Dove e quando
Tomás Saraceno Aria, Firenze, Palazzo Strozzi; in programma fino al 19 luglio. Info palazzostrozzi.org

Tomás Saraceno, Installazione nel cortile di Palazzo Strozzi (Court. the Artist; © foto Ela Bialkowska, OKNO Studio)


E intanto il ragno...

A Firenze Palazzo Strozzi ospita le opere del geniale artista Tomas Saraceno, ora visibili grazie a un tour virtuale
/ 27.04.2020
di Blanche Greco

Danzano nella brezza primaverile i ballooning spider appesi a lunghi filamenti di seta evanescenti che si allungano sotto il sole, si avvolgono ai rami degli alberi, sfiorano i passanti, saltano i tetti delle case e proiettano i loro alacri ragnetti-acrobati sempre più su, verso il cielo azzurro dove diventano invisibili.

Li scorgiamo dalla finestra brillare nell’aria, in questi giorni in cui noi umani siamo quasi in castigo, confinati nelle nostre case da una minaccia che non ci risparmia, obbligati, noi spesso così ingombranti, a guardare la natura che ci circonda ed i suoi riti, con nostalgia infantile. E pensare che neppure un mese fa eravamo a Palazzo Strozzi a Firenze, per l’inaugurazione della mostra Tomás Saraceno, Aria curata da Arturo Galansino, dedicata all’artista argentino autore di eventi spettacolari in tutto il mondo, che si proponeva di portare «il cielo dentro il palazzo rinascimentale» ossia, la sua fantasiosa visione della galassia, della terra, delle piante, dell’acqua, del vento, dei fulmini «impigliata» in una tela di ragno.

Infatti sono ormai risaputi sia il grande impegno ambientale, che la passione di Tomás Saraceno per i ragni, lui – architetto visionario e poliedrico di origini italiane, classe 1973, che ha collaborato tra gli altri con il M.I.T; The Natural History Museum; il Max Planck Institute – che tra arte e scienza, li studia, rielabora le loro tele e li porta con sé nelle sue mostre, performer inconsapevoli delle sue opere; della sua simbolica riproduzione dell’universo che, anche a Palazzo Strozzi, ci appare gioiosa, fantasiosa, eppure oscura e misteriosa come un antico presagio.

Così accanto ad elementi scientifici e tecnologici, ecco che per guidarci nelle sale, Tomás Saraceno evoca le suggestioni esoteriche e i simbolismi inconsci delle Arachnomancy Cards: trentatré carte, una sorta di tarocchi, per consultare l’oracolo-ragnatela, come succede nella tribù dei Mambila del Camerun. E, anche se Palazzo Strozzi attualmente è chiuso, grazie alla App Arachnomancy possiamo egualmente decodificare i messaggi dell’oracolo, sintonizzandolo sulle impercettibili vibrazioni del nostro destino. Ma se i ragni vi rendono nervosi, o se, come Diane Keaton in Io e Annie, quando ne incontrate uno, chiamate aiuto e il vostro salvatore per farvi piacere, guardando l’intruso perso nel candore della vasca da bagno, esclama come Woody Allen nel film: «Ma questo non è un ragno è King Kong!», allora, meglio «visitare» la mostra sfogliando il ricco e suggestivo catalogo-racconto: Tomás Saraceno, Aria edito da Marsilio.

Si inizia, come nella realtà con l’installazione site specific Thermodynamic Constellation, nel cortile del Palazzo: tre palloni specchianti, quasi tre enormi gocce di rugiada sospese – grazie all’innalzamento della temperatura dell’aria al loro interno dovuta all’energia solare – che rimandano l’immagine del gioco di archi e di colonne del porticato, distorcendolo, mischiandolo a scorci del palazzo, di cielo e di nuvole in mezzo al quale appaiono le facce rivolte all’insù dei visitatori.

