, grandi artisti. In realtà la quasi totalità della popolazione in Europa era composta da analfabeti che vivevano in piccole case di legno con due stanze una delle quali in inverno era adibita a stalla. La piccola finestra era sempre aperta per lasciar entrare la luce. Naturalmente non c’erano vetri (mica siamo in cattedrale!) ma unicamente imposte in legno. Il camino, invenzione di quegli anni, era segno di un certo benessere. Il villaggio era composto di poche case e gli abitanti parlavano dialetti diversi da villaggio a villaggio. Raramente si spostavano. Non conoscevano le leggi del proprio paese, né il padrone del feudo. Ogni tanto per le gabelle si faceva vivo il balivo o il fattore. Non possedevano nulla oltre a qualche utensile e delle sementi. I più ricchi un paio di animali. Lavoravano dall’alba al tramonto e poi andavano a dormire.

Le donne avevano due compiti: quello di lavorare in casa e nei campi e quello di partorire. Un mestiere, quest’ultimo, gravosissimo e che durava tutta la vita con 10-20 parti uno dopo l’altro. La mortalità infantile in Europa oscillava tra il 20 e il 50%. Si moriva per diarrea, peste, influenza, tubercolosi… Erasmo ha definito le pene del parto tra le peggiori che possano capitare all’essere umano. Così tra il dolore del parto e quello delle morti dei figli la breve vita delle donne era ridotta a un inferno. Raramente, in ogni caso, vedevano i loro figli sposarsi. A parte gli aristocratici, gli artisti e i preti, tutti gli altri morivano prestissimo. Anche il matrimonio non andava meglio. Secondo Calvino la moglie doveva essere sottomessa al marito come questo a Dio. La moglie che sbagliava, secondo Frate Cherubino, poteva essere «battuta sonoramente». In Inghilterra esisteva la regola del pollice, rule of thumb, secondo la quale una donna «poteva essere picchiata purché con un bastone del diametro non più grande di un pollice», scrive Margaret L. King.

Se moriva prima il marito, oltre al lavoro corrente, le donne avevano quello della prostituzione. Tollerata nel Medioevo, la prostituzione è stata istituzionalizzata nel Rinascimento. Venezia nel 1500 aveva circa centomila abitanti e, di questi, dodicimila erano prostitute. Nel 1570 è stato pubblicato Il catalogo di tutte le principali e più onorate cortigiane con nomi, indirizzi e tariffe (come adesso ci sono le guide dei migliori ristoranti); fra queste c’erano le più importanti poetesse italiane dell’epoca, Gaspara Stampa e Veronica Franco.

Nelle città un’alternativa a questa vita era il convento: a Firenze e Milano il 13% delle donne erano monache. In ogni caso alcune volte le vedove o le nubili (cioè senza un protettore maschile) erano considerate eretiche o streghe. Un’altra guida, questa volta un manuale per cacciatori di streghe, redatto nel 1487 da Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, Malleus Maleficarum, sosteneva che queste donne erano sciocche, ingannevoli, appassionate e carnalmente insaziabili. Naturalmente venivano bruciate vive. E forse era meglio che qualche decennio di continue sofferenze.

Altro che Dama con l’ermellino

Il Kunstmuseum di Basilea non racconta la storia delle veneri piene di virtù e seduzione, belle da morire: ma di quelle seducenti e pericolose. Al di là degli stereotipi a cui siamo abituati. Come sappiamo la pittura è un genere colto al servizio degli uomini potenti e facoltosi: re, principi, mercanti, uomini di chiesa. I nudi li potevano vedere solamente loro. Con l’apparizione delle incisioni le immagini non sono più riservate unicamente a corti private e ristrette, bensì, per via del loro basso costo e delle loro riproducibilità, possono essere viste anche dai ceti popolari. Tutto questo diventa pericoloso e nel contempo sfocia in una produzione estetica che oggi potremmo definire borderline. L’eros diventa così dolore e Hans Baldung rappresenta una donna nuda legata a un albero trafitta da una freccia. Per Urs Graf l’amore è una prosperosa signora, sempre nuda, che si trafigge con una spada o una donna con in braccio il suo bambino «imbrogliata» da un signore con il pene scoperto. Heinrich Vogtherr mette in scena un triangolo amoroso nel quale una prosperosa donna a seno scoperto, ma con la cintura di castità, prende del denaro da un brutto vecchio per metterlo nelle mani di un giovane barbuto. Sebald Beham rappresenta un gruppo di donne al bagno che si lavano le parti intime. Urs Graf tratteggia il profilo delle cortigiane (prostitute d’alto bordo) ricche di monili e con sontuose parures.

Le femmine poi sono cattive e ingannatrici, oltreché streghe. Così, complice l’Antico Testamento il loro potere sessuale diventa crudeltà. Albrecht Altdorfer, fra alberi e merlature varie, mette a fuoco l’attimo nel quale Giaele trafigge con un chiodo e a colpi di martello la testa di Sisara. La leggenda di Aristotele e Fillide è immortalata da Hans Baldung nel momento stesso che la nuda e panciuta Fillide cavalca il filosofo dopo averlo ingannato (gli aveva promesso che si sarebbe concessa solo a lui se lo avesse fatto). Ma le streghe sono in agguato e ovviamente sono bruttissime.

Le donne, soprattutto se voluttuose, sono sempre instabili e, Hans Baldung ce ne mostra una splendida e nuda che cammina sopra due sfere legate ai piedi.

Lucrezia viene sempre rappresentata come esempio di virtù. Qui è proposta attraverso una serie di nudi seducenti, come quello di Lucas Cranach.

Siamo così arrivati al termine del percorso espositivo che riguarda la morte. Naturalmente c’è Eva che, facendo mangiare la mela ad Adamo, condanna gli uomini alla morte. Diverse le rappresentazioni della scena e una delle più belle è probabilmente Der Sündenfall di Jan Gossaert sia per il tratto che per la composizione e l’armonia dei corpi. L’amore è infine sempre peccato e con la bellezza seducente di una fanciulla nuda che viene baciata da uno scheletro, di Hans Baldung, termina il percorso.

Un centinaio le opere esposte, molte delle quali provenienti dal fondo del Kupferstichkabinett del Kunstmuseum di Basilea, oltre che da prestigiose collezioni quali la Gemäldegalerie di Berlino, l’Albertina di Vienna, la Gemäldegalerie di Kassel e la Staatsgalerie di Stuttgard. Buona l’illuminazione come l’allestimento. Catalogo solo in tedesco.