**(*) L’intrusa, di Leonardo Di Costanzo, con Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate, Anna Patierno (Italia-Svizzera, 2017)
Siamo a Napoli, e l’intrusione alla quale accenna il titolo è originata da un latitante mafioso, un killer appena arrestato, o meglio, dalle conseguenze sulla sua giovane famiglia, che tenterà di sottrarsi alle imposizioni di una tradizione criminale cercando rifugio nella «Masseria». La Masseria è un centro di volontariato nella periferia più a rischio, nato per proteggere le giovani generazioni da una violenza sempre latente. Un compito spesso ingrato, infatti, come dice il regista le resistenze nascono «quando lo spazio dei buoni viene invaso dai cattivi».
Il cinema di Leonardo Di Costanzo nasce dall’incontro tra la sua valida esperienza da documentarista (A scuola, Cadenza d’inganno) e la finzione. Già nel 2012 gli era riuscito un film inventato interamente nell’arco di una giornata, in un edificio romano in disuso. Scrivevamo allora che L’intervallo iniziava alla De Sica, per finire con riflessioni alla Saviano. Una certa eredità del neorealismo, cioè, nella sua adesione semplice e diretta alla realtà. Ma per permettersi di sconfinare progressivamente, grazie a una sceneggiatura meno statica di quanto apparisse a prima vista, in un mondo poetico.
Le intenzioni non sono molto diverse ne L’intrusa. Ecco subito una sorta di (condivisibile) asprezza stilistica, come da parte di chi non vuol perdersi in futilità decorative. C’è però anche una certa rigidità non sempre giustificata dalle situazioni, a cominciare da quella di una protagonista eccessivamente estranea alla realtà partenopea come lo è la danzatrice Raffaella Giordano. L’esordiente Valentina Vannino è bella ma poco espansiva. La naturalezza dei ragazzini rappresenta una delle cose più riuscite del film pur essendo notoriamente difficile da ottenere sullo schermo. Rimane il fatto che, dietro all’idealismo più che difendibile della pellicola, ci sia un certo desiderio di messa in evidenza; e questo a scapito di emozione e creatività.
De Costanzo, grazie alla sua esperienza, garantisce però sempre attenzione all’ambiente e uno sguardo generoso sulla realtà. E forse sono proprio le parti più riuscite di un film che arrischia d’ingessarsi quando si deve ricorrere alla costruzione diversa della fiction. L’impaccio provocato dalla polizia e la protesta delle mamme aggiunti alla costrizione dei dialoghi diluiscono, invece che galvanizzare, la bella emozione che altrimenti pervade L’intrusa.