È il prologo di questa Mostra, che porta la natura e l’utopia tra le sale di Palazzo Strozzi, un «viaggio» che si rivela ironico, bizzarro e anodino, come il manifesto di Aria: la visione apocalittica di Firenze, con Palazzo Vecchio e la sua Torre, la basilica di Santa Maria del Fiore e la cupola del Brunelleschi che, nel buio, emergono a stento da un deserto liquido, forse un lago, illuminati dalla luce che s’irradia da una enorme ragnatela al centro della quale sta sospeso un ragno speciale: un Argyroneta aquatica, un piccolo palombaro che vive e si muove sott’acqua in una bolla d’aria imprigionata dalla sua tela. Un’immagine che attira e dà i brividi, perché resuscita i ricordi della disastrosa alluvione di sessant’anni fa e la paura delle piogge che attanaglia Firenze ogni inverno, oltre a ricordare gli studi scientifici sul futuro delle città del mondo edificate alla foce dei fiumi e sulle lagune come Venezia minacciate dall’innalzamento dei mari.

Nel catalogo-racconto, luce accecante e oscurità si rincorrono nelle immagini delle opere: sfere trasparenti, palloni specchianti, agglomerati di bolle bianche che si librano sui prati come nuvole; o che riflettono guizzi di sole e città; figure geometriche che scompongono gli elementi dell’aria, della luce, della polvere; giardini volanti dove piante dalle radici invisibili prosperano cibandosi di aria e di luce; fotografie di esperimenti di viaggi solari fatti da Saraceno in Argentina, con una sorta di mongolfiera che s’innalza nel cielo grazie all’energia solare: anticipazioni della nuova era, l’Aerocene, che Saraceno preconizza, in un mondo senza combustibili fossili. Invece disegni e fotografie dai vari toni del grigio e del nero, raccontano nel catalogo l’oscurità densa e silenziosa delle altre sale di Palazzo Strozzi, in cui, in teche trasparenti, galleggiano ragnatele opalescenti da: Webs of At-tent-(s)ion, dalle tessiture multiple e soffici, frutto della collaborazione di ragni di specie diverse, a How To Entangle the Universe in a Spider/ Web? dove su una grande tela di ragno cremisi, tridimensionale, vengono individuati i punti delle galassie situate lungo i filamenti, come se fosse un’enorme ragnatela cosmica.

Il tutto è accompagnato da saggi e affascinanti excursus che dall’Umanesimo approdano all’Aerocene citando gli artisti-scienziati, i filosofi, gli architetti, gli astrologi, i matematici del Rinascimento sino ai naturalisti, biologi, architetti utopisti, etologi, letterati e scrittori dei giorni nostri: da Marsilio Ficino a Brunelleschi, da Leonardo da Vinci, a Torricelli, Galilei, a Richard Buckminster Fuller e le sue cupole ideali; a Italo Calvino e le sue Città invisibili, alle pessimistiche visioni di James Bridle, ai mondi giustapposti dell’antropologo Hugh Raffles, solo per citarne alcuni.

Certo restano chiusi nelle sale di Palazzo Strozzi, il concerto di Sounding di Air, fili di tela di ragno e aria, pentagramma naturale amplificato da un sistema di microfoni; o quello di Particular Matter Jam(s) Session, dove nel buio appena rotto da una lama di luce, siamo accompagnati dagli echi di particelle, di granelli di polvere, dei tremiti impercettibili della ragnatela dell’unico ragno vivo, ospite del Palazzo (guardato a vista da due addetti – lui, o noi? – e alimentato da un etologo), che ci fanno entrare nel suo universo sensoriale con tanti piccoli bip che si accelerano al passaggio di ogni visitatore.

Leggendo il catalogo-racconto ci manca quell’ansia, quel brivido quasi un segnale di pericolo atavico, leggero, o al limite del panico, che la quieta presenza di un ragno spesso ci trasmette e che ci accompagna nel buio della Mostra. Sentimento bizzarro e insensato oggi, di fronte alla reale minaccia del virus implacabile e invisibile, che ci sta braccando.