Dove e quando
Marcello Dudovich (1878-1962) fotografia fra arte e passione. m.a.x. museo, Chiasso. Fino al 16 febbraio 2020. L’esposizione è curata da Roberto Curci e Nicoletta Ossanna Cavadini. Orari: ma-do 10.00-12.00/14.00-18.00. www.centroculturalechiasso.ch
Sabato 18 gennaio 2020, alle ore 17.00, nelle sale del m.a.x. museo (solo con il pagamento del biglietto d’ingresso alla mostra) si potrà assistere alla performance «Danza e mistero». Omaggio alla danzatrice Charlotte Bara, Premio svizzero patrimonio della danza 2018, coreografia e regia Tiziana Arnaboldi, interprete Eleonora Chiocchini, ricerca musicale Mauro Casappa.

Marcello Dudovich, La Rinascente. Primavera-estate 1922 (c.1921-1922), Cromolitografia su carta (Edizioni Star, Milano, Museo Nazionale Collezione Salce, Treviso)


Dalla fotografia alla pubblicità

Il m.a.x. museo di Chiasso dedica una mostra al grande maestro Marcello Dudovich
/ 13.01.2020
di Alessia Brughera

Marcello Dudovich è considerato uno dei padri del moderno cartellonismo pubblicitario. Anzi, per molti incarna il simbolo stesso del manifesto italiano. Sempre al passo con i tempi e insieme rispettoso della tradizione, l’artista triestino, classe 1878, è stato un grande innovatore che in oltre cinquant’anni di attività ha dato vita a centinaia e centinaia di opere seguendo con discrezione le correnti figurative e maturando altresì un linguaggio personale e all’avanguardia.

Molti dei suoi lavori sono diventati celeberrime composizioni che hanno raccontato soprattutto gli agi della borghesia italiana, un universo fatto di mondanità, abiti eleganti e donne disinvolte che ha veicolato con efficacia messaggi nell’inconscio dello spettatore, lasciando un segno indelebile nella sua mente. Nelle affiche di Dudovich compaiono figure femminili raffinate e disincantate così come uomini affascinanti e seducenti, tutti immortalati in una varietà di posture capaci di restituirne un’immagine dal forte impatto visivo.

Ma da dove venivano desunti quegli atteggiamenti, quelle movenze e quegli sguardi così riusciti? Quelle pose che sapevano rendere le donne così impeccabili o i modelli maschili così attraenti e al tempo stesso così reali?

Inesauribile fonte d’ispirazione per Dudovich sono state le fotografie, istantanee che egli stesso scattava o che venivano realizzate da familiari e amici o, ancora, da celebri fotografi. Un materiale estremamente prezioso per l’artista, questo, a cui egli ha attinto per trarne spunti ideativi funzionali alla sua feconda produzione.

Dudovich è stato uno dei pochi affermati illustratori dell’epoca a fare del medium fotografico un valido strumento di supporto alla propria arte e ciò è ancor più significativo se si pensa che per il maestro l’utilizzo della fotografia è stato una sorta di filo rosso che ha attraversato tutta la sua esperienza professionale e umana.

Se fin dalla giovane età Dudovich ha amato molto farsi ritrarre, complici il suo narcisismo e la sua avvenenza, è stato soprattutto tra il 1910 e il 1940 che il suo rapporto con la fotografia è cambiato: il maestro si posizionava adesso dietro l’obiettivo alla ricerca di nuovi gesti e personaggi da «bloccare» nella loro veridicità e da far confluire poi nei manifesti e nelle illustrazioni. Gli scatti alla moglie Elisa Bucchi (giornalista di moda attentissima all’abbigliamento più di tendenza), quelli alle tante ragazze che si prestavano entusiaste a farsi immortalare nello studio o all’aperto, sino ad arrivare a quelli alle dive dello spettacolo che aveva modo di frequentare nei suoi tanti appuntamenti mondani, sono stati per Dudovich una fondamentale risorsa da cui carpire forme inconsuete ma sempre assolutamente naturali.

