Donka e la fragilità di un sogno

Al LAC fino al 16 ottobre l’acclamato spettacolo di Daniele Finzi Pasca
/ 15.10.2018
di Giorgio Thoeni

Sono passati alcuni anni da quando seguivamo le prove di Donka negli spazi della Polivideo di Riazzino: erano pomeriggi di grande fascino e mistero fino al debutto del 2010 al Théâtre de Vidy a Losanna nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Čechov. A quel tempo la compagnia di Daniele Finzi Pasca era ancora lontana da casa. La sede era all’estero e ci si chiedeva se ci sarebbero state le condizioni per avere una scena capace di ospitare grandi spettacoli, ma soprattutto se saremmo stati in grado di far tornare a Lugano un artista e un gruppo che stavano dando lustro alla città a livello mondiale. Da pochi giorni Donka. Una lettera a Cechov ha finalmente debuttato a Lugano sul palco del LAC e le vicende che hanno accompagnato le ultime settimane hanno trasformato l’ambizione di una città in una palestra di piccinerie strapaesane, fra colpi bassi e ripicche politiche, che stanno minando l’immagine stessa di una comunità.

Non vogliamo aggiungerci alla rissa, siamo però risucchiati dalla tristezza. Pensieri e preoccupazioni hanno, seppur per poco, lasciato il posto al teatro e all’apertura del grande sipario sulla fantasia e sui colori messi in campo dalla creazione di un artista che ha fatto della leggerezza la sua fede compositiva. «Sono un collezionista di attimi, di dettagli, di piccoli particolari. Il mio teatro è fatto di immagini che si sovrappongono, che spesso non raccontano in modo lineare», ha annotato Finzi Pasca sul programma di sala. «Amo i silenzi, le pause, i momenti di sospensione, forse perché fondamentalmente cerco, da anni, stati di leggerezza. Ho deciso di scoprire Čechov allo stesso modo: andando alla ricerca di particolari, di dettagli nella sua vita, nelle pagine dei suoi scritti e non solo».

La citazione accompagna l’entusiasmo e la complicità della Compagnia nel riprendere uno spettacolo dove gli otto attori-acrobati della versione originale sono diventati dodici (Andrée-Anne Gingras-Roy, Beatriz Sayad, David Menes, Evelyne Laforest, Félix Salas, Francesco Lanciotti, Jess Gardolin, Lydia Gomez, Marco Paoletti, Melissa Vettore, Rolando Tarquini, Stéphane Gentilini), tutti straordinari nel raccontare il grande drammaturgo con un’avvincente tavolozza di essenziale semplicità, dove l’estro compositivo musicale di Maria Bonzanigo, le invenzioni scenografiche di Hugo Gargiulo, le luci di Alexis Bowles e i costumi di Giovanna Buzzi affiancano il gioco del regista fino a diventarne protagonisti. Senza dimenticare l’intelligenza subliminale di Julie Hamelin che continua ad aleggiare sulla compagnia: una figura di cui si sente la mancanza soprattutto per come avrebbe saputo contribuire nel risolvere molte delle attuali situazioni.

Donka è il caleidoscopio simbolico e primordiale di una genesi artistica attraverso gli accostamenti alla vita di Čechov, alle sue passioni, alla sua malattia e persino alla sua morte. Attraverso i dettagli Daniele riordina i colori sulla tela di un grande quadro. Come il campanellino («Donka», in russo) attaccato alla lenza della canna da pesca, un passatempo che lo scrittore adorava. Lo spettacolo parte dal dialogo di due clown che ricordano il castello di Trevano con l’aggiunta di luoghi e personaggi ormai svaniti ma fortemente rappresentativi. Universi che ora ruotano sulla scena con festose acrobazie, con la forza della fantasia, lavorando sulla cifra poetica che contraddistingue tutte le creazioni di Daniele. Istantanee in movimento che rievocano eroi ed episodi che hanno punteggiato la vita e le opere di Čechov: dalle Tre sorelle al trapezio ai letti d’ospedale, dal rito della pesca alla parodia di un duello, dal mondo del circo alla fragilità di un lampadario di ghiaccio.