Dove e quando
Borobudur, Joyau de l’art bouddhique, Ginevra, Fondation Baur. Orari: ma-do 14.00-18.00. www.fondation-baur.ch. Fino all’8 luglio 2018.


Borobudur, il sacro tempio-montagna

Tutto il fascino del sito asiatico in un’esposizione fotografico-archeologica a Ginevra
/ 04.06.2018
di Marco Horat

Le collezioni Baur di Ginevra, dedicate alle arti dell’Estremo Oriente, presentano uno dei monumenti più celebri del Buddhismo Mahayana, rimbalzato sulle pagine della cronaca anni fa, quando fu bersaglio di un attentato dinamitardo messo in atto da fanatici iconoclasti; come era successo per le grandi statue di Buddha di Bamiyan in Afghanistan qualche anno prima e più tardi sarebbe successo ai tesori siriani di Mosul. Fortunatamente i danni non furono enormi ma colpirono solo alcuni stupa del grande monumento, inserito nella lista dei capolavori mondiali dell’arte.

Una mostra particolare che propone una quarantina di suggestive immagini scattate da Caroline e Hugues Dubois, (fotografi di fama internazionale che si dedicano da anni all’archeologia) durante la notte, con il monumento immerso in un’affascinante luce lunare che fa rivivere tutta la magia del luogo, con le sue raffinate decorazioni in bassorilievo che raccontano la storia di Siddharta (e sono migliaia) nonché le centinaia di statue a lui dedicate. Chilometri di un percorso spirituale che i pellegrini ancora oggi seguono devotamente mescolati ai turisti. Accanto alle immagini, a marcare una presenza anche materiale dell’antica cultura buddhista, vengono presentati in mostra sculture, libri sacri e pitture giavanesi prestati alla Fondazione Baur dal Rijksmuseum e dal Tropenmuseum di Amsterdam, dal Linden-museum di Stoccarda e dalla Biblioteca di Ginevra.

Borubudur, sull’isola di Giava in Indonesia, è uno dei monumenti più studiati al mondo, ma anche un luogo che conserva intatto il suo fascino primordiale. Costruito in una zona discosta tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo sotto la Dinastia dei Sailendra, il tempio è una piramide a gradoni di grandi dimensioni (123 metri di lato), costituita da una serie di 10 terrazze che portano verso l’alto fino a raggiungere gli stupa situati a 35 metri di altezza; quelle inferiori sono a pianta quadrata, le superiori circolari. Si passa da un livello all’altro così come l’uomo dovrebbe fare quando decide di abbandonare il mondo dei desideri terreni per raggiungere la perfezione e passare nel Nirvana, liberato infine dal ciclo delle rinascite. Una struttura fortemente simbolica che si percorre dapprima lungo stretti corridoi per culminare poi in spazi aperti, permettendo così al fedele di istruirsi nella dottrina buddhista grazie alle immagini sulla vita del Buddha e alle storie narrate sui bassorilievi. Non diversamente da quanto accadeva in passato nelle nostre cattedrali medievali con i cicli pittorici che illustravano la vita di Gesù e le storie di un Vangelo che pochi sapevano leggere. 

Il luogo di Borubudur sembra fu abbandonato poco dopo l’anno 1000 a causa di eventi naturali catastrofici quali l’eruzione di un vulcano; i Sailendra non c’erano più, i loro successori volevano edificare nuovi monumenti a loro futura memoria e dal XV secolo il paese diverrà definitivamente, o quasi, musulmano. La natura riprese così possesso della zona fino all’800, quando il governatore inglese dell’isola Sir Thomas Stamford Raffles, intrigato dalle leggende popolari che circolavano attorno al tempio-montagna, chiamò un appassionato archeologo olandese, il quale verso la metà del secolo e grazie al lavoro di 200 uomini messigli a disposizione dagli inglesi, riuscì a riportare alla luce il grande tempio-montagna in tutto il suo splendore.