Sono state proprio alcune delle fotografie di Dudovich, ben milleduecento, appartenenti a collezioni private, ad aver dato il via all’esposizione allestita negli spazi del m.a.x. museo di Chiasso, una rassegna che ha il merito di indagare un aspetto dell’operato dell’artista rimasto finora inesplorato, quello appunto del legame tra la fotografia e la cartellonistica.

Particolarmente interessante, difatti, è riuscire a cogliere attraverso il materiale esposto il processo creativo dell’artista dallo scatto al manifesto, e, in taluni casi, persino dallo schizzo con cui Dudovich tracciava le linee guida per effettuare l’istantanea e dal bozzetto ispirato alla stampa fotografica.

La mostra, che si inserisce nel contesto della Biennale dell’immagine di Chiasso Bi11 e che nella primavera del 2020 sarà ospitata presso il Museo Scuderie del Castello di Miramare di Trieste, raccoglie più di trecento pezzi, tra fotografie originali vintage, schizzi, bozzetti, manifesti, riviste e copertine, che documentano l’intera attività di Dudovich.

A inizio percorso, accanto a una selezione di scatti che ritraggono l’artista negli anni dei suoi esordi professionali a Milano e Bologna, troviamo alcune fotografie eseguite da Dudovich del periodo in cui, chiamato a collaborare con la rivista satirica «Simplicissimus» di Monaco di Baviera in qualità di disegnatore della pagina mondana, viaggia di continuo nelle più rinomate località d’Europa per eternare i fasti di una Belle Époque ormai agli sgoccioli. È proprio grazie a questa esperienza che Dudovich incomincia a comprendere le enormi potenzialità della fotografia quale materiale visivo da tenere sott’occhio nell’elaborazione dei suoi lavori.

Questi sono anche gli anni della collaborazione dell’artista con i Magazzini Mele di Napoli, di cui in mostra sono presenti alcune affiche che spiccano per sintesi formale, e con il marchio Borsalino, di cui è esposto quel manifesto datato 1911 (con relativa fotografia della poltrona protagonista) che inizialmente proprio non era piaciuto al patron delle Officine Grafiche Ricordi per l’assenza della figura umana e per la tinta «zafferano» che tanto ricordava un risotto alla milanese, ma che poi vinse il Concorso Nazionale dei grafici pubblicitari indetto dalla nota marca di cappelli facendo conquistare a Dudovich la stima del committente.

Sono presenti anche molte opere realizzate negli anni Venti e Trenta, il momento di maggior successo dell’artista. La donna, non più idealizzata e distante, viene rappresentata nella sua bellezza reale. E, puntualmente, ecco anche le istantanee da cui, con metodicità, Dudovich ha estrapolato gli elementi utili ai suoi manifesti: leggiadre dame avvolte in abiti e veli fluttuanti si mettono in posa sulla spiaggia secondo le direttive del maestro, danzando e muovendosi con gestualità accentuate per fornirgli la movenza perfetta da immortalare. Bella, in particolare, l’affiche del 1922 per la Rinascente, dove sulla battigia appare una giovane a passeggio con il cane, immagine di estrema emancipazione e modernità.

Il serrato dialogo tra fotografia e manifesto si coglie anche nei lavori legati al mondo del cinema, di cui Dudovich era molto appassionato, e dello spettacolo, con attrici, cantanti e soubrette famose (da Maria Melato, a Nella Regini a Ines Lidelba) a fare da muse ispiratrici per regalare all’artista memorabili scatti da usare come materiali pubblicitari.

Preziosa sezione della mostra chiassese, poi, è la raccolta di una ventina di fotografie di Leopoldo Metlicovitz, concittadino di Dudovich e suo mentore negli anni di formazione alle Officine Grafiche Ricordi. Questo piccolo ma significativo nucleo di opere ci offre la possibilità di fare un paragone diretto tra i due artisti, svelando come al lavoro fotografico di Dudovich, anche nel confronto con stimati e abili colleghi, appartenesse quell’estrema disinvoltura che è stata il suo indimenticabile marchio di fabbrica.