Angela Notari, da quando ha pubblicato il suo libro Quello che ci unisce (Salvioni Ed., 2019) ha ricevuto un’infinità di messaggi da parte di madri, padri, donne e uomini senza figli, persone che hanno letto o vogliono leggere il suo libro. Un libro sulla nascita: di un bambino, di un genitore. «Il mio intento infatti era di scrivere un testo per tutti, non solo per puerpere», dice l’autrice e infatti è una lettura che si adatta a chiunque: a chi è interessato al mestiere della levatrice o a chi si vuole chinare in modo lieve e profondo su una delle più grandi esperienze umane. In fondo tutti noi siamo figli di una madre: il discorso della maternità ci riguarda in quanto esseri umani.
Angela Notari è diventata mamma nel 2017; dopo il parto ha conosciuto una levatrice di nome Lucia e si è innamorata di questa figura dolce e amica, tanto utile nei primi giorni e nelle prime settimane in cui ci si ritrova a casa con una persona in più, un esserino minuscolo che prende tutto lo spazio, i pensieri, l’amore. Ci si interroga: sarà giusto il mio istinto? Perché piange se cerco di fare tutto bene? Chi sono adesso, sono ancora quella di prima? Angela ha chiesto il permesso a Lucia di coinvolgerla in un libro e Lucia, umile e poco incline al mettersi in mostra pubblicamente, alla fine ha accettato. Quello che oggi possiamo leggere è un racconto a più voci che intreccia il parto di Angela, la storia di una levatrice e di tante altre donne sullo sfondo, con una miriade di dati, spiegazioni, numeri utili che riguardano il tema della nascita. «Sentivo che c’era un bisogno, prima di tutto mio, di parlarci di più, di creare sorellanza – spiega l’autrice – e poi ho desiderato permettere anche solo a un’unica persona di trovare un briciolo di conforto, un titolo utile, un’informazione o altro».
Lucia Lorenzetti De Paris «è nata nella prima metà degli anni Cinquanta in Valle Leventina...», si racconta nel libro. Diventa presto ragazza alla pari, telefonista, volontaria in ospedale, finché sceglie la sua strada e si diploma come infermiera. Nel reparto maternità scatta la scintilla: «Si è aperto ai miei occhi il mondo della donna che mette al mondo un figlio». Da allora è passata una cinquantina d’anni. Di pagina in pagina, Lucia racconta di sé e di centinaia di altre donne, colleghe o partorienti, in reparto, al proprio domicilio o alla Casa Maternità e Nascita lediecilune. Sembra di stare sul divano con lei e Angela che chiacchierano mangiando biscotti e regalando ognuna la propria esperienza con una sorprendente generosità. Lucia ha vissuto grandi cambiamenti nei decenni di attività: uno fra tutti l’isolamento delle famiglie, la scomparsa di quella rete «famigliare accogliente e protettiva, come poteva esistere in piccole comunità o nella famiglia patriarcale allargata (la presenza di nonne, zie e prozie)»: questo cambiamento sociale porta ogni mamma a riscoprire da sola il ruolo che d’ora in avanti le tocca ricoprire. Fatto che secondo lei però non è solo negativo, perché «permette a ogni mamma e a ogni famiglia di riscoprire il proprio modo, di non sentire la pressione di replicare modelli e comportamenti di chi li ha preceduti e magari li circonda».
In questo contesto, la levatrice ha assunto un’importanza ancora maggiore: perché è un’amica, una sorella e al contempo una professionista, che fin dal pancione porta avanti una relazione con la puerpera, che a volte può anche durare tutta la vita. Anche se è soprattutto durante il parto, e subito prima e subito dopo, che ce n’è più bisogno. E a volte il bisogno è immenso. Una nuova madre va incoraggiata, non va fatta sentire inadeguata, spiega Lucia. «... qualsiasi disagio è legittimo. Per me è sempre stato importante che le mamme non fossero solo capaci di affrontare quei primi giorni, ma che vi trovassero piacere, anche solo in un piccolo gesto. Poiché se è vero che la nascita di un bambino porta con sé un’immensa gioia, nuove ansie si affacciano all’orizzonte, offuscando a volte ciò che viene definito il momento più bello nella vita della coppia e in una famiglia». Per Angela Notari è proprio questo concetto di «sorellanza» a essere centrale. Sorellanza è assenza di giudizio, ascolto, carezza. È qualcuno che viene a casa tua e riparte portandosi via il sacco dei rifiuti. È qualcuno che ti porta una teglia di lasagne da mettere in forno quando vuoi; qualcuno che ti dice: chiamami quando vuoi farti una bella doccia che vengo a casa tua a stare con il bebè. «Da quando è uscito il libro sono stata travolta dal bisogno di condividere e dalla sorellanza che teniamo nei cassetti», racconta Angela.
Perché il vecchio detto che «per far crescere un bambino ci vuole un villaggio» è sempre vero, stampato in cima al cielo. Se non si vive in un villaggio, quella comunità può essere costruita con chi ci sta intorno. E nei primi secondi, nei primi giorni della nuova vita, la capo villaggio, non c’è dubbio, è certamente quella levatrice che dolcemente ti dice: «Spingi, brava, ce la stai facendo: ce l’hai fatta».
Dove e quando
La prossima presentazione di Quello che ci unisce sarà l’8 febbraio alla Filanda di Mendrisio alle 16.30.