Gli atti di mia madre è edito da Neri Pozza


Fare i conti con la propria madre

A colloquio con lo scrittore ungherese András Forgách, che nel suo Gli atti di mia madre, si confronta con segreti inenarrabili e difficili da sopportare
/ 23.04.2018
di Blanche Greco

«Eravamo innamorati l’uno dell’altra. Se non l’avessi amata tanto, non sarei riuscito a scrivere questo libro con tanta crudeltà ed onestà». Racconta lo scrittore ungherese András Forgách, lo sguardo trasognato, o forse imbarazzato, perché più che l’amore, è il tradimento che cerca di spiegarmi: il suo nei confronti della madre, donna bella e appassionata, che nel libro Gli atti di mia madre (Neri Pozza Editore), svela senza pudori; e quello della madre, Bruria Avi-Shaul, che recentemente gli archivi dei servizi segreti ungheresi hanno rivelato essere stata una Mata Hari, pragmatica e diligente, che ha spiato anche lui, il suo figlio «preferito».

András Forgách conosciuto attore e sceneggiatore, non è l’unico a doversi confrontare con un tale inatteso segreto, come ci ha spiegato nel nostro incontro a Roma all’Accademia di Ungheria: «In questi anni, dopo l’apertura degli archivi, in tutto il paese, molte famiglie hanno dovuto fare i conti con rivelazioni simili, su una zia, un nonno, un parente; mentre il passato di colpo gli appariva vile e vergognoso. Perciò in questo periodo sono numerosi i libri e i film su questo tema che ha sconvolto la vita di tanta gente».

Dal famoso scrittore dal passato proletario, che ha affogato nell’alcol il segreto delle sue delazioni, tanto da morirne, e che adesso è al centro di un dramma teatrale; al celebrato libro Harmonia Caelestis di Petér Esterházy, del quale l’autore stesso ha voluto scrivere un’edizione corretta, dove esprime la sua amarezza e l’enorme delusione nei confronti del padre, personaggio luminoso e centrale del suo romanzo, e che invece è stato, per moltissimi anni, un solerte collaboratore dei servizi segreti. «Proprio lui, un aristocratico senza alcun legame ideologico con il partito». – chiosa Forgách – «I miei genitori invece, sono stati comunisti convinti, sin dall’adolescenza».

Gli atti di mia madre, intreccia un’indagine familiare intrisa di ricordi e di affetti sullo sfondo di periodi ed eventi storici con le informazioni contenute nei dossier degli archivi dei servizi segreti, e ha avuto un tale successo in Ungheria da rendere la madre di András Forgách «famosa alla stregua di Anna Karenina». Con questo romanzo inusuale, che salta avanti e indietro nel tempo; che viaggia tra Israele, l’Ungheria e Londra, lui ha cercato di capire quella sconosciuta, quella ragazza ribelle e passionale che era stata sua madre. Bruria, nata nel 1922 in Palestina in una famiglia di intellettuali ebrei, dalla bellezza quasi mitica, aveva sposato Marcell Friedmann, un ebreo «rinnegato», comunista fervente come lei, con il quale negli anni 60 era tornata in Ungheria.

Ma cosa l’aveva spinta, in un determinato momento della sua esistenza, a reagire agli eventi storici e politici, accettando il ruolo di spia che la costrinse a vivere in una rete di sotterfugi, di omissioni, e di dolorose bugie? In questa saga familiare, ironica, lucida e impietosa, l’opinione pubblica ungherese ha riscoperto anche una sorta di «come eravamo» che, forse, aveva cercato, frettolosamente, di dimenticare. «Ideologicamente i miei genitori si sono formati negli anni 30, e a diciotto-vent’anni facevano parte del partito illegale» – racconta András Forgách – «poi nell’Ungheria degli anni 60, erano diventati “la classe dominante” ed erano ascritti all’élite che era al governo.

Mentre prima era rivoluzionario e romantico fare attività illegale, dopo, quando quest’ultimo aspetto del comunismo era sbiadito, loro si erano trovati a far parte dell’apparato di partito, che in Ungheria contava molti membri dal livello di vita ben diverso da quello del resto della popolazione. I miei genitori invece conducevano un’esistenza semplice, sobria, quasi povera, anche se facevano parte di quella stessa élite politica. Mio padre sino alla fine della sua vita, ha creduto nell’ideologia comunista. Ricordo di avergli sentito dire una frase, alla fine del 1980, che era un pensiero tipicamente stalinista, eppure aveva vissuto gli anni 50, l’epoca di Kruscev, e sapeva cosa era accaduto, ma quella era la sua fede. Come hanno detto i sociologi che hanno analizzato quel periodo, per lui quel credo era un modo per compensare la mancanza di religione».

Fu così che molti anni prima Marcell, che parlava correntemente molte lingue e lavorava come giornalista, aveva cambiato il suo cognome in Forgách e, con il nome in codice di «Papai», era stato spedito in un’agenzia di notizie a Londra come agente segreto, assieme alla moglie e i quattro figli, sebbene dopo il primo esaurimento nervoso la sua salute avesse cominciato a vacillare. «Mio padre era una persona eccezionale, scriveva in modo brillante, ma viveva in un caos totale. Era superficiale, si perdeva, faceva confusione, diventava paranoico e precipitava sempre più spesso in un suo angoscioso inferno personale», ricorda András Forgách, «quando nel 1973 si ammalò di schizofrenia, avevo vent’anni. Ho sempre pensato che si fosse ammalato per mostrare ai suoi figli che vivevamo nella menzogna, che tutto il mondo era una menzogna».

Fu Marcell a chiedere a Bruria di aiutarlo, o addirittura di sostituirlo in quei periodi difficili, soprattutto per le traduzioni dall’ebraico che gli richiedevano i servizi? È vero che lei fosse una delle poche persone, in Ungheria, in grado di farle? Forse la sua carriera di spia, con il nome in codice di «Signora Papai» cominciò così. «Al-l’epoca noi figli sapevamo che erano membri del partito e quindi ideologicamente impegnati, ma non che potessero venire coinvolti in questo tipo di attività».

András Forgách, oggi sessantacinquenne, conclude: «Questo libro riporta tutto quello che c’era nei dossier, e nell’epilogo ho voluto raccontare ciò che non sono riuscito a romanzare». È forse la parte più intima e crudele della storia, in cui l’autore, mette a nudo la temerarietà di sua madre e fa i conti con se stesso: con la vergogna per questa vicenda; ma anche con i propri sensi di colpa per l’incomprensione e la trascuratezza con le quali, ad una certa epoca ha ripagato l’affetto di sua madre, che morì nel 1985 a poca distanza da Marcell, ormai perso nel suo delirio.