È nel segno e nel culto della tradizione la conferma di Riccardo Chailly a direttore musicale della Lucerne Festival Orchestra. Michael Haefliger, direttore artistico di quella che è ormai non solo la rassegna più importante della Svizzera, ma una delle più ricche, seguite e blasonate dell’intera Europa, ha voluto prolungare il legame col maestro milanese iniziato nel 2016 e che avrebbe dovuto concludersi l’anno prossimo.
La tradizione però non riguarda l’italianità del direttore: prima di Chailly c’è stato Claudio Abbado, protagonista di concerti indimenticabili al KKL, e a dare il La all’epopea della formazione lucernese fu negli anni Trenta Arturo Toscanini.
La tradizione per Chailly è innanzitutto un fatto artistico: «Per me il concerto non è che l’esito pubblico di una più ampia attività, quotidiana e spesso solitaria, fatta essenzialmente di studio. Adoro studiare, approfondire, rileggere partiture o scoprirne di nuove. Come alla Scala (dove dal 2015 è direttore musicale del Teatro e della Filarmonica, ndr.) anche a Lucerna il mio contributo è e sarà volto alla miglior comprensione possibile della storia e della specificità di questo Festival e della sua formidabile orchestra, oggi considerata tra le migliori al mondo».
Il suo rapporto con la città che si specchia nel Lago dei Quattro Cantoni è lungo: «La frequento da trent’anni. È dal 1988 che ogni estate dirigo qui, presentandomi con le orchestre di cui sono stato guida stabile: dal 1988 al 2004 col Concertgebouw di Amsterdam, poi fino al 2016 con la Gewandhaus di Lipsia, l’orchestra più antica del mondo, ora con la Filarmonica della Scala». In questi tre decenni il pubblico del festival ha potuto capire il suo senso della tradizione: «Ogni grande orchestra ha i suoi autori di riferimento; io ho voluto presentarmi a Lucerna suonando con ogni orchestra. Quando venivo col Concertgebouw affrontavamo Mahler e Bruckner, di cui la formazione olandese tenne varie prime e con cui lavorò assiduamente; ad Amsterdam ho potuto consultare le partiture delle sinfonie di Mahler annotate da Mengelberg, amico sincero del compositore boemo: nella quarta e nella settima in particolare si può leggere: “Qui Mahler dice... Qui Mahler vuole...”; è come attingere direttamente dalla fonte da cui è scaturita quella musica, un privilegio impagabile».
Ha fatto lo stesso con la Gewand-haus: «Con i professori di Lipsia ho suonato le tre B tedesche, Brahms, Bach e Beethoven, quindi Schumann e Mendelssohn; come non ricordare che proprio Mendelssohn la diresse a lungo, tra l’altro nella prima esecuzione moderna della Matthäus-Passion di Bach?».
Le tradizioni di Lucerna hanno innanzitutto due nomi: Wagner e Rachmaninov. «Wagner visse a Tribschen, delizioso angolo appena fuori città, per sei anni, dal 1866 al 1872. Era già stato a Zurigo, qui si trasferì con la seconda moglie Cosima e i figli; per lei scrisse l’Idillio di Sigfrido, che le offrì come regalo di Natale: la mattina del 25 dicembre 1870 un ensemble si fece trovare sul pianerottolo di casa e la svegliò con l’Idillio. Qui terminò il Tristano e Isotta, secondo alcuni il monte Pilato gli ispirò l’immagine del Valhalla che rappresentò nella Valchiria».
La scorsa estate Chailly ha diretto due ouverture wagneriane accostandole alla settima sinfonia di Bruckner, dedicata a Wagner: «In particolare l’Adagio è un omaggio estremo al compositore, qui si percepisce in modo nitido come Bruckner ne pianga la morte».
Anche Rachmaninov visse a Lucerna: «Nel 1932 vi fece costruire Villa Senar, dove compose la terza sinfonia: la dirigerò la prossima estate assieme al terzo Concerto per pianoforte». Nella tradizione lucernese Chailly inserisce anche Abbado: «Ha lasciato un’impronta profonda soprattutto con Bruckner e Mahler. Appena diventato direttore musicale ho diretto l’Ottava di Mahler, nel 2019 porterò la Sesta, usando il martello prescritto in partitura che ho fatto realizzare appositamente a Milano quando l’ho suonata con la Filarmonica».