Bukowski e la paura del tempo

Esce nelle sale del Cantone Cronofobia, primo lungometraggio del regista ticinese Francesco Rizzi (prodotto dalla ImagoFilm di Villi Hermann) che ha convinto la critica
/ 18.03.2019
di Nicola Falcinella

Un titolo curioso e un mistero esistenziale che lo pervade. È Cronofobia, il primo lungometraggio di Francesco Rizzi che approda nelle sale del Canton Ticino. Il film del regista di Morbio è prodotto dalla ImagoFilm di Villi Hermann e vede Vinicio Marchioni, noto soprattutto come «il Freddo» della serie Romanzo criminale nel ruolo principale, affiancato da Sabine Timoteo e Leonardo Nigro.

Le anteprime sono previste giovedì alle 18.15 al Palacinema di Locarno e alle 20.45 al Cinema Multisala Teatro di Mendrisio, entrambe alla presenza di Rizzi, Timoteo e della troupe. Venerdì alle 20.30 al Cinema Leventina di Airolo proiezione con la partecipazione di Rizzi e Jasmin Mattei. La pellicola ha debuttato a settembre allo Zurich Film Festival, successivamente ha vinto il Premio speciale della giuria al Black Night Film Festival di Tallinn e i premi per la miglior regia e la miglior sceneggiatura al Max Ophüls Preis Saarbrücken. Ora Cronofobia sarà al festival di Hong Kong e debutterà in Italia al 20esimo Festival del cinema europeo di Lecce, in programma dall’8 al 13 aprile, seguito da quello di Bolzano.

Michael Suter (il cognome è un omaggio allo scrittore Martin, uno dei riferimenti letterari di Rizzi con Haruki Murakami e altri) è un uomo misterioso e solitario, in continuo movimento, quasi in fuga da sé stesso attraversa la Svizzera con un attrezzatissimo furgone bianco. La notte osserva di nascosto Anna, donna ribelle alle prese con l’elaborazione di un lutto.

Un affascinante film di segreti, di frammenti, di travestimenti, di scoperte, che lascia molto spazio allo spettatore per ricomporre i pezzi e svelare gli enigmi che si presentano. Protagonista è Marchioni, visto in 20 sigarette e diversi altri film, diretto anche da registi come Woody Allen o Paul Haggis, che racconta: «Avevo recitato a teatro a Lugano e a Bellinzona, ma è la prima volta in un film svizzero. Francesco mi aveva visto in altri ruoli, aveva le idee molto chiare su di me e mi ha mandato la sceneggiatura, che mi è piaciuta subito. Mi ha colpito l’entrare nell’elaborazione del lutto da due punti di vista diversi e il senso di immobilismo dei personaggi, mentre tutto accade dentro le due anime».

«Ci siamo incontrati più volte, è stato un lavoro di squadra – aggiunge l’attore – Rizzi mi ha fatto leggere la poesia Nirvana di Charles Bukowski, che si sente nel film, e mi ha fatto ascoltare le musiche. Attraverso i suggerimenti di lettura e ascolto ne ho colto le atmosfere: Nirvana è una chiave d’accesso a Cronofobia. I baffi e il travestimento sono indicazioni dell’identità che il personaggio ha perso e non riesce a ritrovare. È bravo a mettere maschere, a cambiare ruoli, è un osservatore e un ascoltatore abile a nascondersi. Per questo è stato divertente interpretarlo. I personaggi sospesi, con un grande mondo interiore, offrono opportunità incredibili a noi attori. Anche il non avere un’identità precisa e l’indossare abiti diversi dai suoi».

«È il film più intimista ed esistenzialista che abbia mai girato, mai ho interpretato un personaggio così silenzioso,» prosegue Marchioni «è stato un lavoro bellissimo per me, a togliere il più possibile per essere un Michael che quasi non vuole vivere e non vuole lasciare traccia». In questo periodo Marchioni è impegnato a teatro con un suo spettacolo, Uno zio Vanja da Anton Cechov («il teatro mi dà sempre grandissime soddisfazioni, mi piace condividere con il pubblico il mio corpo a corpo con il testo»), con una novità che ci anticipa. «Sto finendo un documentario su Zio Vanja e Cechov, nato proprio dallo spettacolo teatrale e che mi ha portato anche nei luoghi dello scrittore. È il mio primo progetto da regista e sto cominciando a lavorare a un paio di sceneggiature in vista di un esordio nel lungometraggio, è una cosa che mi interessa sempre di più e che è alimentata anche dall’amore per il lavoro con gli altri attori».

«Ho conosciuto Vinicio come il Freddo – gli fa eco Francesco Rizzi – un gangster filosofo, che pensava già alla mossa successiva. Mi sembrava un attore che potesse essere a suo agio con il silenzio e il mistero, capace di trasmettere senza parlare. Così ho pensato subito a lui per un personaggio che trattiene e mostra poco. L’ho poi visto a teatro e negli altri film e mi ha convinto che fosse un attore versatile, in grado di lavorare su più registri.

L’idea nasce da un’esperienza personale. Quando studiavo cinema a Roma ho lavorato per un periodo nel mystery shopping, ovvero andavo nei negozi in incognito per valutare la qualità dei servizi. Ogni volta reciti un personaggio diverso. A questo ho aggiunto il contrasto tra frenesia del vivere e voglia di radicamento. Tra le ispirazioni del mio film ci sono La conversazione di Coppola, Monsieur Hire di Leconte e Le conseguenze dell’amore di Sorrentino, che ho visto più volte e del quale ho riutilizzato una location a Chiasso, e un certo cinema asiatico, da Kim Ki-Duk a Wong Kar-Wai».