Fa la brava e ribellati

Donne e uomini – Emma, fumettista francese, pubblica in italiano il suo primo libro mentre in Francia esce il secondo
/ 04.12.2017
di Sara Rossi Guidicelli

Emma ha 36 anni, un bimbo di 6, di professione è ingegnere informatico e quando ha finito di fare tutto disegna. E disegna non poco: sul suo blog si trova un’infinità di fumetti e di storie a vignette, alcune delle quali hanno fatto il giro del mondo e sono state pubblicate da «Le Monde» e «The Guardian». Il grande successo di Emma è che i disegni sono semplici, simpatici e il messaggio folgorante.

Uno dei più apprezzati da tutte le mamme del pianeta si intitola Les vacances. Emma è appena rientrata al lavoro dopo il congedo maternità e insieme alle sue colleghe parla delle vacanze estive. Una di loro le dice: «Vai di nuovo via? Ma sei appena tornata...». Emma allora ripensa al parto, 12 ore di doglie e venti minuti di spinte. Al bambino che ha messo a dormire quella sera alle otto, sfinita dal sonno, con il corpo disfatto. Bambino che si sveglia alle nove per piangere un po’ e alle dieci per bere latte. L’infermiera che arriva dopo che lui si è appena riaddormentato per il pianto delle due del mattino e così via. Tre giorni in ospedale, poi il ritorno a casa, i pianti del bimbo, i pianti della mamma, il papà che dopo i primi dieci giorni torna al lavoro, lei a casa da sola con il piccolo che piange tanto e dorme a fatica. Lei che non riesce a riaddormentarsi dopo le poppate notturne. Ripensa a quando, verso i 4 mesi, il piccolo ha iniziato finalmente a dormire quasi tutta la notte senza svegliarsi... ed è stato anche il momento, per la mamma, di ritornare al lavoro. Conclusione: prima di chiamare «vacanze» un congedo maternità pensaci su due volte. Ma poi la conclusione è anche un’altra, più politica e non solo sociale, come spesso accade con Emma. Si interroga nelle ultime vignette: perché si parla di baby blues dovuto agli ormoni? Forse è più comodo delegare a una ragione scientifica e inalienabile il motivo per cui una mamma sente di aver bisogno di molto più aiuto? Non si potrebbe magari, insinua la fumettista, come in altri paesi d’Europa, allungare il congedo paternità, maternità, offrire più visite della levatrice alla coppia che si trova da un giorno all’altro una creaturina sconosciuta in casa?

La vignetta però che più in fretta ha fatto il giro del web (uscita a maggio su «Le Monde» e poi sul «Guardian») è Fallait demander, Bastava chiedere. Emma ha dato un nome a quella cosa che gran parte delle donne conoscono: l’ha chiamata la «charge mentale», il carico mentale e invisibile di chi a casa si occupa di pensare all’organizzazione della vita domestica. Avete in mente quando per pulire il tavolo dopo cena ci mettete tutta la serata? Non perché il tavolo sia particolarmente incrostato di sporco, no; perché mentre andate a pulire il tavolo vi ricordate che a cena avete finito l’olio e allora bisogna scrivere olio sulla lista della spesa; mentre andate a scrivere questo vi imbattete nell’asciugapiatti che è da cambiare e allora fate una deviazione verso la cesta dei panni sporchi... che è piena, e quindi avviate un bucato, ma in bagno vi accorgete che la vasca avrebbe un gran bisogno di essere pulita e che ci sono ancora dentro i giochi del bambino e poi che anche i giochi del salotto vanno messi a posto... Quando avete finito siete stanchi morti e sapete che sulla lista della spesa dovevate scrivere qualcosa di importante che adesso non vi viene in mente ma che se non lo trovate vi guasterà il bellissimo momento in cui si può finalmente prendere sonno...

Femminista inclusiva e rivoluzionaria, come si definisce Emma, lei crede (ed è probabile che abbia perfettamente ragione) che siano le donne a detenere «il carico mentale» di casa. Fallait demander parla di quando il compagno si accorge di tutta quella stanchezza e candidamente dice: «Ah, ma dovevi chiedermi di aiutarti...». Certo, secondo Emma è già un passo avanti che l’uomo partecipi alle faccende domestiche, ma è proprio questo «chiedi pure» che non va. Non basta eseguire per condividere il peso di un compito, bisognerebbe condividere anche il pensiero di cosa manca e va comprato, di cosa ci vuole per avere la casa pulita e in ordine, di cosa va fatto e a che ora. Non è divertente, ma proprio per questo va diviso per due, se si può.

Questo fenomeno lo aveva già individuato la sociologa Susan Walzer nel 1996 nel suo studio intitolato Thinking About The Baby. Emma infatti non inventa teorie, ma racconta le idee che le hanno fatto cambiare il suo modo di vedere e guardare il mondo, cercando di divulgarle in modo ludico e con esempi pratici molto efficaci. Le sue storie sono semplici e quotidiane, e non affrontano solo le questioni femminili, ma anche quelle universali come il lavoro, l’attualità, il razzismo.

Gli ultimi due fumetti di Emma, l’Attente e Travaille! si basano infatti su studi economici e sociologici che riguardano il tema del lavoro. Racconta e riflette sulla coppia con figli e anche sulla persona che semplicemente fa fatica a seguire i ritmi incalzanti di una vita lavorativa a tempo pieno; con umorismo prova a spiegare gli studi dell’economista Bernard Friot che in Francia è uno dei promotori del salario universale, secondo il quale il 30 per cento degli impieghi si potrebbe sopprimere senza conseguenze sulla vita sociale ed economica. Tutte queste vignette (e molte altre) si possono leggere per intero sul suo sito emmaclit.com.

In francese è stato pubblicato Un autre Regard in maggio per le edizioni Massot, che è la raccolta dei fumetti scritti nel 2016; lo scorso 9 novembre è uscita per la stessa casa editrice la raccolta delle vignette del 2017: Fallait demander, Attente, Travaille! In italiano invece è appena stata pubblicata la traduzione del primo volume con il titolo Le brave ragazze si ribellano per Centauria edizioni.