Dove e quando
Le cubisme, a cura di Brigitte Leal, Christian Briend, Ariane Colulondre. Centre Pompidou, Parigi. Fino al 25 febbraio. Tutti i giorni ore 11.00-21.00 Chiuso martedì. Catalogo Edizioni Centre Pompidou, euro 49.90, album, euro 9.90. www.centrepompidou.fr

Georges Braque, Grand nu (1907-1908), Centre Pompidou, Musée national d’art moderne, Parigi. (© Centre Pompidou, MNAM-CCI/G.Meguerditchian/ Dist. RMN-GP © ADAGP, Paris 2018)


Cubismo e così sia

Imponente mostra al Pompidou di Parigi
/ 04.02.2019
di Gianluigi Bellei

Se vi interessa il Cubismo, o se non lo conoscete abbastanza e vi intriga, al Centre Pompidou di Parigi c’è l’esposizione che fa per voi. D’altronde il Cubismo è nato proprio a Parigi nel 1907 e solo il Pompidou poteva organizzare una «mostra-monstre» (è proprio il caso di dirlo) così importante e ampia: ben 300 opere. Da perderci la testa. Si indaga il decennio fra il 1907, appunto, e il 1917, anno della diaspora da Parigi degli artisti a causa della grande guerra.

Sono esposte opere importantissime come Portrait de Gertrude Stein del 1905-06 proveniente dal Metropolitan Museum of Arts di New York, quello di Ambroise Vollard del 1909-10 proveniente dal Musée d’État des beaux-arts Pouchkine di Mosca ambedue di Picasso o il Grand nu del 1907 di Georges Braque. Manca, a dire la verità, l’opera prima e probabilmente la più importante, l’icona del Cubismo, il dipinto choc che tutti dovrebbero vedere per forza prima o poi e che si trova al Museum of Modern Art di New York: Les Demoiselles d’Avignon del 1907 di Pablo Picasso.

Ma che cosa è il Cubismo? Siamo nei primi anni del Novecento e il filosofo Henry Bergson ne L’evoluzione creatrice scrive di un diverso rapporto fra tempo e conoscenza, mentre Albert Einstein teorizza la relatività secondo la quale due ipotetici fenomeni hanno fra loro un rapporto casuale e non di dipendenza reciproca. Il poeta Guillaume Apollinaire ritiene che il tempo di Bergson sia «la quarta dimensione». Quella appunto dei Cubisti che rompono con la tradizione della prospettiva con un unico punto di vista frontale e inseriscono nello stesso soggetto piani diversi e quindi una visione multipla e simultanea. Insomma, in un volto possiamo vedere il naso di profilo e contemporaneamente tutti e due gli occhi, un seno di fronte e nello stesso tempo la schiena.

Il 14 novembre 1908 Louis Vaux-celles su Gil Blas a proposito di Braque scrive che «disprezza la forma, riduce tutto, luoghi, figure ed edifici, a schemi geometrici, a cubi». Il 16 dicembre dello stesso anno Charles Morice sul «Mercure de France» scrive che Braque vuol cogliere le «armonie geometriche di ogni cosa». Leo Stein di fronte a Les Demoiselles d’Avignon dichiara che Picasso ha voluto dipingere la «quarta dimensione».

Le opere dal 1907 al 1909 vengono definite protocubiste e sono caratterizzate dalla scomposizione prospettica e da solo due o tre toni di colore. Dal 1909 inizia la fase del Cubismo analitico nel quale il colore diventa monocromo e i piani si spezzano in piccole sfaccettature. Infine dal 1911 il Cubismo diventa sintetico ed è caratterizzato dai papiers collés con l’inserimento di pezzi di giornali o di tappezzeria (frammenti di realtà) all’interno del quadro. I due termini, «analitico» e «sintetico», che definiscono i periodi del Cubismo sono spiegati dal gallerista Daniel-Henry Kahnweiler nel libro La via al Cubismo del 1920.

In mostra il celebre ritratto che Picasso gli fa nel 1910 e che ora si trova all’Art Institute of Chicago. Il corpo di Kahnweiler è smaterializzato e se ne intravedono alcune parti: le mani, i capelli e il naso, ma soprattutto in alto a sinistra si nota una scultura lignea della Nuova Caledonia che il pittore tiene nello studio. Questo particolare introduce un altro aspetto caratterizzante il Cubismo: l’attrazione verso le sculture extraeuropee, africane soprattutto. Braque ne possiede una piccola collezione; Matisse una ventina e diverse Picasso, il quale sappiamo visita il Museo etnografico del Trocadero a Parigi nel giugno del 1907. Queste maschere sono per gli artisti un nuovo modo di rapportarsi con la realtà e la figura umana.

Divisa il tredici sezioni la mostra si vede bene grazie alle grandi sale, ottimamente illuminate, e a un percorso circolare. Inizia con gli artisti che si sono mossi a latere dell’arte ufficiale, dei contromodelli; una sorta di predecessori del Cubismo. Parliamo di Paul Gauguin e di Henri Rousseau con le loro forme primitive e anticlassiche. Un’ampia sezione è dedicata all’arte primitiva per poi entrare nel merito del padre nobile del cubismo: Paul Cézanne per il quale la natura non è altro che un cilindro, una sfera e un cono. Diverse sale sono dedicate al rapporto fra Braque e Picasso.

Un’amicizia e una collaborazione artistica coltivata con la stretta vicinanza di tempi e luoghi. Questo nonostante i due personaggi siano differenti l’uno dall’altro. Braque ama il colore, è misurato, deduttivo, introverso. Picasso, al contrario, ama il disegno, è estroverso, irruento, frenetico. In ogni caso lavorano a stretto contatto, si scambiano informazioni, si confrontano, discutono. Diverse opere di quel periodo non sono firmate e i critici a volte fanno fatica a distinguere fra quelle dell’uno e quelle dell’altro.

Nel frattempo il metodo cubista prolifera e molti artisti seguono le orme di Picasso e Braque. La consacrazione del Cubismo avviene nel 1911 al Salon des indépendants di Parigi. Nella sala 41 troviamo opere di Robert Delaunay, Fernand Léger, Albert Gleizes, Henri Le Fauconnier, Jean Metzinger e Marie Laurencin. L’anno seguente, sempre al Salon des indépendants, Robert Delaunay presenta il suo monumentale Ville de Paris e Marc Chagall À la Russie. In quello del 1914 la critica si sofferma su L’Atelier de mécanique di Jacques Villon e contemporaneamente partecipano in ordine sparso Kazimir Malévič e Aleksandr Archipenko.

In tutte le esposizioni dei Salon Braque e Picasso non sono mai presenti e questo ha contribuito a supporre che non fossero i principali artefici del nuovo corso rivoluzionario, come in effetti furono.

Ma il Cubismo non è solo monocromo e un po’ slavato, bensì nelle sue varianti – soprattutto quello definito Orfico dei coniugi Delaunay – estremamente colorato. Per chi ama una Parigi sfavillante alcune sale sono dedicate proprio ai suoi principali monumenti come la Tour Eiffel che in quegli anni rappresentava la rivoluzione moderna e la grandiosità di una città in perenne effervescenza.

L’esposizione parigina, che termina il 25 febbraio, verrà in seguito riproposta al Kunstmuseum di Basilea dal 30 marzo.