E non riveder le stelle

Il giornalista Erminio Ferrari ricostruisce la tragedia di Robiei in cui persero la vita 17 uomini
/ 29.01.2018
di Orazio Martinetti

Libro di memorie, di testimonianze, di meditazioni personali, Cielo di stelle riapre una finestra listata a lutto dell’economia ticinese degli anni 60: la tragedia di Robiei, in cui persero la vita diciassette uomini, quindici operai e due pompieri. L’autore, Erminio Ferrari, all’epoca della disgrazia (1966) era un fanciullo settenne; non poteva dunque ricordare. Ma essendo un provetto alpinista, cresciuto ai piedi della Val Grande, era fatale che prima o poi finisse per imbattersi in quelle caverne impestate di gas mefitici. Accadde venticinque anni dopo, in occasione delle commemorazioni del 1991. Fu allora che prese ad inseguire le tracce, a cercare superstiti e discendenti (le vedove, gli orfani), a percorrere i sentieri della Valmaggia e della val Bedretto, ad esplorare i luoghi oggi invasi dalla boscaglia e dai rovi. Insomma, una paziente archeologia della tragedia, non per riesaminare gli atti del processo che ne seguì, ma per ridare un nome e una croce alle vittime. Il volume, insomma, è da leggere come un commosso omaggio a quelle maestranze che negli anni dell’euforia economica scavarono nel bacino imbrifero della Maggia una ragnatela di cunicoli di captazione: l’oro blu da convogliare nelle centrali elettriche di un cantone affamato di energia.

Era, e continua ed essere, un mestiere pericoloso quello del minatore, svolto prevalentemente da italiani. Fin dall’Ottocento, il secolo delle grandi costruzioni ferroviarie, il piemontese, il lombardo, il veneto erano sinonimo di tenacia, perizia, resistenza fisica. Tradizioni che si tramandavano nei paesi da una generazione all’altra, comunità di padri, figli, parenti che poi prendevano la via dell’emigrazione. Non tutti fecero ritorno; molti, moltissimi morirono sotto le volte delle gallerie, per crolli, infiltrazioni d’acqua, epidemie, esplosioni improvvise. Forse non sarà mai possibile stabilire con esattezza quanti morti e feriti richiese quell’accelerazione delle infrastrutture, dalle dighe alle strade. Valga, come «memento», Robiei, e l’anno prima (1965) la catastrofe di Mattmark.

Ma Ferrari riporta il lettore anche al clima dell’epoca, alla nascita dei movimenti xenofobi, alle prime iniziative anti-stranieri: escrescenze politiche di un’ansia reale, spia di uno smarrimento delle coscienze poste di fronte ad una crescita tanto rapida quanto impetuosa: città che diventavano agglomerati informi, campagne aggredite da elettrodotti e autostrade. Improvvisamente il paesaggio mutava sotto gli occhi, trascinando con sé il retaggio arcaico, lo scenario in cui ogni gesto aveva un suo significato e una sua precisa collocazione nell’agenda quotidiana. 

Sul piano locale, la decisione di catturare le acque dell’alta Valmaggia per trasformarle in energia elettrica diede luogo ad un dibattito che purtroppo non si tradusse in mobilitazione popolare. Le inquietudini serpeggiavano, eccome. Ferrari ricorda le accorate pagine di Plinio Martini, il timore che la valle morisse di sete, i fiumi prosciugati dai canali sotterranei; una sorta di furto legalizzato e benedetto dal grande capitale. Da una parte c’era un’economia povera, le capre, il latte; dall’altra, un gruppo di imprese lanciate alla conquista del petrolio alpino. Un passaggio di civiltà, dai latticini all’acqua domata, dal caseificio alle condotte forzate, dalla superficie (i pascoli, spesso impervi) al sottosuolo (i cunicoli). Forse non c’era alternativa a quel modello di sviluppo. Ma Erminio Ferrari ha fatto bene a ricordarne il dolente cammino, ripercorso con il passo svelto del giornalista-rocciatore.

Bibliografia
Erminio Ferrari, Cielo di stelle. Robiei, 15 febbraio 1966, Casagrande editore, Bellinzona, 2017.