Iacampo e i suoi «Flores»

Rassegna musicale Raclette - Il prossimo giovedì sera allo Studio Foce, con anche il reading di Oliver Scharpf
/ 09.01.2017
di Zeno Gabaglio

Facce da cocaina, alcol e crack. I tre ritratti promozionali – veri e propri testimonial al contrario – lasciano inevitabilmente il segno, anche se quel che conta è la sintesi, ovvero il quarto volto sorridente (affiancato alla desolazione dei primi tre) che spiega come la rassegna Raclette allo Studio Foce non lasci nessuno strascico negativo sulla salute di chi vi prende parte diventandone dipendente. Perché il vero rischio del cartellone Raclette – al di là del divertente stratagemma promozionale sui social network, macabro forse solo per quei bacchettoni che al Foce non metterebbero comunque mai piede – è proprio quello di diventare dipendenti: appena svelata la lineup primaverile non si può infatti che cominciare a prender nota di ogni singola data, per un insieme di concerti che ancora una volta si conferma nel perfetto epicentro della cultura musicale contemporanea: del Ticino, della Svizzera e dell’Europa. Il place to be per chi – tra Chiasso e Airolo – non vuole perdere il contatto con le musiche in perenne movimento.

Si comincia giovedì 12 gennaio con il concerto di Iacampo (cantautore veneto che sul finire del 2015 ha pubblicato Flores, disco tra i più attuali e apprezzati dell’anno appena concluso) preceduto da un reading di Oliver Scharpf. Per introdurre la parte musicale della serata abbiamo incontrato Leziero Rescigno – musicista e produttore già ben noto per i suoi lavori con Mauro Ermanno Giovanardi, Amor Fou e La Crus, nonché per la stretta collaborazione con Francesca Lago – che di Flores è stato produttore.

Volendosi prestare all’ingrato gioco delle etichettature artistiche «Iacampo incarna una specifica tipologia del cantautorato italiano, di quella tradizione aperta al melting pot culturale e sonoro che in passato è nata e si è sviluppata con Pino Daniele (che mischiava la canzone italiana al blues, all’Africa e al Brasile) e con Paolo Conte (che ancora oggi unisce nelle sue canzoni la milonga argentina, lo swing e il jazz)». Cantautorato? Esistono ancora i cantautori? «Il termine rimanda ovviamente a schemi e ideologie oggi poco attuali. Ma l’idea di impegno e di riflessione sociale – attraverso una scrittura che guardi e racconti la società attorno a noi – non è certo sparita dall’orizzonte di chi fa musica. Casomai sono diversi gli ambiti in cui andare a cercarla: il rap, per esempio, da questo punto di vista dovrebbe essere considerato una delle forme più stringenti di cantautorato, inteso in senso classico».

La centralità dell’autore, quindi; un elemento che nel nostro modello di cultura, non solo musicale, rimane imprescindibile. Un dubbio che però ha sempre attraversato la popular music è quello relativo al rapporto tra l’autore (colui che campeggia sulle copertine dei dischi) e il produttore artistico (colui che invece è spesso il vero responsabile dei contenuti dei dischi). Tra Iacampo e Leziero Rescino chi ha deciso cosa? «Il rapporto tra autore e produttore è effettivamente delicato: il filo che separa la fertile collaborazione dall’invasione dei rispettivi campi è davvero sottile. Io sono per il profondo rispetto della scrittura originale, cioè dell’autorialità, e quindi il mio lavoro è stato quello di provare a potenziare la stesura delle canzoni, lavorando su armonia, melodia ma soprattutto sull’arrangiamento, sui suoni e sulle strutture». Un modo di procedere poco autoritario – a dispetto di certe infauste leggende rock’n’roll – in cui «il produttore non deve prendere il sopravvento, né in modo tecnico né in modo analitico. Sin dai primi incontri e confronti con l’autore deve nascere un’alchimia, un piano di comunicabilità che getti le basi di un lavoro proficuo». E il risultato? «L’idea di Iacampo – che ho abbracciato e condiviso – è stata quella di contaminare il solco della sua poetica, cioè la canzone d’autore italiana, con altre forme di espressione sonora e musicale. L’Africa, il Brasile, il jazz».