Dove e quando
Kirchner. Gli anni berlinesi. Kunsthaus, Zurigo. A cura di Sandra Gianfreda e Magdalena M. Moeller. Orari: ve-do/ma 10.00-18.00, me/gio 10.00-20.00. Fino al 7 maggio. Catalogo Kunsthaus/Hirmer D/E, fr. 59.–. www.kunsthaus.ch


Idillio e perdizione

Retrospettiva su Ernst Ludwig Kirchner al Kunsthaus di Zurigo
/ 27.03.2017
di Gianluigi Bellei

Sono trascorsi esattamente cento anni da quando Ernst Ludwig Kirchner si trasferì a Davos, in Svizzera. Per lui sono momenti difficili; il suo dottore, Luzius Spengler, gli diagnostica una dipendenza da barbiturici e morfina. Comincia a curarsi, seguito da un’infermiera, in uno chalet a Stafelalp, vicino a Davos, e poi nel sanatorio del dottor Ludwig Binswanger a Kreuzlingen sul lago di Costanza. L’anno seguente il Kunsthaus di Zurigo espone alcuni suoi lavori in una collettiva. Ed è proprio in occasione di questo centenario che lo stesso Kunsthaus propone le opere degli anni berlinesi: dal 1912 al 1914. Kirchner è noto soprattutto come uno dei fondatori del gruppo Die Brücke, Il ponte.

Nato il 7 giugno del 1905 a Dresda, Die Brücke si prefigge lo scopo di coordinare le forze avanguardiste del periodo fungendo, appunto, da ponte fra la Germania e le altre nazioni. Il nome deriva da Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche nel quale il filosofo sostiene che l’uomo è un ponte fra il bruto e il Superuomo. Il manifesto del gruppo non è altro che una xilografia dello stesso Kirchner nella quale si legge: «Con una profonda speranza nel progresso, in una nuova generazione di creatori e di pubblico, chiamiamo a raccolta l’intera generazione dei giovani e come la gioventù è legata al futuro, desideriamo procurarci libertà d’azione e di vita, contro le vecchie forze così profondamente radicate. È al nostro fianco chiunque corrisponda con immediatezza e con sincerità a quanto lo spinge a creare». I membri del gruppo leggono Nietzsche, Kierkegaard, Freud, Ibsen, Strindberg… e ovviamente non condividono i valori della borghesia, ma quelli soggettivi e irrazionali. Nel 1911 si trasferiscono a Berlino ed è il loro momento di maggiore attività. Nel 1913 Die Brücke si scioglie.

In quegli anni, ma non solo, Kirchner dipinge un mondo diviso fra la solitudine, la meschinità vacua e volgare delle grandi città e la visione idilliaca della natura e dei suoi nudi femminili. Il primo caso si riferisce a Berlino, città che lo attrae e nel contempo lo respinge, e l’altro al paesaggio naturale dell’isola baltica di Fehmarn, ove trascorre lunghi periodi estivi con gli amici e la compagna Erna Schilling. I colori della sua tavolozza sono acidi, violenti, innaturali, quasi primitivi, basati sui contrasti dei complementari: rosso, verde, giallo, viola.

Berlino è una città caotica con due milioni di abitanti. Una delle più grandi d’Europa; piena di contraddizioni fra lussuose automobili e miserabili operai, ricchi borghesi e prostitute. In mostra troviamo uno dei dodici olî della serie dedicata alle scene di strada e più precisamente quello proveniente dal Museum of Modern Art di New York del 1913. Le figure sono stilizzate e allungate, camminano indifferenti l’una dell’altra, ma sempre vicine, come in ogni moltitudine. Le donne sono macchiette, piene di trucco e con gli abiti esagerati, simbolo della corruzione e della decadenza. Nessuno guarda lo spettatore e, anzi, molti hanno il viso rivolto verso il basso. Kirchner è affascinato e nello stesso tempo disgustato da questo mondo vacuo e ridondante.

A Fehmarn, al contrario, l’artista vive una situazione paradisiaca, lontano da tutto, in mezzo alla natura selvaggia e incontaminata. Le diverse fotografie del periodo mostrano i protagonisti completamente nudi in bagni di sole, in mezzo alle onde o sugli scogli. I suoi nudi femminili sono eloquenti, spensierati, ritratti fra una vegetazione rigogliosa e mossa e case da fiaba. Come nel celeberrimo dipinto Le tre bagnanti del 1913, proveniente dall’Art Gallery of New South Wales di Sydney, nel quale tre ragazze sono circondate da un’onda gigantesca con sopra la testa una colomba bianca in volo. O magari come in Girl, Fehmarn sempre dello stesso anno, proveniente dal Lehmbruck Museum di Duisburg, dove due ragazze sinuose sono immerse in un ambiente lussureggiante di foglie verdissime ondulate dal vento.

In mostra, a corollario del percorso cronologico, alcune opere del periodo precedente e successivo. I primi anni a Dresda sono caratterizzati dai suoi scandalosi nudi. Due le modelle, Marcella e Fränzi, che posano anche per Pechstein e Heckel, due membri del gruppo Die Brücke. Sono figlie di un artista del varietà e lo hanno conosciuto tramite il custode dell’Accademia di Belle Arti di Dresda. I loro nomi sono citati nei titoli dei quadri. Un’altra modella è Dodo.

Con l’inizio della Prima guerra mondiale Kirchner lascia Fehmarn per arruolarsi. Certo la disciplina militare non è il suo forte e a causa delle sue precarie condizioni fisiche e mentali viene ricoverato nel sanatorio di Königstein e poi nel 1917, appunto, si rifugia a Davos. Icona di questo periodo è l’Autoritratto come soldato del 1915, purtroppo presente solo in catalogo, nel quale con la divisa del 75esimo reggimento di artiglieria si ritrae con la sigaretta in bocca e la mano destra mozzata. A Davos i dipinti si fanno più surreali, stranianti; forse maggiormente leggiadri. Di certo bellissimi nella loro visionarietà allucinata. Da vedere l’Autoritratto sotto l’effetto della morfina del 1917.

Il resto è storia. Nel 1938 la Germania nazista annette l’Austria; Kirchner è comunque già inserito nella lista degli artisti degenerati. Sempre più depresso e scoraggiato il 15 giugno di quell’anno si uccide con un colpo di pistola al cuore.

La mostra, organizzata assieme al Brücke-Museum di Berlino, propone 160 fra dipinti, disegni, pastelli, stampe, sculture e fotografie, provenienti dai maggiori musei del mondo, come il Guggenheim e il Museum of Modern Art di New York, il Thyssen-Bornemisza di Madrid e ovviamente il Kirchner Museum di Davos che da solo detiene la più ampia collezione di opere. In un angolo viene proposta la ricostruzione della nicchia del suo atelier berlinese. Di fronte la gigantografia di una foto del suo studio nel 1915 con in primo piano un giovane nudo che balla.

Mostra da vedere anche da coloro i quali si ricordano ancora quella di Villa Malpensata del 2000 curata da Rudy Chiappini.

Belle luci, ottimo allestimento, con le pareti colorate di violenti viola, rossi e gialli. Catalogo, come sempre, in tedesco o in inglese.