Hube, Ford e Lucci e il vero rap

Questo nuovo sound – Il bello dell’instant album
/ 28.10.2019
di Tommaso Naccari

Da anni si sente dire che il vero rap non esiste più. Che autotune e 808 ormai hanno demolito tutto quanto, che ormai tutto prenderà una deriva che porterà sempre più ad avere una miriade di Nuela – il rapper di carote che per un breve periodo ha spopolato all’edizione di quest’anno di X Factor – e sempre meno rap come lo abbiamo conosciuto fino a una decina di anni fa in Italia.

Beh, se qualcuno dovesse davvero dirvi una cosa del genere, ricordatevi di dirgli che è una castroneria: il rap vero esiste ancora, se lo sai cercare.

Nelle ultime settimane nelle mie cuffie ha girato in loop un bel disco rap: UNABOMBER. Di Hube, Ford e Lucci. UNABOMBER è un instant album, come in Italia accade sempre troppo poco, mentre dischi del genere sono quasi all’ordine del giorno in America. Ed è un album bellissimo perché, oltre che contenere rime, incastri e contenuti, è un disco che sa essere politico senza rompere i co... o risultare paraculo – un po’ come fece Coez con Costole Rotte e non è un caso che l’estrazione sia la stessa, questo disco tanto quanto quello dell’autore di Non Erano Fiori è infatti figlio dei Brokenspeakers, un gruppo che ha fatto la storia del rap romano – è un album che sa non prendersi troppo sul serio, pur essendo decisamente serio.

Ci sono termini, come knowledge o incastri, che subito fanno pensare alla noia all’ascoltatore medio del rap del 2019, ma UNABOMBER e la noia non sanno neanche di esistere nello stesso mondo. È un instant album anche nella durata, all’incirca una mezz’ora di ascolto, realizzato da Lucci e da Hube – che ha una storia pazzesca anche a livello di writing romano, come chi ha comprato la deluxe edition di La Musica Non C’è saprà, visto che il booklet conteneva un racconto molto forte del rapper.

Se non bastasse la storia di UNABOMBER è anche una delle storie più interessanti di tutto quel mondo tristemente affascinante dei folli che compiono gesti da folli, quindi l’ascolto di un buon disco rap, oltre che gasarvi con le rime, potrebbe anche portarvi a guardare serie o documentari su una pagina di storia americana che ha un forte riflesso sulla storia italiana, avendone una sua versione.

Nonostante chi scrive sia il fan numero uno di 808 e autotune, nonostante nel 2009 Jay-Z si augurasse la morte di chiunque suonasse come una suoneria del cellulare, un disco del genere è necessario, per rimettere le cose al proprio posto, farci dire «sì, tutto bello, ma…». Purtroppo c’è l’idea che certe sonorità siano da chiusura mentale, ma il risultato unico è che la chiusura mentale sia sbilanciata dal lato opposto. Il bello di questo genere è che avrà sempre qualcosa da dire e sempre potrà stupirci. UNABOMBER ci stupisce, eccome.