Brexit a Londra, governi sovranisti a Budapest e a Roma. Da quelle parti Guy Verhofstadt non è particolarmente ben visto. E nemmeno si può dire che lo sia Oltreoceano.
Per esempio, in maggio, lo abbiamo visto in azione, all’interno del Parlamento Ue, contro Mark Zuckerberg, il cui social network Facebook è non solo il ricettacolo del turpiloquio mondiale, ma anche una macchina di spionaggio e di propaganda di massa.
Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio e capo dell’Allenza dei Liberali e dei Democratici nel Parlamento Europeo, fu sostenuto da Berlino e Parigi per la Presidenza della Commissione Europea, ma fu affondato da Tony Blair. Già allora, Londra aveva un rapporto difficilissimo con la Ue, e molti analisti ritenevano che fosse entrata nel mercato comune per minarlo dall’interno.
Comunque, lo statista belga è fondamentalmente un centrista. Da un lato attacca infatti sinistrorsi come Alexis Tsipras, dicendogli di farla finita col clientelismo in Grecia, dall’altro critica nazionalisti come l’ungherese Viktor Orban, accusandolo di prendere i soldi della Ue senza accettarne i valori.
Nel suo consueto stile schietto, forte e chiaro, Guy Verhofstadt, spiega che l’Unione Europea è arrivata al dunque: questa è la sua ultima possibilità di riformarsi. L’alternativa è la dissoluzione. Occorre formare un Governo Federale Europeo, sul modello del Governo Federale Americano. In questo modo, scrive Verhofstadt, si andrebbe oltre l’assurdo di un sistema in cui ogni Stato membro ha diritto di veto sulla legislazione, accettare o meno la moneta unica, o decidere, da un momento all’altro, di chiudere le frontiere.
I bersagli dell’autore includono anche l’abisso di corruzione della Grecia, che Alexis Tsipras non ha combattuto abbastanza, e gli atteggiamenti grotteschi dell’Italia (le proposte da barzellette di Silvio Berlusconi, prima, il governo sovranista poi).
Ma gli atteggiamenti di Grecia, Italia e Ungheria non sono che un aspetto della crisi più grave nella storia dell’Unione. I maggiori problemi vengono dalla tragedia degli emigranti nel Mediterraneo, che ha destabilizzato il continente; dalla crisi economica, che ha spezzato l’Europa tra un nord e un sud; dalla minaccia costante del terrorismo, con attacchi eclatanti come quelli in Francia, Belgio e Germania; dal «terrificante autocrate Putin» a est; dal partito dei duri negli Usa e in Israele (in Iraq non c’era nessun’arma di distruzione di massa, e la caduta di Gheddafi è stata altrettanto destabilizzante, mentre «il muro tra Israele e Palestina è niente meno che un atto di aggressione»).
Secondo Verhofstadt, l’Ue non è stata in grado di affrontare nessuno di questi problemi, ed è in questo modo che si spiega il fenomeno Brexit, così come la disaffezione di altri Stati membri che potrebbero decidere di seguire l’esempio britannico.
Le conseguenze dell’implosione dell’Ue sarebbero, tra le altre, una destabilizzazione globale, che metterebbe a repentaglio la sicurezza collettiva mondiale, a partire dall’Atlantico (Stati Uniti e Gran Bretagna). È dunque nell’interesse di tutti che l’Europa rimanga unita. Anzi, che si unisca anche maggiormente, secondo il modello federale offerto dall’America.
Un libro imprescindibile per chiunque sia interessato al destino del- l’Unione Europea.