La guerra in Siria vista secondo la prospettiva alauita, ovvero una setta i cui testi avrebbero dovuto rimanere segreti. «Come per altri gruppi esoterici», racconta Alberto Negri, «la religione deve essere nascosta alle masse e rivelata soltanto a coloro che superano diversi stadi di iniziazione». Nella postfazione al libro, Lucio Caracciolo (da anni collaboratore di «Azione») scrive: gli alauiti sono «una misteriosa setta, convenzionalmente assegnata all’ambito dei musulmani sciiti, fondata nel IX secolo dal profeta Mohammad Ibn Nusayr. Seguendo una combinazione di elementi islamici, gnostici ed esoterici, i seguaci del credo alauita venerano Alì, quarto califfo e genero di Maometto come divinità suprema».
Nel 1970 prende il potere il baathista Hafiz al-Asad, alla cui morte, nel 2000, succede alla presidenza il figlio Bashar. Tutto questo periodo vede l’ascesa degli alauiti, continua Negri, che aderiscono in massa al Baath (partito completamente secolare fondato da un cristiano), prima della cui vittoria erano fermi al gradino sociale più basso: «Il colpo di stato di al-Asad li portò nelle accademie militari, negli apparati pubblici, in mezzo alla borghesia urbana. Fu così che si ripresero la rivincita su secoli di emarginazione. Con gli al-Asad al potere non si avvantaggiarono solo gli alauiti. La Siria è stata per decenni una sorta di kombinat militare mercantile» che ha favorito «i cristiani e le dinastie sunnite come i Tlass. Gli stessi alauiti hanno diluito la loro specificità religiosa costruendo moschee e sposando donne sunnite, come ha fatto Bashar al-Asad».
Secondo Negri «gli alauiti del clan al-Asad al potere in Siria non accennavano mai alla loro religione. Anzi tendevano a celebrare in moschea con gli altri le ricorrenze musulmane tradizionali, scegliendo accuratamente dei gran muftì che non facessero discriminazioni settarie».
Tutto comincia nel 2011 con la «primavera araba», l’ondata di proteste che ha attraversato i regimi arabi.
Negri pone la domanda fondamentale: «Domandatevi perché i francesi all’inizio della rivolta del 2011 provarono a mettersi d’accordo con la Turchia per spartirsi l’influenza sulla Siria. I francesi erano stati i grandi protettori di Damasco per un secolo, al punto che Bashar al-Asad era stato invitato il 14 luglio del 2008 alla parata della Bastiglia ma avevano sempre considerato gli alauiti come una sorta di loro creatura. Il loro calcolo era che il regime alauita siriano sarebbe stato spazzato via in pochi mesi: fu così che iniziò l’afflusso dei jihadisti e dei foreign fighters ai confini tra Turchia e Siria, con l’assenso di Parigi e Washington che al regime di al-Asad preferivano nettamente gli affari e gli investimenti con le monarchie del Golfo e il mondo sunnita. L’“autostrada del jihad” per abbattere il regime di Damasco attraversava il territorio alauita e percorreva una storia che nessuno, né in Occidente né tra i musulmani sunniti, voleva più ricordare». Già due anni prima della rivolta del 2011, un ricercatore arabo affermava che la Siria è il terreno ideale per una guerra santa. Quindi, secondo Negri, l’insurrezione, nata su basi popolari, era una sorta di tempesta perfetta per creare un nuovo Libano, con padrini esterni di ogni provenienza, incluse le potenze occidentali. Un ottimo strumento per capire il totale disastro siriano con un’angolazione molto particolare.