Egregio Signor Dettato, scusi l’ardire, ma pur senza il suo esplicito consenso passo subito alla forma più amichevole, avendola da sempre nel cuore come uno fra i maestri (di vita) dalla sottoscritta più apprezzati. Con il massimo rispetto, mi permetto di ricominciare daccapo.
Caro Dettato, ti scrivo come a un amico mai dimenticato, come non dimentico il campanello della ricreazione, le enormi scale che portavano alla mia IIIB, le pantofole malconce in attesa la notte fuori dall’aula, la lavagna che si cancellava con la spugna bagnata, e non premendo «Delete».
Malgrado fossi un’allieva che si prendeva sempre maledettamente troppo sul serio, non ho mai avuto paura di te, come invece capitava a molti compagni di classe. Anzi, vivevo l’appuntamento del mercoledì mattina con il quaderno di italiano quasi come fosse un quiz: ero sempre curiosa di sapere quale strampalata parola ci avresti propinato, magari senza nemmeno capirne il significato. Caro Dettato, quante storie strane raccontavi, pur di metterci alla prova con «l’acquitrino» (attenti alla «cq»), «l’attaccapanni» (attenti alle tre doppie), e «l’ha preso» (attenti all’acca birichina e all’apostrofo che tutto si mangia). Sembrava quasi un gioco.
Caro Dettato, ti ringrazio per essere rimasto con me anche fuori dall’aula: perché ero così affamata di parole nuove da aver sviluppato una sorta di antenna-acchiappavocabolo: fantasticavo su quel cartello, «PRIVATO», che teneva tutti lontano da quella porta; mi confondeva e incuriosiva quel «CHANGE» appiccicato a fianco di «CAMBIO» sull’insegna di quella tabaccheria…
Caro Dettato, mi dicono che oggigiorno tanti bimbi nemmeno sanno chi sei. Mi dicono che per diversi docenti hai ormai fatto la muffa. Mi dicono che sei stato sostituito da testi che gli insegnanti forniscono qualche giorno prima da leggere e poi riscrivere in classe. Addio quiz. Mi dicono che altri han scelto formule nuove, come appendere il testo in corridoio, con i bimbi a fare avanti e indietro dal banco per copiare le frasi correttamente. Che sia un modo per combattere la sedentarietà precoce?
Caro Amico Dettato, non prendertela. Una cosa è certa: qualunque sia il metodo didattico – e l’ultimo, il più moderno, pare essere sempre il migliore – bene o male, linguisticamente parlando, si cresce tutti e si diventa adulti. Sento però la tua mancanza, caro Dettato, soprattutto quando scrivendo vengo assalita da subdoli dubbi lessicali o grammaticali, tarli che non l’avrebbero mai fatta franca quando frequentavo la scuola elementare e sillabavo le parole da spezzare per andare a capo senza far loro troppo del male.
Tutte queste diavolerie elettroniche che oggi scrivono e correggono per noi, sostituendo la penna con una tastiera, a volte mi intontiscono. Con orrore mi chiedo: come è possibile? Lo chiamano «analfabetismo di ritorno».
Caro Dettato, sai che risate se noi adulti, ammettendo di aver perso per strada molto di quanto appreso, ci sedessimo di nuovo all’amato banco di scuola, ormai troppo piccolo. Quel banco che saprebbe raccontarne tante, tutte le fatiche di quando eravamo in corsa ogni giorno per diventare grandi. E allora non sapevamo che il mestiere di imparare ci tornerebbe tanto utile anche oggi, quando ormai si è troppo cresciuti per quella sediolina.