Si rivolge alla comunità scientifica e a un pubblico più vasto la pubblicazione della raccolta di disegni conservata in Ticino degli architetti Adamini di Bigogno d’Agra, attivi a San Pietroburgo dalla fine del ’700 sino a metà ’800. Il volume, che per la prima volta indaga analiticamente la loro opera, esce nel ventesimo di attività dell’Archivio del Moderno dell’Accademia di architettura – USI, diretto da Letizia Tedeschi e segna un nuovo importante progresso su uno dei fronti di ricerca intrapreso fin dalla nascita dell’istituto, che ha portato a qualificarlo come un polo di riferimento in Europa per lo studio della cultura architettonica in epoca neoclassica in Russia. L’autore del catalogo e del corposo saggio che lo precede, Nicola Navone, vicedirettore dell’Archivio del Moderno e docente all’Accademia di architettura, è in prima linea impegnato da vent’anni nell’approfondimento scientifico del fenomeno dell’«aristocrazia» dell’emigrazione in Russia dalla Collina d’Oro nel ’700 e ’800.
Alla riuscita delle ricerche dell’istituto ticinese hanno concorso l’apertura degli archivi delle famiglie Gilardi e Adamini ora conservati all’Archivio del Moderno, le molteplici collaborazioni con istituti museali e di ricerca svizzeri, italiani e russi, e il sostegno della Fondazione culturale della Collina d’Oro con Alessandro Soldini, della Fondazione Gilardi e del Comune di Collina d’Oro. Sono stati promossi in questi vent’anni nelle aree geografiche di riferimento convegni internazionali, un grande progetto abbinato a una mostra e la pubblicazione del corpus grafico degli architetti Gilardi di Montagnola attivi a Mosca (Alessandra Pfister e Piervaleriano Angelini, 2007). Studi e ricerche che sono alla base del volume odierno, frutto di ulteriori approfondimenti archivistici svolti da Nicola Navone in Russia, Svizzera e Italia.
La raccolta Adamini è ricca e sostanzialmente integra dalle origini. Si compone degli elaborati grafici riuniti da Tomaso Adamini (1764-1828), già in occasione del suo primo rientro a Bigogno nel 1810, e dai suoi due figli Leone (1789-1854) e soprattutto Domenico (1792-1860), le cui opere principali sono la casa per il mercante Antonov all’angolo tra la Mojka e il Campo di Marte (comunemente chiamata «Casa Adamini», 1823-1827), a San Pietroburgo, e la chiesa cattolica di Giovanni Battista a Carskoe Selo (1824-1826). La pubblicazione è dedicata a loro e alla raccolta di disegni che costituirono, mentre si indaga solo in parte l’attività del più noto cugino Antonio (1794-1846), per il suo ruolo nell’elevazione delle colonne dei portici della cattedrale di Sant’Isacco e soprattutto della Colonna Alessandrina eretta nel 1832 sulla piazza del Palazzo d’Inverno su progetto del francese Auguste de Montferrand.
Anche per il Fondo Adamini si rileva il valore scientifico dell’insieme a livello internazionale, contribuendo lo stesso a far luce sui fenomeni di transfert tra la cultura architettonica italiana e russa. Si pensi, annota Nicola Navone, al ruolo dei costruttori italiani o ticinesi nella diffusione dei progetti architettonici elaborati a San Pietroburgo o a Mosca e realizzati nelle province, ma anche dei modelli deliberatamente imposti e messi in opera nelle campagne dall’imperatore Alessandro I (dal 1801 al 1825).
La composizione articolata della raccolta Adamini, comprendente soprattutto l’opera di Tomaso e di suo figlio Domenico, in misura minore di Leone, e per quanto riguarda Antonio solo quella nei cantieri condivisi con i cugini, è interessante per la sua eterogeneità dovuta alla presenza di fogli di oltre una decina di architetti di nazionalità diverse operanti a Pietroburgo: documentano con una visione lungimirante il contesto nel quale lavoravano gli Adamini e l’ammirazione per l’operato di illustri colleghi. Tra questi fogli ve ne sono 22 di Francesco Bartolomeo Rastrelli (1700-1771) riferiti al monastero Smol’nyj, di grande rilevanza in quanto di quest’opera si registrano solo altri 25 disegni conservati in istituzioni russe o straniere.
Ci sono poi fogli dell’italiano Carlo Rossi (1775-1849), fra i quali il prospetto completo dello Stato Maggiore, alla cui costruzione partecipò Domenico; o ancora di Luigi Rusca di Agno (1762-1822), per il Maneggio del Palazzo Aničkov; come pure del bergamasco Giacomo Quarenghi (1744-1817), per gli interventi nell’area dello Smol’nyj, l’Istituto Caterina e la sede del Consiglio di Tutela del Monte di Pietà. Al seguito di quest’ultimo, architetto di corte in Russia per 38 anni dal 1779, uno dei massimi protagonisti del rinnovamento neoclassico della capitale e dell’intera cultura architettonica in Russia furono molti Ticinesi attivi nella capitale. Nell’ambito del programma internazionale di celebrazioni per i duecento anni dalla morte di Giacomo Quarenghi, fino al 17 aprile la Pinacoteca Züst a Rancate espone i suoi disegni nelle raccolte grafiche degli architetti ticinesi, tra i quali quella degli Adamini.
Nel saggio introduttivo al catalogo, la minuziosa indagine di Nicola Navone è vestita di un taglio narrativo. Ne risulta, anche per il ricorso a non pochi contenuti inediti delle lettere scritte dagli Adamini ai famigliari a Bigogno (oltre un centinaio, trascritte nel 1997 da Mario Redaelli, nell’ambito delle ricerche compiute, con Pia Todorovic, sugli architetti della Collina d’Oro in Russia) uno spaccato vivo dell’attività a San Pietroburgo di questi capomastri e architetti particolarmente apprezzati nella capitale anche dalla committenza privata. Ancora sprovvisti della classica formazione accademica rispetto ai loro discendenti, si erano però esercitati nella piccola scuola di disegno aperta da Tomaso tra il 1810 e il 1814 circa nella casa di famiglia a Bigogno, avevano letto testi di architettura e in seguito praticato mestieri edili in botteghe nel nord Italia.
Pur non avendo in linea di massima veicolato rilevanti linguaggi architettonici propri, tramandarono un peculiare modo di fare architettura, che si espresse nel vivo dei più prestigiosi cantieri di San Pietroburgo. L’autore individua nella raison empirique e nella perizia costruttiva i caratteri che contraddistinsero il successo degli Adamini in una terra che, certo, offriva tantissimo lavoro ma in condizioni operative tutto sommato ostili per diversità culturale, clima, rivalità, competitività: dimostrarono uno spirito di adattamento notevole ai ritmi infernali dei cantieri pietroburghesi, versatilità, abilità organizzative, imprenditoriali e soprattutto relazionali nel tessere contatti, alleanze e strategie professionali e parentali, oltre che nel promuovere i propri interessi.
Il volume sarà presentato alla Biblioteca cantonale di Lugano in primavera.
Bibliografia
Nicola Navone Gli architetti Adamini a San Pietroburgo. La raccolta dei disegni conservati in Ticino, Mendrisio Academy Press-Silvana Editoriale 2017, 254 pp. www.arc.usi.ch/archivio