Un pomeriggio d’estate a Rossa, ultimo centro della Valle Calanca. È con una certa sorpresa che, entrando nel villaggio, si incontrano galleristi, fotografi e molti appassionati di arte contemporanea. L’occasione è data dall’inaugurazione dell’intervento artistico di David Tremlett su tre cappelle seicentesche del paese.
La Fondazione RossArte ha chiamato l’artista inglese a lavorare qui nel Grigione italiano, dove già esiste un’opera di Daniel Buren che è intervenuto sulle superfici esterne della Swisshouse progettata dall’architetto Davide Macullo. L’intento della Fondazione è quello di trovare una nuova forma di sviluppo della valle, incoraggiando chi vuole trasferirsi qui, anche creando una nuova familiarità con l’arte contemporanea. Per questo motivo, la popolazione è stata coinvolta a pieno titolo nella decisione di intervenire su dei luoghi così cruciali del villaggio: l’assemblea popolare ha potuto esprimere la propria volontà tramite una votazione (passata all’unanimità).
Non è la prima volta che Tremlett si confronta con un’architettura religiosa: molti dei lettori che abbiano trascorso qualche giorno nelle Langhe, si ricorderanno la più celebre Cappella Brunate de La Morra a Barolo, realizzata insieme a Sol LeWitt: un lampo colorato che attira l’occhio del viaggiatore, mentre segue il ritmo regolare dei filari di vite.
A proposito di questo genere di interventi, l’autore fa un paragone che quasi commuove. Mette in relazione il lavoro dell’artista contemporaneo su un antico edificio religioso con le cure che un genitore deve offrire al proprio figlio neonato. Al primo incontro, l’unico linguaggio possibile è il pianto: non si sa come intervenire e soprattutto si ha sempre l’impressione di fare la cosa sbagliata. Solo dopo molti mesi di osservazione, di vicinanza, si impara a interpretarne i segnali. Perciò l’unica possibilità è agire con grande cautela e attenzione.
Tremlett è noto per la realizzazione di wall drawing, eseguiti sia con pastello steso a mano, che con pittura, andando a modificare le pareti di edifici del passato, ma anche di gallerie, abitazioni private o musei. Si tratta di soggetti astratti, anche se molti elementi sono il risultato di un attento studio del territorio circostante e della vocazione del luogo.
Presente all’inaugurazione delle cappelle di Rossa, quasi mimetizzato con uno dei molti turisti stranieri arrivati per l’occasione, Tremlett si presta volentieri a rispondere ad alcune domande. Iniziamo l’intervista parlando della scelta – sorprendente – dei colori e dei motivi per i tre edifici.
Come ha differenziato il lavoro sulle tre chiese, scegliendo motivi e tonalità diverse per ciascuna di esse?
Sono partito dalla prima, all’interno del paese, che è anche la costruzione più grande. Come si vede dai miei disegni preparatori, la parte inferiore della decorazione ricorda le architetture tradizionali della regione, sviluppate a partire da una base orizzontale. Viene posto un grosso trave su cui si appoggia in seguito la struttura. La parte superiore della chiesa, invece, è decorata secondo linee verticali, proprio come avviene per il soffitto e il tetto delle baite, che sono invece sostenute da travi verticali. Nel punto mediano delle pareti della chiesa, la linea di congiungimento fra la fascia orizzontale e quella verticale finisce per disegnare uno «skyline». Quindi una base orizzontale e una zona superiore verticale, che si uniscono creando quello che può essere letto come un miraggio, come una veduta urbana o come un paesaggio di montagna.
Per quanto riguarda i colori di questa prima chiesa, ho lavorato in modo tale che essi si fondessero con ciò che li circonda e venissero assorbiti dagli alberi, dalle costruzioni circostanti, dalla strada. Volevo che fosse un segno forte, ma non eccessivo e che si fondesse in certa misura con il paesaggio.
Ci può ora raccontare anche delle due cappelle che si trovano più in alto?
Per quanto riguarda la seconda cappella che si vede dal basso e che ora ha una decorazione a «zig zag» verde e gialla, ho cercato di trovare un motivo che si riferisse chiaramente alle montagne. È come il disegno che potrebbe fare un bambino per rappresentare le cime delle montagne. È molto geometrico e si sviluppa tutto attorno all’edificio. Spero che anche in questo caso i colori – giallo, verde, marrone – possano fondersi e venire assorbiti dal paesaggio circostante.
L’ultima cappella, la più lontana dall’abitato, era così isolata e solitamente così difficile da vedere che richiedeva l’uso di almeno un colore che fosse davvero forte, che attirasse lo sguardo quando si guarda dal basso.
Cosa significa per lei lavorare su un’architettura antica e di carattere religioso, un luogo così significativo per la comunità locale?
La maggior parte degli edifici su cui ho lavorato non erano in buone condizioni: erano vecchi, semi-abbandonati, negletti. Sono quindi sempre partito dall’idea di riportare nuova vita e nuova attenzione su di essi. Le opzioni sono di lasciarli al loro destino, finché un giorno crolleranno, oppure di ristrutturarli. Se si sceglie questa seconda ipotesi, si può decidere di intervenire solo con il colore bianco, in maniera molto semplice. In alternativa, si può scegliere di rinnovare in modo diverso, offrendo anche un modo nuovo di guardare all’edificio. Si tratterà ancora di un luogo religioso, realizzato con la stessa umiltà. Ma è un intervento che porta con sé un senso di modernità e che trasporta la costruzione nel secolo che stiamo vivendo.
Ha avuto modo di osservare la reazione degli abitanti di Rossa e della Val Calanca?
So che la gente del posto ha apprezzato l’intervento: credo che la scelta di intervenire in questo modo abbia portato un senso di gioia e di felicità. C’è chi ha deciso di venire qui per sposarsi e chi apprezza un momento di preghiera all’interno della chiesa nella sua nuova veste.
Gli abitanti di Rossa sono stati fondamentali durante la nostra permanenza, dimostrandoci la loro disponibilità anche solo con un invito a casa loro per bere un tè, quando avevamo finito di lavorare. Abbiamo trascorso dei momenti splendidi insieme. Hanno partecipato. È un paese minuscolo, al termine della strada, in mezzo alle montagne: ci si potrebbe aspettare che la reazione degli abitanti non sia molto positiva di fronte a interventi di questo genere. Invece hanno dimostrato un atteggiamento di grande apertura mentale e di soddisfazione.
Quale relazione esiste fra le decorazioni esterne degli edifici e gli affreschi preesistenti che si trovano negli ambienti interni?
Stiamo cercando i finanziamenti per restaurare questi affreschi: si tratterà del prossimo passo. Non si tratta di dipinti spettacolari, né dell’opera di grandi maestri. Ma sono convinto che vadano rispettati e vadano riportati alla luce nella loro originale dignità.
In conclusione, vorrei chiederle quale relazione ha con la Svizzera?
Sono cittadino svizzero da circa un anno, perché mia moglie è svizzera, così come i miei figli. È originaria del Canton Vaud. È quindi con grande piacere che lavoro nel mio nuovo paese, essendo ora anglo-svizzero. Ho esposto in numerose gallerie, anche in Ticino. Ma questa è la prima commissione pubblica che mi trovo a realizzare e ne sono molto lieto.