Estival Jazz Lugano 2017

Mendrisio 30 giugno - 1 luglio

Lugano  6-7-8 Luglio

http://www.estivaljazz.ch


Hildegard vola sull’orchestra

Il cantante e compositore Andreas Schaerer è uno dei musicisti svizzeri più quotati e preparati
/ 03.07.2017
di Alessandro Zanoli

Anche quest’anno l’Orchestra della Svizzera Italiana sarà sul grande palco, in Piazza Riforma, per la 39esima edizione di Estival. E di nuovo l’ensemble ticinese uscirà dalla sua routine fatta di mise da concerto, camicie bianche, cravattine e abiti eleganti, per indossare le T-shirt estivaliere e darsi un tono più allegro, quasi giocoso. Non che il programma musicale giustifichi particolari leggerezze: come ogni anno l’impegno è grande e la sfida decisamente complessa. Il «Premio alla carriera» che le sarà attribuito il 7 luglio a Lugano, in questo senso, è più che giustificato. Nonostante i tempi difficili che sta attraversando, l’OSI, grazie al lavoro coraggioso e tenace dei suoi dirigenti e dei suoi musicisti, mantiene un altissimo profilo qualitativo e uno spirito d’iniziativa assolutamente meritevoli.

Per la sua esibizione del 2017, sotto la direzione di Markus Poschner, l’Orchestra ha scelto di «gemellarsi» con una delle migliori band emergenti del nuovo jazz svizzero. Hildegard lernt fliegen è un gruppo di preparatissimi solisti, con un progetto originale e iconoclasta. Il suo leader è, del resto, altrettanto pirotecnico. Andreas Schaerer, vallesano di Visp, nato nel 1967, è un grande sperimentatore e «vocalist». Un creativo a 360 gradi, in grado di stupire per la poliedricità della sua cultura musicale e per la ricchezza delle sue doti artistiche. Insomma un vero gioiello nel panorama musicale elvetico, in cui segna un punto di riferimento assoluto. Schaerer ha composto un brano speciale, che unisce i timbri dell’orchestra sinfonica con quelli del sestetto jazz. Un progetto ambizioso e complesso che gli abbiamo chiesto di presentarci.

Andreas Schaerer, in cosa consiste la composizione The Big Wig?
Era da tempo che pensavo di scrivere musica per un grande ensemble, nell’idea di un gruppo jazz che viene accompagnato da una grande orchestra. Volevo creare un progetto dal grande impatto sonoro. Oltre a questo, mi interessava collegare in modo stretto tra loro le funzioni dei vari musicisti. Il progetto era nato tempo fa, in occasione del Festival di Lucerna. In quel contesto suona una Academy Festival Orchestra, costituita da giovani professionisti: mi hanno chiesto di preparare qualcosa per loro.

Tra i due gruppi orchestrali si crea un dialogo o un contrasto?
Si tratta di un lavoro che io chiamo «Sinfonia» e dura una buona ora. La band di Hildegard è in dialogo con l’orchestra, direi completamente legata, al punto che non di può nemmeno dire che si tratti di due realtà separate. Tutti insieme facciamo parte di un’orchestra. Certo, poi nel concerto ho previsto un momento in cui i due gruppi sembrano entrare in conflitto uno con l’altro, opporre diversi suoni e timbri, ma queste sonorità contrastanti finiscono poi per collegarsi.

È stato difficile per un jazzista scrivere per le varie sezioni dell’orchestra?
Io ho studiato composizione, ciò significa che da un punto di vista tecnico conosco gli strumenti e le loro caratteristiche. Ad esempio, anche soltanto scrivere la pagina per i timpani richiede il rispetto di regole molto chiare che devono essere imparate. Certo gli aspetti più complessi sono proprio l’armonizzazione di tutte le parti e questa per me è stata una sfida veramente grande.

Come è nato il contatto con l’OSI? Avete già fatto delle prove?
Sono stato contattato dal suo direttore, Poschner. Aveva sentito del progetto, gli era molto piaciuto, e aveva da subito pensato di poterlo dirigere. Non sono in contatto con i musicisti: ho scritto una lettera di indicazioni al direttore.

Quali sono le reazioni dei musicisti, sia quelli dell’orchestra, sia dei membri di Hildegard?
È curioso, perché in un primo momento gli orchestrali sembrano perplessi, trovano strane le mie pagine. Dopo averle provate scoprono che funzionano, quindi passano dalla perplessità alla sorpresa... sono divertiti. Anche per i musicisti di Hildegard trovarsi davanti all’orchestra è qualcosa di strano, soprattutto per l’impatto sonoro che è generato dall’insieme. Quando ho presentato il lavoro anche loro avevano qualche perplessità. Si chiedevano come avrebbero potuto inserirsi in alcuni passaggi che sembravano molto classici, si chiedevano se gli stili potevano essere compatibili. Per fortuna poi invece hanno accettato molto in fretta che il progetto potesse funzionare.

Nel suo modo di cantare trova molto spazio la spontaneità, l’improvvisazione. L’ha prevista anche nelle sue composizioni orchestrali?
Certo, nelle mie partiture ho previsto uno spazio per la spontaneità, chiaramente all’interno di un disegno compositivo. Spesso per i musicisti classici il concetto di improvvisazione è qualcosa di sconosciuto, quindi difficile da utilizzare. Possiamo dire che la composizione in sé contiene una miscela di parti scritte e di improvvisazione.

Lei ha una formazione da cantante jazz: in che modo la pratica?
Certo il jazz è un elemento fondamentale della mia esperienza musicale, così come lo è la mia attività di compositore. Il jazz insegna come creare un ambiente con il pubblico, come mettersi in dialogo con lui. Sono questi gli elementi del jazz che mi trovo a usare. Ascolto sempre jazz, naturalmente, quello degli anni 50, o il be bop. La musica jazz intesa come lo stile di Ellington, o di Miles o di Coltrane, non è ciò con cui mi interessa misurarmi.

Parlando di questo non si può evitare di menzionare ad esempio un cantante come Bobby McFerrin, che è un «vocalist», non un «cantante jazz» tradizionale.
Esatto. È proprio il musicista che è riuscito ad avvicinare mondi musicali come la classica e il jazz. Ha una personalità molto aperta. Io seguo questa sua impostazione: ho contatti con musicisti europei di varie tendenze, con musicisti classici... È un artista che mi ha ispirato molto. I nostri incontri sono sempre stati per me una grande sfida, molto interessanti dal punto di vista musicale. Il suo modo di fare musica è legato all’improvvisazione ma contiene una qualità compositiva importante.

Anche lui ha lavorato con le orchestre classiche.
Certo, ha fatto Mozart e molte altre cose. In lui oltre alla musica ho trovato idee umane e spirituali molto interessanti, abbiamo parlato a lungo. Fare musica con lui coinvolge componenti sociali e relazionali importanti.

Ultima domanda: chi è Hildegard e perché voleva volare?
Molti musicisti e artisti cercano spesso di descrivere l’attività del volo. È qualcosa che permette di stare sopra al mondo ed è un’esperienza che gli stessi musicisti sperimentano, in un certo senso. Hildegard quindi è una metafora, che ci riguarda quando come musicisti ci ritroviamo insieme, uniti, e ci investiamo del rischio di lanciarci nella creatività. È qualcosa che ci porta a diventare anche indipendenti. Hildegard, possiamo dire, è il nome di un personaggio fittizio legato al mondo della creazione musicale.