In queste stagioni Lugano Musica sta ospitando i migliori direttori e le migliori orchestre al mondo. L’anno scorso Petrenko, Haitink e Jansons, i Wiener e i Berliner Philharmoniker; a gennaio arriveranno Riccardo Muti e la Chicago Symphony, e proprio questa settimana Andris Nelsons e la Gewandhaus di Lipsia sono protagonisti di due concerti memorabili: stasera con la Sinfonia Grande di Schubert, mercoledì 23 con la Scozzese di Mendelssohn. La Gewandhaus è una delle orchestre più antiche (fu fondata nel 1743) e prestigiose al mondo: Mendelssohn ne fu il direttore stabile per otto anni dal 1835, tra i suoi successori figurano Furtwängler, Walter e dal 2017 Nelsons; a sua volta il 41enne lettone è annoverato tra i migliori 4-5 direttori al mondo.
Un riconoscimento che lo lascia indifferente: «Non dico che non abbia senso: la qualità e la bellezza sono sì soggettive, ma hanno una loro evidenza indiscutibile; i capolavori della musica sono riconosciuti da tutti, e così può essere degli interpreti. Però a me non interessa affermare me stesso, sarei il primo a non sopportarmi, figuriamoci gli orchestrali!». Si dice che il direttore debba essere un leader, Karajan sosteneva che gli unici due ambienti dove la democrazia non aiuta sono la musica e l’esercito: «Per me l’unico vero leader è il compositore: certo, noi sappiamo che l’autore aveva le idee ben precise quando segnava certe note sul pentagramma, ma proprio quelle note non ci dicono tutto, sono un suggerimento che deve spingerci oltre; è proprio su questo che si instaura il dialogo tra direttore e orchestra, si inizia insieme un viaggio verso la verità di una musica».
Chi si immagina lunghe discussioni è comunque fuori strada: «Se chi è sul podio parla troppo chi sta davanti al leggio finisce per non ascoltarlo, si annoia; l’abilità sta nel capire quando dare un’indicazione tecnica e quando suggerire un’immagine o un concetto: per eseguire in un modo convincente l’attacco della Quinta sinfonia di Beethoven non basta ordinare un “marcato”». Nelsons parla per l’esperienza accumulata non solo sul podio: «Per sette anni ho suonato la tromba nell’orchestra dell’Opera Nazionale Lettone, quando Mariss Jansons mi ha notato mentre ero nell’orchestra di Oslo».
Nel concerto di mercoledì dirigerà Blumine, movimento espunto da Mahler dalla sua Prima sinfonia: «Un’opera a me cara: fu proprio suonandola e trovandomi avvolto da un mondo meraviglioso di timbri e colori creati dagli altri strumenti che capii che solo l’orchestra sarebbe stata adeguata a esprimere compiutamente tutto quello che sentivo dentro». E pensare che la stessa motivazione lo aveva portato verso la tromba: «Da piccolo i miei genitori mi avevano avviato al pianoforte; quando ascoltai gli arrangiamenti dei gradi classici per ensemble di ottoni rimasi stregato dai suoni che si sprigionavano da trombe, tromboni e corni; iniziai a scrivere io stesso degli arrangiamenti e subito dopo decisi di suonarli».
Ovviamente i crescenti impegni lo hanno allontanato dalla pratica: Nelsons è la guida stabile, oltre che della Gewandhaus, di un’altra orchestra a cinque stelle, la Boston Symphony, e il doppio incarico rende la sua agenda congestionata. «Però da un paio d’anni ho ripreso a suonare! Non so neanch’io dove trovo il tempo, ma so perché: Hakan (Hardenberger, il massimo trombettista vivente, ndr.) mi ha regalato una sua tromba. Abbiamo suonato un po’ assieme e non potevo certo chiudere in un cassetto un regalo così speciale».
Un regalo speciale sarà anche sentire Mendelssohn dall’orchestra che fu diretta da lui; e tanto la Scozzese quanto il Concerto di Schumann vennero eseguiti in prima assoluta proprio alla Gewandhaus: «È un sogno, più ancora che un privilegio, poter dirigere orchestre come Lipsia e Boston: in un mondo globalizzato ci sono ancora realtà che mantengono viva, cioè non museale ma dinamica e attuale, una lunga tradizione, permettendoci oggi di assaporare il gusto della Storia senza la percezione che sia un passato ormai lontano. Il linguaggio della musica è universale, ma il modo di parlarlo può variare e anche sensibilmente».