Dopo la complessa rilettura delle cose nascoste del Macbeth di Shakespeare, in pochi giorni siamo passati alla crudele scalata al potere del bieco monarca di York. Il Teatro Sociale di Bellinzona ha infatti ospitato Riccardo 3 dal classico di Shakespeare nell’adattamento di Francesco Niccolini per la compagnia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi con Giovanni Moschella. Se il progetto sul Macbeth vedeva ognuno dei personaggi principali della tragedia assegnati a tre interpreti, nel Riccardo hanno fatto tutto due attori in scena, tranne Vetrano nel ruolo del protagonista. Tutti gli altri ruoli erano per Randisi (Lady Anna, ma anche un sicario, Giorgio di Clarence, Buckingham, Edoardo e Richmond) e Moschella (un altro sicario, Hastings, Elisabetta, il principino, Margherita, il sindaco di Londra, Stanley).
In uno spazio freddo, presumibilmente manicomiale, Riccardo è su una sedia a rotelle. Nel suo delirio bipolare racconta le sue efferatezze che si snocciolano rapidamente. In poco più di un’ora gli intralci al controllo totale del regno d’Inghilterra vengono eliminati: imprigionati nella Torre di Londra o uccisi da sicari. Fratelli, cugini, moglie, amici. Tutti destinati a sparire in rapida successione nell’architettura testuale di Niccolini, con buona pace di chi ama le parole dell’autore sebbene l’elegante e squillante dizione di un eccellente Vetrano conservi i monologhi più significativi dello psicodramma. Una bella resa attoriale e l’efficace scrittura hanno ampiamente contribuito al successo dello spettacolo e al gradimento del pubblico.
Non paghi di respiri scespiriani ma desiderosi di accettare qualche sorriso intelligente, siamo anche stati al Teatro di Locarno per seguire Ale e Franz alle prese con Romeo e Giulietta. Nati sotto contraria stella, il celebre melodramma rivisto e diretto da Leo Muscato. Sala piena e una platea ben disposta hanno accolto l’allestimento che, seppur con un manto farsesco, ha mantenuto il testo originale (prologo a parte) inserendo soluzioni interessanti. Dalla scenografia apparentemente casuale all’idea che la commedia venisse recitata da una compagnia girovaga e scalcinata di soli attori maschi disposti a interpretare tutte le parti. Una sorta di Armata Brancaleone pronta ai lazzi della Commedia dell’Arte.
Ecco la Giulietta di un bravissimo Ale, molto aderente al personaggio, come pure il Romeo di Franz, più incline all’ironia cabarettistica. Con loro, dei comprimari di assoluto rispetto come Paolo Graziosi, (regista in disparte e Principe della Scala), Marco Gobetti (il frate, Baldassarre, Padron Capuleti) e, spassosi e infaticabili, Eugenio Allegri (Mercuzio, Madonna Capuleti e frate) e Marco Zannoni (la tartagliante Balia e frate): due attori di grande esperienza e bravura alla mercé di personaggi praticamente sempre in scena. Il tutto accompagnato a bordo scena dalle musiche di Roberto Zanisi. Uno spettacolo piacevole e curioso per la riuscita commistione drammaturgica nella sua studiata, misurata e, in fin dei conti, piacevole leggerezza.
Sfumature nel racconto della verità
Conduttrice, inviata, reporter, autrice di inchieste e del libro Kajal. Le vite degli altri e la mia, Maria Cuffaro è stata protagonista al teatro San Materno di Ascona di un incontro con la giornalista radiofonica Rossana Maspero. Il suo racconto è quello di un mestiere in bilico fra emozioni e regole deontologiche che non si possono trascurare quando in gioco c’è la credibilità.
Ma come raccontare la verità? Si può essere testimoni imparziali? «La verità è ricca di complessità e contraddizioni – dice la Cuffaro – è come un disegno in chiaroscuro ricco di sfumature. Fare domande – ha ribadito – è come un atto di ribellione che non deve essere scambiato per autocompiacimento o manierismo». E ancora: «il giornalismo è la sublimazione della fretta e della superficialità: il mio mondo».