Negli scambi con amiche e amici, compagni di lettura e di scrittura, ritorna insistentemente la confessione mesta che seppur in questi giorni ci sia per molti di noi più tempo per leggere, anzi, ce ne sia come non ce n’è mai stato prima, non riusciamo a essere così efficienti. Ovviamente ci sono delle eccezioni: coloro che tetragoni al coronavirus, se ne stanno sul loro divano, senza neanche sfiorare il rischio dell’abbrutimento, anzi sfoltendo la pila di libri che avevano accumulato prima che la pandemia ci costringesse a casa.
Per chi invece mantiene dosi preponderanti di umanità e quindi di fragilità, per chi trova difficoltà a mantenere la concentrazione perché un cambiamento radicale è già in atto e ha modificato l’approccio al mondo e quindi anche a quello letterario, ci sono forse dei testi che sono più consoni a questo tempo. Per esempio, Il piccolo dizionario dell’inuguaglianza femminile di Alice Ceresa nella nuova versione ampliata, a cura di Tatiana Crivelli e l’Abbecedario della differenza a cura di Laura Fortini e Alessandra Pigliaru, entrambi editi da Nottetempo.
Alice Ceresa è una scrittrice svizzera, nata a Basilea, ma cresciuta a Bellinzona, che ha lavorato al progetto del Dizionario dell’inuguaglianza femminile per tutta la vita. Infatti, il testo, anche nella sua prima edizione del 2007, è postumo. E come poteva essere altrimenti? Ceresa si pose l’obbiettivo di scrivere un vocabolario i cui lemmi concorrono a definire la condizione ontologica delle donne nel mondo patriarcale, che lei riassume così: «lo sgomento di non potersi considerare un essere umano a pieno titolo. È un’esperienza tremenda, che andrebbe analizzata. Non c’è accesso naturale, libero, gioioso alla vita per chi nasce donna». Alla vastità del contenuto che Ceresa si era prefissata di analizzare per compilare il dizionario si deve aggiungere il suo approccio alla scrittura: difficile, come lei stessa ammette, frutto di un labor limae che non trova mai requie.
Il testo a cura di Crivelli, quindi, raccoglie le voci che Ceresa aveva considerato definitive e ne comprende delle nuove rispetto alla versione del 2007. Si apre con il lemma Anima, poi Animale-Animali, la differenza tra Anima e Animus, Bellezza... Nessuna delle voci è mai troppo lunga… Appunto, la struttura perfetta per questo momento in cui la mente è sollecitata da preoccupazioni, contatti telefonici, abbrutimento web. E in ogni singola voce a cui la scrittrice svizzera ha dedicato la sua fatica e la sua infinita sagacia si trova, come in ogni dizionario, una verità.
L’Abbecedario della differenza a cura di Laura Fortini e Alessandra Pigliaru non si pone come obbiettivo la definizione del vero, ma nasce dall’ispirazione, dalle conseguenze feconde dell’opera di Alice Ceresa. A partire da un seminario sulla scrittura dell’autrice svizzera organizzato dalla Società Italiana delle Letterate alla Casa Internazionale delle Donne di Roma il 21 marzo 2015, le due curatrici hanno pensato di chiedere a chi fosse intervenuta alla giornata di studio e ad altre interessate una propria stesura dei diversi lemmi contenuti nel dizionario di Ceresa.
L’idea di questo «aggiornamento», per un fantastico gioco di rimandi, si ritrova perfettamente descritta nella voce «Cultura» che la scrittrice e drammaturga Gianna Mazzini ha compilato, a partire dal testo di Ceresa, certo, ma anche a partire da sé: «da una parte il significato prevalente: un magazzino coi soffitti alti, dove sono accatastati i saperi già fatti, i prodotti finiti. Dall’altra i significati da affiancarvi: l’energia vitale con la quale sistemare quello che già si sa con quello che si incontra». Proprio a partire da questa concezione rivoluzionaria dei saperi, l’Abbecedario si presta anch’esso a quella lettura «frammentata e distillata» tipica dell’opera di Ceresa, ottima per questo tempo martellante.