Dopo la vittoria, a sorpresa, del Golden Globes quale miglior film, 1917 potrebbe fare il bis con gli Oscar il 9 febbraio. Sono ben dieci le sue Nomination, come The Irishman e C’era una volta… a Hollywood, uno scalino sotto le undici di Joker.
Siamo nel mezzo della Prima Guerra Mondiale e due giovani caporali britannici (Blake e Schofield), che stanno combattendo nel nord della Francia, sono incaricati di consegnare una lettera a un altro battaglione su un attacco a sorpresa dell’esercito tedesco. Per salvare 1600 commilitoni, tra cui il fratello di Blake , i due cominciano una corsa contro il tempo attraverso il fronte tedesco.
Sam Mendes (autore di American Beauty, Era mio padre, Revolutionary Road e Skyfall) ha molto coraggio e utilizza un falso piano sequenza (senza raccordi apparenti, a eccezione di discreti «cerotti» digitali e una sola ellissi che permette di passare dal giorno alla notte) per descrivere la corsa dei due soldati.
Questo modo di girare avvicina lo spettatore alla scena, lo fa sprofondare completamente nel fango, tra i topi e i corpi maciullati dalle granate. Una fluidità di immagini che ha il potere di immergerlo nelle brutture della guerra e di trasformarlo nel terzo soldato. E quindi vive, insieme a loro e in tempo reale, gli ostacoli che si presentano. Perciò, soprattutto si spaventa. Ecco, la vera e forte emozione che vive lo spettatore durante le quasi due ore del film è lo spavento. L’altra emozione, anzi la non emozione, è l’apatia.
Mi spiego meglio: il viaggio di Blake e Schofield è costruito come un videogame di quelli semplici. C’è una missione da compiere e per raggiungere l’obiettivo occorre superare una serie di ostacoli. E come un videogame: emoziona, ma non identifica. Il personaggio che si usa per giocare resta uno strumento mosso dalla console. Non riesci mai a identificarti con lui.
La guerra di trincea è stata rappresentata molte volte al cinema (anche se meno della Seconda Guerra Mondiale) ricordiamo per esempio La Grande Guerra di Monicelli e Operazione Crêpe Suzette di Blake Edwards, entrambi dal tono agrodolce. Ma il film più importante resta sicuramente Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick. Un riferimento sicuro per 1917 di Mendes (non è un caso che siano ambientati entrambi in Francia), soprattutto per il modo di girare. Le lunghe carrellate iniziali dentro le trincee che seguono Kirk Douglas (il colonnello Dax) sono state «copiate» da Mendes. Ma a differenza di 1917, Kubrick non costruì un videogame, realizzò un’opera complessa dove emerge tutta la gamma dei sentimenti umani: dalla lealtà all’ipocrisia. Sentimenti che contribuiscono a sovrapporre lo spettatore al personaggio, a creare la tanto cercata identificazione. La grande assente di 1917.