Arthur Hahnloser, oftalmologo, e Hedy Bühler, diplomata a una scuola d’arte di Monaco, si sono appena sposati, quando si trasferiscono a Villa Flora, la casa del nonno di Hedy a Winterthur: una casa che diventa presto un luogo di incontro per appassionati d’arte progressista (luogo al quale la mostra dedica una sala), fra questi il cugino di Hedy, Richard Bühler e l’architetto Robert Rittmeyer. La stessa Hedy, promotrice dei «café révolutionnaires» (ovvero conversazioni settimanali sull’arte a Villa Flora) e appassionata di artigianato e arti decorative, contribuirà a realizzare gli arredi e gli interni della villa, disegnando tessuti e tappezzerie.
Nel 1907 gli Hahnloser comprano le loro prime opere d’arte: alcuni dipinti di Giovanni Giacometti fra cui un autoritratto che inaugura la fase post-impressionista e di Ferdinand Hodler, gettando così le basi di una collezione sorprendente per l’epoca, che dai protagonisti dell’Avanguardia svizzera si estenderà ben presto ai principali esponenti della pittura francese, del calibro di Monet, Renoir, Van Gogh (di cui si può ammirare Il seminatore e la gouache Café de nuit à Arles), Bonnard (Effet de glace), Cézanne e Matisse. L’anno successivo infatti gli Hahnloser intraprendono il loro primo viaggio a Parigi, dove Carl Montag, pittore di Winterthur, presenta gli Hahnloser a Félix Vallotton, ed entrano in contatto con la cerchia dei Nabis e dei Fauves.
Del pittore franco-svizzero Vallotton, l’artista più legato alla coppia Hahnloser e uno dei più presenti nella collezione (di cui Hedy redigerà con la sua macchina da scrivere, alla morte del marito, il catalogo ragionato delle opere), sono presenti in mostra i paesaggi, ma soprattutto alcuni celebri nudi: da La baigneuse en face (1907) alla grande tela La blanche et la noire (1913), dipinto in cui riprende il motivo classico della Venere coricata/distesa e in particolare l’Olympia di Manet, riprendendo la figura della «serva» di colore, ma seduta sul letto a fumare una sigaretta, quasi come fosse un’amica. Opere che fanno scandalo a Winterthur, tanto che i compagni di scuola di Lisa e Hans, i figli della coppia, non hanno più il permesso di andare a giocare a Villa Flora. In casa – come testimoniano le belle fotografie d’archivio in catalogo – l’arte si respira a ogni angolo, le tele sono appese ovunque, persino in cucina e in bagno, integrandosi così nell’architettura dell’edificio, e nel parco dove l’architetto Rittmeyer colloca le due sculture di Aristide Maillol, L’été e la Pomona, scultura questa che si ritrova in una delle sale della mostra.
L’allestimento bernese, visibile fino all’11 marzo dell’anno prossimo, restituisce per grandi capitoli, la coerenza e la bellezza della collezione che insegue nella pittura francese di quegli anni la modernità dai tratti onirici, come nel caso di alcune tele del simbolista Odilon Redon (Le rêve, 1908), sognanti e misteriosi come un paesaggio mattutino, una veduta marina o un viale alberato inondato di luce; sono la luce e i colori – soprattutto nelle numerose nature morte con fiori – che dominano le sale del museo. Ma anche, nel contempo, il percorso ricostruisce la rete di rimandi che legano i grandi maestri della pittura francese ai loro «eredi», acquistati e promossi dagli Hahnloser negli anni in cui le loro opere erano ancora controverse e poco note. Alla lungimiranza si aggiunge l’amicizia personale che legava i due mecenati agli artisti, per i quali assumevano responsabilità e offrivano il loro sostegno in prima persona; amicizie documentate dai numerosi ritratti della famiglia Hahnloser realizzati da Vallotton o da Henri Manguin o ancora da Bonnard (Promenade en mer, 1924-25) che è il loro vicino di casa durante le vacanze a Cannes. La loro attività di autentici collezionisti pionieri decisi a «vivere il nostro tempo», che si è interrotta nel 1936 alla morte di Arthur, ha costituito un motore per la scena artistica di Winterthur; basti pensare che nel 1916 il nuovo Kunstmuseum – che i coniugi Hahnloser avevano contribuito a realizzare – ospita un’ampia esposizione di pittura francese, divenendo un punto di riferimento nel panorama elvetico. La loro attività e le loro scoperte sono un impulso fondamentale anche per i musei elvetici, grazie alle loro donazioni, e di ispirazione per altri appassionati d’arte: un modello di collezionismo valido ancora oggi, ha sottolineato il curatore Matthias Frehner.
La collezione Hahnloser, costituita oggi da circa trecento opere fra dipinti, sculture e opere su carta, è stata esposta a più riprese fra il 1995 e il 2014 negli spazi di Villa Flora adibita in parte a museo e ora sottoposta a lavori di ristrutturazione. In esilio forzato dunque da tre anni, dopo una fortunata tournée europea che ha toccato Amburgo, Stoccarda e Parigi con 350mila visitatori, è approdata l’anno scorso al Kunstmuseum di Berna (che già negli anni Trenta aveva beneficiato delle donazioni della famiglia Hahnloser), dove resterà in deposito almeno fino a quando Villa Flora non riaprirà le porte al pubblico. Kunstmuseum che negli ultimi tempi è già sotto i riflettori per il caso della controversa collezione Gurlitt, che si prepara a presentare al pubblico a novembre.