«L’individualismo fomentato da una società meritocratica, che elegge alcuni al titolo di privilegiati e altri a poveracci: ecco cosa non capisco. Quell’individualismo sfrenato e dilagante di cui sento di essere figlio, in quanto appartenente a quest’epoca serissima e grave».No, non avete sbagliato né pagina né giornale. Non state leggendo un fascicolo di aspra critica post-globalista e nemmeno le pagine economiche o politiche di «Azione». Siamo sempre qui, dove si parla di musica.
Ma purtroppo – diremmo anzi: per fortuna – nella nostra materia non è sempre possibile scindere i contenuti politico-sociali da quelli puramente creativi ed estetici. E di sicuro non è possibile farlo nell’opera di Tommaso Giacopini, giovane (giovanissimo, classe 1993) artista che abbracciando discipline molto diverse – teatro, danza, canzone – negli ultimi anni si è mosso sull’inedita direttrice Carabbia-Verscio-Londra per portare avanti il proprio discorso poetico. E che discorso! – verrebbe da chiosare: fresco e originale come nella Svizzera italiana non se ne sentivano da tempo.
Ma torniamo alle parole di Giacopini, all’individualismo, e introduciamo un filo di speranza. «Attraverso il mio lavoro cerco di lottare per raggiungere un grado di consapevolezza e sensibilità. E soprattutto di infondere nel pubblico, malgrado tutto, un messaggio di luce e di speranza nell’uomo. Sempre più gente si tiene informata su ciò che succede nel mondo e ha il coraggio di prendere posizione con le proprie scelte, dicendo no ad alcune cose e sì ad altre. Basti guardare cosa sta succedendo con lo sciopero delle scuole a favore dell’ecologia: è un movimento mondiale, è grandioso».
Quale mai sarà il genere musicale che offre un contesto fertile per simili messaggi? Dove avrà trovato Giacopini la possibilità e la disponibilità per andare oltre la superficiale esteriorità che ormai attanaglia la maggior parte delle produzioni musicali? Nel «teatro canzone», where else! «È un genere ormai poco frequentato, ai giorni nostri, dove la teatralità s’incarna sia nella musica sia nella narrazione. L’essenza del teatro da sempre è intimità, scambio tra esseri umani: qualcuno racconta, altri ascoltano e rivivono le vicende narrate. Per il mio raccontare sento che la canzone è il mezzo più vicino, la forma in cui meglio esprimermi».
Parlando di «teatro canzone» immediatamente si pensa a Giorgio Gaber. «Il maestro indiscusso, colui per cui lo stesso concetto di “teatro canzone” è stato coniato. Nel lavoro di Gaber – assieme a Sandro Luporini, co-autore dei testi – era incredibile la capacità di restare impersonale, di far sentire gli spettatori partecipi delle storie narrate come se le vivessero in prima persona. Raccontava i tuoi sentimenti come neppure tu avresti potuto; non solo quelli nobili, ma anche quelli più oscuri, che magari non sappiamo d’avere».
A proposito del dar voce a sentimenti non filtrati: «vi saluto, stasera io parto. Apro le ali e volo, vado a viver lontano, vado su una nuvola. E da lì vi piscerò in testa» recita Alla sconfitta di Tommaso Giacopini. Un flusso di coscienza intimo che si spinge assai lontano dal politico, mentre in altri testi si approda addirittura all’amore. «Racconto storie, alcune sono vere altre sono metafore (e per questo forse ancora più vere). Certe storie parlano d’amore, ma l’amore è in sé un atto politico, un’alternativa alla cattiveria, all’egocentrismo, all’individualismo. Le mie canzoni ritraggono un amore in contrasto con il mondo: l’innamorato è un guerriero e l’amore il suo destriero».
Ed è proprio con lo spirito del guerriero innamorato che Tommaso Giacopini si proporrà in pubblico il prossimo mercoledì 13 marzo al Teatro Foce di Lugano. Il Fiore Oltre è il titolo dello spettacolo – già recensito su queste pagine da Giorgio Thoeni il 17 dicembre 2018 – che si presenta come un «viaggio poetico-musicale intimo e pungente. Una risposta irriverente al clima di torpore intellettuale e politico del suo tempo».