Bibliografia
Alex Beer, La donna in rosso, traduzione di Silvia Manfredo, edizioni e/o, p. 345, € 18.–.


Emmerich il viennese

L’ispettore August Emmerich, nato dalla penna di Alex Beer e conosciuto ne Il secondo cavaliere, ritorna con un nuovo caso che porterà il lettore per le strade di una Vienna ormai scomparsa
/ 14.10.2019
di Luigi Forte

Era immaginabile che l’ispettore distrettuale August Emmerich tornasse alla ribalta dopo la complessa indagine sulla morte di alcuni ex soldati dell’esercito imperialregio nell’avvincente poliziesco della scrittrice austriaca Alex Beer, alias Daniela Larcher, Il secondo cavaliere, diventato subito un bestseller. C’è di mezzo una figura che suscita simpatia e consenso anche nei momenti più difficili. Un uomo segnato dalla vita che si porta dentro un incrollabile senso di giustizia. È passato attraverso la tragedia della Prima guerra mondiale con una scheggia di granata nella gamba destra che lo obbliga ogni tanto a far uso di eroina per lenire il dolore. E poi c’è il cruccio della compagna Luise e dei suoi tre figli a cui è molto legato: sembrava che tutto filasse per il meglio quando il marito di lei, scomparso in guerra, è tornato a farsi vivo. Per fortuna che a distrarlo ci pensa il suo premuroso e fedele assistente, Ferdinand Winter, un giovane di ottima famiglia non di rado indispensabile per il buon esito delle indagini.

Emmerich sembra riassumere in sé la precarietà e il disagio dell’epoca all’indomani della Prima guerra mondiale in una città come Vienna segnata dalla fame e dalla miseria. La Beer, archeologa di formazione poco più che quarantenne, la rievoca in ambedue i romanzi con storico puntiglio e un curioso gusto per i dettagli al punto che la capitale austriaca ne diventa quasi protagonista. Già nel Secondo cavaliere il tour incalzante dell’ispettore si snodava fra miseri quartieri e palazzi nobiliari, la Hofburg e la residenza estiva di Schönbrunn, la città sotterranea, le trattorie popolari e i celebri caffè. Il percorso non è ora meno tortuoso attraverso locali realmente esistiti come il Rote Bretze dove erano di scena cantanti folk o il Chatham Bar, così come il museo di storia militare o il pensionato maschile nella Meldemannstrasse in cui il povero ispettore, che il destino non smette di perseguitare, si è ridotto a vivere all’insaputa di tutti.

La donna in rosso presenta un Emmerich che morde il freno, obbligato con Winter a battere a macchina rapporti e sbrigare commissioni. Un lavoro da idioti, a suo parere, a cui lo ha costretto il nuovo capo della sezione omicidi, Albrecht Gonska, che lo ritiene uno storpio rompiscatole con un assistente rammollito. All’ispettore basteranno pochi giorni nel marzo del 1920 per dimostrare che coraggio, abilità e fiuto non sono venuti meno. Per aver risolto in tutta fretta il caso dell’attrice Rita Haidrich che si sentiva minacciata da forze misteriose, Emmerich riceve segretamente l’incarico di indagare per brevissimo tempo sull’omicidio del consigliere Richard Fürst, su cui sta già lavorando l’ispettore superiore Brühl nemico giurato del nostro eroe.

Il caso è complesso e lo dimostra la lunga lista di soggetti coinvolti che l’autrice allinea in una narrazione incalzante e imprevedibile. Di mezzo c’è il progetto di un ospizio, una specie di casa per matti come dice qualcuno, da costruire in una radura del bosco di Laa non lontano dalle rive del Danubio dove ancora vive un gruppo di personaggi del circo come la piccola Zuzana, figlia di una donna barbuta e di Erwin il forzuto, che avrà un ruolo non del tutto secondario nell’epilogo. Un po’ di esotismo non guasta, se poi s’accompagna alla furbizia e alla rapidità con cui la «piccola indiana» tallona l’esperto poliziotto guardandogli le spalle.

Poi l’indagine si allarga: ecco in scena la vedova di Fürst e la sua amante Helene Dobrensky che canta in una squallida locanda, Max Liebenthal, che frequenta le terme romane e l’operaio quasi moribondo della fornace di Wienerberg, Isidor Kofler. E non mancano sorprendenti avventure in un locale sotterraneo per boxeur o nei misteriosi palazzi di politici affaristi e reazionari. Come il direttore del museo di storia militare Častolowitz, il consigliere Völzer e il dottor Bahrfeldt, tutti membri di una misteriosa associazione, la Misericordiae Nuntius, il cui simbolo è una dama in rosso che sorregge una spada.

Il loro scopo è eliminare nella società austriaca le persone deboli e malate, i minorati, i nevrotici di guerra, coloro che per l’appunto Fürst e la sua amica Abele, uccisa anch’essa nel frattempo, volevano aiutare con il loro progetto. Mentre la setta degli «eliminatori» caldeggia un «popolo sano» capace di ridare forza e slancio a un paese sconfitto e pronto al riscatto con una nuova guerra. Due contrapposte visioni della realtà che offrono, nel dedalo delle vicende, spunti per una riflessione sulla storia del Novecento. E anche Emmerich porta il suo coraggioso contributo: non solo combattendo ad armi impari contro la follia di un gruppo di ricchi borghesi scellerati e guerrafondai, ma riportando in vita la speranza e dando voce al mondo dei perdenti.

È la sensibilità umana del protagonista che infonde profondità e risalto alla narrazione. Proprio quando tutto sembra perduto e la realtà gli si sgretola intorno, l’ispettore ritrova, con astuzia e disincanto, la forza di riemergere mettendo a repentaglio la sua stessa vita e quella del suo assistente. Un itinerario che tiene il lettore con il fiato sospeso, più che mai quando i nostri due eroi finiranno a terra colpiti da un paio di proiettili. È l’ennesimo colpo di scena per un epilogo in cui la giustizia finalmente riuscirà a trionfare, sia pure con una soluzione tanto imprevedibile quanto fantasiosa. Speriamo che il buon Emmerich, ripresosi dalla batosta, ci racconti presto, con l’aiuto dell’ottima Alex Beer, la sua prossima avventura, non senza aver prima ritrovato l’amore di Luise sempre più triste e lontana.