Fra i libri

STANLY JOHNY, The ISIS Caliphate: From Syria to the Doorsteps of India, Bloomsbury Publishing, 2018
/ 30.07.2018
di Paolo A.Dossena

Cos’è l’Isis? L’Isis è morto? Oppure ha semplicemente cambiato natura?Per rispondere a queste domande, bisogna partire dal principio. Tutto comincia nel 2011, con la «primavera araba», l’ondata di proteste che ha attraversato i regimi arabi. Il 29 giugno 2014, Al-Baghdadi, inserendosi in questa guerra civile, annuncia la nascita del califfato, sostenuto da oltre 30’000 combattenti, in grado di condizionare una vasta area come quella a cavallo tra Siria e Iraq. Un’area pari a quella occupata dalla Gran Bretagna.

Fin dal suo avvento, l’Isis è visto come una banda di delinquenti. Perfino Al-Qaeda non approva le tattiche scioccanti di Baghdadi, che stabilisce record di violenza senza precedenti. L’Isis suscita orrore perfino tra gli islamisti terroristi. Eppure, il califfato attira nel suo territorio migliaia di combattenti e simpatizzanti da circa 100 paesi diversi (la Tunisia è il principale serbatoio di reclutamento). L’autore, Stanly Johny, direttore di «The Indu», nota rivista sulle relazioni internazionali, è un docente universitario indiano. Si concentra quindi su un aspetto poco noto: molti dei nuovi adepti di Baghdadi arrivano dall’India. Questo dato è la spia del fatto che, con questo afflusso di nuove reclute, l’Isis subisce un primo processo di trasformazione: da fenomeno mediorientale, comincia a globalizzarsi, lanciando attacchi dal Belgio al Bangladesh.La città di Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, cade il 17 ottobre 2017.

Mosul, l’altro centro chiave del Califfato nell’Iraq settentrionale, era stata perduta il 9 luglio dello stesso anno.«Missione compiuta», secondo Vladimir Putin, che l’11 dicembre 2017 annuncia il ritiro, dopo due anni di campagna militare, della maggior parte delle truppe russe dislocate in Siria. Il Presidente russo considera l’Isis ormai distrutto.Vladimir Putin ha ragione quando parla di completa vittoria militare sul campo. Ma oggi, nel 2018, possiamo dire che l’Isis è stato sconfitto, ma non è morto. Si è infatti trasformato in un fenomeno mondiale, con network e affiliati dal Pakistan all’Afghanistan, e dall’India alla Nigeria, attraverso i quali esercita ancora influenza.

Per esempio, Boko Haram ha dichiarato fedeltà all’Isis già nel 2015. Questo gruppo jihadista, nato nel 2002, è composto da almeno 6000 combattenti, e controlla circa 20’000 chilometri quadrati nel nord-est della Nigeria. Sempre nel 2015, un ramo dell’Isis era in grado di dominare una parte della Libia, che l’attacco della Nato del 2011 ha gettato nel caos. E a tutt’oggi, superstiti del califfato sono presenti in città e deserti del Paese. Inoltre, l’Isis può ancora contare, un po’ dappertutto, su cellule autonome, su lupi solitari e su gruppi locali che hanno accolto la sua visione del mondo.Quindi, a dispetto della sconfitta che ha subito nel suo cuore territoriale, l’Isis c’è ancora, e ha trasformato se stesso e la sua ideologia. Accentuando una tendenza evidente fin dalla sua fondazione, nel 2018 l’Isis si è del tutto globalizzato.

Questo significa che se è stato distrutto sul campo di battaglia, la minaccia che rappresenta per tutto il mondo non è meno grave di quando era in grado di controllare militarmente il territorio tra Siria e Iraq. Anzi, può darsi che l’Isis stia per iniziare la sua fase più pericolosa