Il Bel Paese raccontato in immagini

Laterza ha pubblicato un volume in cui sono raccolte cento fra le immagini più significative della storia recente d’Italia
/ 21.05.2018
di Giovanni Medolago

Pochi anni separano la nascita della fotografia (1839) da quella dell’Unità d’Italia (1861). Due decenni, nell’ottica della Storia, sono quantité négligeable e dunque possiamo dire che la scoperta tecnica e la creazione politica sono cresciute insieme. In questi 157 anni, come capita tra veri coetanei, si sono aiutati e scontrati più volte: diffuse in tutta il Paese, le immagini dello tsunami che sconvolse Messina e Reggio Calabria (oltre 100mila morti) crearono dapprima vivissima emozione, poi spinsero a partire verso la Sicilia una moltitudine di giovani e meno giovani desiderosi di portare soccorso. Durante il ventennio fascista, viceversa, il Duce e i suoi ministri della propaganda usarono la fotografia per esaltare le doti di Mussolini (celebre l’immagine del dittatore impegnato a torso nudo nella mietitura). Più vicino a noi, l’immagine di Roberto Benigni che tiene in braccio Enrico Berlinguer (1984) rappresenta in qualche modo il massimo del consenso popolare raggiunto dal PCI; mentre il clic del ragazzo che spara con la sua P 38 in una Milano spettrale è divenuta vera e propria icona degli Anni di Piombo.

Recentemente pubblicato da Laterza, il volume Storia d’Italia in 100 foto, analizza da vicino la relazione biunivoca tra il lavoro dei fotografi e le vicende spesso tormentate della vicina Repubblica. Un libro che si sfoglia piacevolmente vuoi perché non richiede certo l’impegno necessario quando si affronta un saggio storico, vuoi d’altro canto per le sorprese che attendono il lettore. Qualche esempio: fino al 1866 ogni città d’Italia aveva il suo mezzodì, basato sull’ora solare locale. Solo l’avvento di diversi mezzi di comunicazione (ferrovie, telegrafi, piroscafi) impose un’unica misura del tempo, che fu regolata su quella di Roma prima ancora che la Città Eterna divenisse – con la presa di Porta Pia nel 1870 – l’effettiva capitale italiana.

Sappiamo che la manipolazione delle immagini è nata ben prima del Photoshop, ma è tuttavia sorprendente quanto riuscì a fare nel lontano 1904 Luca Comerio, fotografo ufficiale di corte: nella sua immagine, il re Vittorio Emanuele III, la regina Elena e Giovanni Giolitti sembrano tutti della stessa statura, quando in realtà il sovrano era alto solo 1,53 (lo chiamavano sciaboletta perché munito di una spada più corta del solito per evitare che strusciasse per terra), la sua sposa montenegrina lo sovrastava di una spanna buona e Giolitti sfiorava il metro e novanta! Pure curioso è apprendere perché le US Combat Film ci hanno lasciato solo poche foto a colori dell’ultimo conflitto: da Washington era partito l’ordine di usare le nuove pellicole Kodachrome solo per immortalare i momenti davvero salienti della II Guerra mondiale.

Sono di autore rimasto ignoto parecchie immagini del libro, ma non mancano certo i nomi illustri: Wilhelm von Gloeden, che nella «sua» Taormina creò a inizio ’900 un inedito genere, quello del nudo maschile; Paul Strand che, chiamato da Cesare Zavattini, esplora il paesino natale di quest’ultimo, Luzzara. Ugo Mulas, che coglie Lucio Fontana nell’atto di tagliare una sua tela. O ancora Gianni Berengo Gardin che lancia un grido d’allarme per la sua Venezia, soffocata da un’imponente nave da crociera (è di poche settimane fa un decreto che vieta finalmente tale scempio). I quattro storici chiamati al commento delle immagini sono invece Vittorio Vidotto, Simona Colarizi, Giovanni De Luna ed Emilio Gentile, ben noto agli ascoltatori di Rete 2 e autore d’un libro sulla prima Guerra mondiale dal titolo formidabile: Due colpi di pistola, dieci milioni di morti. Il team è stato coordinato da Manuela Fugenzi, docente di Fotografia all’Università di Roma 3 e già autrice de Il secolo delle donne, l’Italia del Novecento al femminile.