Destino, libertà e dignità

Beethoven e Chopin protagonisti del concerto che andrà in scena al LAC il prossimo 17 ottobre sotto la direzione del Maestro Poschner e con l’esecuzione del giovane pianista Benjamin Grosvenor
/ 07.10.2019
di Enrico Parola

Il mondo musicale si prepara a celebrare nel 2020 i duecentocinquant’anni dalla nascita di Beethoven. Accanto ovviamente alle sinfonie e ai concerti, la ricorrenza regala occasioni per ascoltare pagine meno note o percorsi tematici desueti. È la scelta di Markus Poschner, che proprio con una memorabile Quinta quando ancora si suonava al Palazzo dei Congressi aveva stupito il pubblico luganese e creato quella sintonia con l’Orchestra della Svizzera Italiana che l’ha portato a diventarne direttore musicale; evidentemente il destino, quella volta, stava bussando alla porta della formazione ticinese e del maestro bavarese…

Il destino, la libertà e la dignità umana sono i grandi ideali messi a tema da Beethoven nell’unica sua opera lirica, il Fidelio, la cui ouverture apre il concerto che Poschner dirigerà il 17 al LAC; la seconda parte sarà tutta dedicata alle tre versioni precedentemente approntate per l’opera e poi successivamente scartate in favore di quella definitiva. Brani diversi fin dal titolo, dedicato all’eroina del dramma, Leonore. Se la prima versione della Leonore venne sostituita da una seconda prima ancora che l’opera venisse rappresentata nel 1805, Beethoven volle metterci ancor mano dilatandola e arricchendola ulteriormente; l’esito, catalogato come Leonore n. 3, fu un autentico capolavoro, ma allo stesso tempo un brano fin troppo ampio per essere un’ouverture teatrale.

Fu così che nel 1814 il compositore approntò un nuovo brano, più conciso e dal carattere più brillante; ma la Leonore n. 3 è di una tale bellezza che già Bulow e Mahler scelsero di reinserirla all’interno dell’opera, tra il primo e il secondo quadro dell’atto secondo. La scelta di Poschner offre a musicologi ed eruditi un’occasione rara di confronto e quindi di riflessione sul percorso compositivo beethoveniano, ma guarda anche a un pubblico più ampio perché i ripensamenti raccontano di un aspetto cardinale dello spirito del compositore. Un grande interprete come Daniel Barenboim sostiene che Beethoven non è mai facile perché non è mai superficiale: usa ogni sua nota per comunicare un messaggio che ha l’ambizione di avere un grande valore per tutta l’umanità. Ricordando una Nona sinfonia portata col coro e l’orchestra della Scala in una città africana dove non c’era mai stato un concerto di musica classica, confessa di quanto l’avesse colpito il commento di uno spettatore: «Non capisco bene questa musica, ma si capisce che l’autore sta dicendo qualcosa di tremendamente serio e importante».

Come gli oltre cinquanta abbozzi che scarabocchiò e poi cancellò per trovare le prime quattro note della quinta sinfonia («le quattro note più famose della storia musicale» le definiva Leonard Bernstein), queste tre ouverture sono dunque una testimonianza sorprendente dell’inesausto anelito di Beethoven verso l’assoluto e la sua traduzione musicale.

Nel mezzo non passa certo inosservato il Primo Concerto di Chopin, che porta al LAC il fresco talento di Benjamin Grosvenor, pianista britannico che ha trascorso sedici dei suoi ventisette anni di vita sui palchi più prestigiosi. A 11 anni vinceva il concorso BBC, è stato il più giovane debuttante ai mitici Proms di Londra, ma lui non si è mai considerato un enfant prodige: «Non è falsa modestia, davvero non sono stato uno di quei geni che a sei anni suonano già Beethoven o Chopin: mia madre mi mise al pianoforte quando avevo cinque anni, ma mi interessava davvero poco» ricorda. «Fu a scuola che decisi di applicarmi: alcuni miei compagni suonavano, volevo dimostrare di poter essere migliore di loro». L’intuizione avvenne proprio con Chopin: «A 8 anni stavo suonando il Notturno in re bemolle maggiore; mia madre, fino a quel momento la mia unica insegnante, percepì una maturità insolita e decise di affidarmi ad altri maestri». Da allora ha bruciato le tappe; «uno dei primi grandi momenti è stato proprio col Primo Concerto di Chopin, quando l’ho portato in tournée con Boreyko e l’orchestra Euskadi». E ora a Lugano.