Bibliografia
Enzo Pelli, L’emigrazione artistica della famiglia Pelli di Aranno, Lugano, Giampiero Casagrande, 2018.


I migranti dell’arte

Un libro racconta la storia della famiglia Pelli di Aranno
/ 26.11.2018
di Alessia Brughera

«Non è una pubblicazione scientifica destinata agli specialisti, ma un racconto semplice e scorrevole dove sono descritte vicende che hanno coinvolto dieci generazioni di Pelli, costruttori e pittori», sono queste le parole che ci introducono al volume L’emigrazione artistica della famiglia Pelli di Aranno, uscito per i tipi di Giampiero Casagrande Editore. 

L’autore, Enzo Pelli, classe 1948, per anni produttore di programmi, documentari e sceneggiature per la Televisione Svizzera e dedito all’arte calligrafica, appartiene alla dodicesima discendenza del capostipite Pietro, nato alla metà del Cinquecento, l’antenato più antico di cui si possiedono notizie. Attraverso la sua narrazione sciolta dallo stile divulgativo, Enzo Pelli ci porta a conoscenza della lunga storia intrisa di arte del suo lignaggio, con la genuina fierezza di chi è consapevole della rilevanza del proprio passato e di come sia doveroso custodirlo e renderlo noto.

Sebbene non si tratti di un testo per gli addetti ai lavori, il libro è redatto con dovizia di particolari, testimonianza di una complessa attività di ricerca incominciata molto tempo fa. La pubblicazione, difatti, non fa che dare un senso compiuto alla raccolta di informazioni iniziata nei secoli scorsi dai membri della famiglia Pelli, attraverso la ricostruzione dei primi alberi genealogici e la messa per iscritto di notizie fino ad allora tenute vive solo oralmente, e proseguita poi dal padre di Enzo, l’avvocato Ferruccio Pelli, che è stato anche sindaco di Lugano, con una scrupolosa sistemazione di tutti gli attestati e gli oggetti rinvenuti nelle due dimore di famiglia, quella originaria nel nucleo del paese di Aranno e quella di Pura. Quest’ultima è la casa che Enzo Pelli frequentava assiduamente da bambino e in cui apprendeva dai racconti delle tre anziane sorelle del nonno i primi aneddoti sui suoi stimati predecessori, che avevano lavorato con abilità e onore in molti paesi stranieri.

Dal XVII al XIX secolo per i Pelli l’emigrazione artistica non ha avuto alcuna interruzione, e benché documentata solo a partire dal Seicento è ipotizzabile con molta probabilità che sia iniziata prima. Le mete erano la Danimarca, la Russia, l’Italia, la Francia, la Germania e la Spagna, dove con la dovuta preparazione gli uomini della famiglia di Aranno praticavano mestieri legati all’arte e all’architettura. Qui soggiornavano per lunghi periodi facendo ritorno alla terra d’origine solo saltuariamente, per sposarsi con ragazze ticinesi e per vedere di tanto in tanto quanto era cresciuta la loro prole. Solo nella vecchiaia il rimpatrio era definitivo, trascorso accanto alle mogli che negli anni della loro assenza avevano cresciuto i figli e badato alla casa.

Si susseguono così, corredate da molte immagini, le vicende di tutti quei Pelli che «senza raggiungere la fama di un Borromini o di un Trezzini, hanno operato in modo dignitoso e competente, talvolta raggiungendo posizioni e risultati importanti». Come il Domenico nato nel 1590 circa, che in qualità di ingegnere militare parte dal piccolo paese di Aranno per partecipare ai grandi avvenimenti bellici europei, lasciando anche un prezioso trattato manoscritto di architettura militare e civile molto raro per i tempi. O il suo omonimo pronipote, anche lui costruttore militare, che dopo aver lavorato a Strasburgo viene inviato da Luigi XIV presso Cristiano V, re di Danimarca e Norvegia, da cui viene insignito nel 1697 di un prestigioso titolo per le sue imprese architettoniche. 

O, ancora, come Cipriano, nato nel 1750, pittore molto apprezzato a Venezia per le decorazioni di palazzi e per le scenografie teatrali. Le sue opere richiamano le tele dei maestri lagunari del Settecento e quelle dei grandi artisti rinascimentali, come si evince ad esempio dalla bella Adorazione dei Magi, riprodotta nel libro, in cui non passano inosservati il taglio compositivo, le pose delle figure e gli effetti cromatici memori di pittori quali Jacopo Bassano. Interessante, poi, è come Cipriano, a questo e a molti altri lavori, non rinunci a conferire una connotazione familiare, rappresentando sullo sfondo i paesaggi del Malcantone a lui molto cari, caratterizzati dai dolci contorni dei monti che si intravedono da Aranno osservando il panorama verso Breno e il monte Lema.

Scorrono poi anche le vicende del cugino Luigi, attivo prima come architetto a Milano, al fianco di Luigi Canonica nel cantiere dell’Arena, e in seguito in Russia, dove il suo operato viene particolarmente gradito dallo zar Nicola I che in segno di stima gli dona preziose tabacchiere in argento. 

Giù per l’albero genealogico, si arriva a Vittore, nato sul finire del Settecento e ultimo rappresentante della dinastia di artisti della famiglia Pelli. Scenografo, vedutista e pittore di teatro in quel di Venezia, nel 1824 parte per un avventuroso viaggio al seguito di una compagnia teatrale fino a che non si vede costretto a stabilirsi nella Serenissima per poter ricevere l’eredità dello zio deceduto. Qui, caso unico nella storia degli artisti Pelli, viene raggiunto dalla moglie, con cui fa poi ritorno ad Aranno nel 1845 aggirando l’obbligo di risiedere a Venezia con un escamotage messo in atto con la complicità del suo medico, che, a causa dei numerosi «malanni» che affliggevano i componenti della famiglia, consigliava caldamente di cambiare aria tornando in patria. Sarà proprio Vittore ad acquistare e ristrutturare verso la metà dell’Ottocento la dimora di Pura, tra le cui pareti riecheggiano ancora oggi le secolari imprese artistiche dei Pelli di Aranno.