Duemila anni fa, né più né meno, uno scrittore che si chiama Publio Ovidio Nasone decise di scrivere un’opera in cui le protagoniste erano tutte donne: Le eroidi. Si tratta di una raccolta di lettere d’amore in cui alcuni personaggi femminili della mitologia, da Elena di Troia a Penelope, Didone, si rivolgono al loro amato, perché il sentimento che nutrono per il destinatario delle lettere è così straziante che cercano sollievo, esprimendolo.
Le lettere d’amore hanno infatti anche questo compito: non solo dare gioia a chi le riceve, ma alleviare la pena di chi le scrive e cerca, attraverso le parole, consolazione. Ovviamente per le eroine tragiche di Ovidio non era prevista nessuna forma di sollievo: cosa avrebbe mai potuto consolare Elena per la fine tragica che la attendeva, per essere stata la causa della distruzione di una civiltà intera? Questo Le nuove eroidi, pubblicato da Harper & Collins, non si discosta molto dalla versione originale del poeta latino: le protagoniste non trovano conforto.
L’operazione letteraria che ha coinvolto alcune tra le scrittrici italiane più lette del momento, affinché indossassero i panni delle figure mitologiche del passato, racconta – inevitabilmente? – di donne tristi o disperate. Eccezion fatta per la scelta dell’autrice Valeria Parrella, novella Didone, che ha deciso di ribaltare la storia della regina di Cartagine e di darle quella facoltà che tutte abbiamo desiderato che avesse: lasciare Enea! Le altre scrittrici interpellate (Ilaria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo, Chiara Valerio) decidono di raccontare il dolore, in modi diversi, ovviamente. Va subito segnalato, infatti, che alcune hanno preferito attualizzare, ambientando nella contemporaneità i miti, le storie delle loro eroine. In questo caso fanno eccezione solo la Deianira di Chiara Valerio ed Elena riscritta da Michela Murgia: inutile negare che ritrovare la moglie di Ercole e la regina di Sparta in un’ambientazione antica dà un certo senso di pace, come quando le cose sono al loro posto.
È vero anche che gli anacronismi su cui si fondano le altre lettere in cui le protagoniste vivono ai giorni nostri sono godibili: molto interessante la scelta di Ilaria Bernardini e Caterina Bonvicini di raccontare il tema dell’emigrazione attraverso la storia di due eroine, Ero e Penelope, figlie del Mediterraneo. Si tratta in entrambi i casi di testi ispirati a fatti realmente accaduti e la tragedia di Ero che nella versione contemporanea perde il suo amato in mare nel tentativo di approdare in Europa, è tra le lettere una di quelle che maggiormente esprime quel dolore inconsolabile che è al cuore del mito e della tragedia classici.
Disperata è anche la lettera che Veronica Raimo scrive indossando le vesti di Laodamia: Protesilao in questo caso è un reporter che muore mentre si sta dedicando a un progetto fotografico che lei considera di scarso valore. Non glielo ha mai detto, però, come lui non ha mai confessato alla sua compagna ufficiale di avere Laodamia come amante e di condividere con lei un desiderio profondo e una vita porno.
La riscrittura del mito è stato uno dei punti di partenza degli studi di genere. Come poteva essere altrimenti? Se sui miti classici si fonda il nostro immaginario, rileggerli, reinterpretarli è apparso fin da subito uno dei primi atti da compiere per agire una rivoluzione del pensiero, come dimostrano il lavoro di Luce Irigaray e di Hélène Cixous, per esempio. Nel caso di questa raccolta, però, il ribaltamento lo aveva già fatto Ovidio 2000 anni fa, dando la parola, scegliendo come protagoniste, le eroine, di solito relegate a ruoli esclusivamente secondari.
Quale il senso di questa raccolta, allora? Sicuramente riportare alla mente le storie di questi personaggi a cui è dedicata una sezione in fondo al libro che ci fa rispolverare la memoria: un conto, infatti, è ricordarsi di Elena, ma certo non è scontato sapere chi fosse Laodamia, a meno che non si sia freschi di liceo, ma di uno di quelli in cui si studia parecchio! Più in generale il valore della raccolta, al di là delle singole lettere quasi tutte di pregio, è riportare queste eroine nel mondo contemporaneo e dare loro cittadinanza, almeno letteraria.