Lo giuro. È l’ultima volta che scrivo su Picasso. Troppe mostre, troppo clamore, troppa superficialità. Propongo una moratoria. Per almeno cinque anni non andiamo più a vedere qualcosa che abbia a che fare con il suo nome. D’altronde oramai tutti possono mettere in piedi una qualsiasi esposizione con un paio di sue opere. Sembra che ne abbia realizzate 50’000. Quindi, fate voi…
Sono stato a lungo incerto se andare o meno a Basilea per quest’ultima occasione. Alla fine mi sono deciso e debbo dire che sono stato ripagato. Ottima mostra con opere raramente visibili tutte assieme; e di qualità. Se siete un habitué della Fondation Beyeler è l’occasione per ritornarci. Se al contrario non ci siete mai stati questa volta vi consiglio di andarci.
Di che cosa si tratta? Due mostre in una. Ambedue dedicate a Picasso. La prima del periodo giovanile, quello per intenderci chiamato blu e rosa, con 75 fra dipinti e sculture e la seconda con le opere di Picasso di proprietà della Fondation Beyeler, che ne detiene 30, oltre ai prestiti permanenti. Quest’ultima mostra «panorama» è composta da 40 lavori e spazia lungo tutto l’arco della vita dell’artista, dal cubismo in poi. Attenzione: è terminata il 5 maggio. Al suo posto dal 26 maggio c’è Rudolf Stingel. Mentre quella dedicata al periodo blu e rosa, dato l’alto numero di visitatori è stata prolungata fino al 16 giugno. Insomma, durante la mia visita, l’intero edificio era dedicato a Picasso. Al piano sottostante, poi, è stato allestito un Café Parisien. Qui, oltre a mangiare baguette e bere champagne, si è potuto assistere a spettacoli di burlesque (un raffinato spogliarello) in «Champagner-Glas» con Anja Paplova, show con la dragqueen Violet Chachki, cancan girls, degustazioni di assenzio e tanto altro.
Torniamo alla mostra. Per realizzarla ci sono voluti 4 anni di preparazione. Le opere sono state assicurate per 4 miliardi di franchi. I prestiti arrivano da 13 paesi con 41 prestatori tra i quali 28 musei. Per l’occasione sono stati assunti 60 collaboratori in più.
Il periodo blu e rosa è compreso fra il 1901 e il 1906. Nel 1901 Picasso ha esattamente 20 anni, quindi è giovanissimo. Nel 1900 arriva a Parigi assieme a Carlos Casagemas. Si stabiliscono dall’amico barcellonese Isidre Nonell a Montmartre. A fine anno ritornano a Barcellona. E poi partono per Malaga per far dimenticare a Casagemas una delusione d’amore con la modella e ballerina Laure Gargallo. Casagemas ritorna a Parigi e il 17 febbraio 1901 si toglie la vita. Per Picasso è un dramma. Torna per la terza volta a Parigi e in autunno inizia il cosiddetto periodo blu dove le figure solitarie e disperate sono sempre allungate e deformate. Nel frattempo, durante il secondo soggiorno, espone alla galleria di Ambroise Vollard. Vende 15 quadri prima del vernissage e altri dopo. Fra Parigi e Barcellona l’artista vive in ristrettezze economiche, frequenta ristoranti che fanno credito e si accompagna quasi unicamente a suoi connazionali (probabilmente per via del suo francese stentato), a prostitute e ai bassifondi della città. Beve assenzio, fuma oppio. A Casagemas dedica molti ritratti presenti in una sala apposita della Beyeler.
In questo periodo si reca varie volte alla prigione femminile di Saint-Lazare dove sono rinchiuse le prostitute affette da malattie veneree. Realizza diversi dipinti, come Femme assise au fichu, dove il dolore e la sofferenza si intridono di solitudine. Nel 1903 dipinge La Vie, che da sola merita la visita. La grande tela è ricca di elementi allegorici. I due amanti sulla sinistra guardano una donna con il bambino in braccio mentre sullo sfondo prevalgono il dolore e la disperazione. In un primo tempo Picasso vuole dare alla figura maschile il proprio volto ma poi nella stesura definitiva raffigura l’amico Casagemas. L’aspetto erotico, nei suoi meandri nascosti, è sviscerato nelle Deux Amies dove la relazione fra due donne nude è emblematica. Una delle due femmine è Madeleine, la sua musa e modella, ritratta spesso magra e diafana.
Lentamente con il passare dei mesi i colori si stemperano e acquistano vivacità. Picasso introduce nella sua tavolozza il rosa. Nel 1905 frequenta il circo Medrano e saltimbanchi e giocolieri entrano prepotentemente nei suoi dipinti. Soprattutto Arlecchino, figura significativa e inquietante della commedia dell’arte, così demoniaco, villano, sboccato. Uno degli oli più belli è sicuramente Le Garçon à la pipe. Un ragazzo ambiguo con un vestito blu, una corona di fiori sui capelli che richiamano lo sfondo e in mano una pipa. Ragazzo probabilmente conosciuto al Bateau-Lavoir, umile casa nella quale vivono in vari appartamenti diversi artisti, uomini, donne, delinquenti. Il tema dell’androginia e della devianza è molto sentito nella Parigi bohémienne e il dipinto sembra echeggiare un personaggio di Verlaine «il più bello degli angeli malvagi che aveva sedici anni sotto la ghirlanda di fiori».
Durante questo periodo Picasso dipinge parecchi nudi, accattivanti, sensuali, soprattutto di adolescenti. Splendido Meneur de Cheval nu dove troviamo una sintesi fra classicismo dei kouroi greci e primitivismo. Con Nu sur fond rouge l’artista inizia a deformare le figure nelle loro proporzioni prefigurando così l’avvento del periodo cubista. L’ultima sala è dedicata ad alcuni studi preparatori per Les Demoiselles d’Avignon, completato nel luglio del 1907 e considerato il primo dipinto della stagione cubista.
La mostra, organizzata assieme al Musée Picasso di Parigi e al Musée d’Orsay et de l’Orangerie, dove è stata presentata in forma diversa nell’autunno dell’anno scorso, è la prima esposizione europea che analizza il periodo blu e rosa dopo le due retrospettive del Kunstmuseum di Berna nel 1984 e nel 1992 dedicate rispettivamente al primo periodo e poi a quello rosa.
In una sala è possibile assistere alla proiezione di un video che illustra il contesto parigino di quegli anni e sfogliare sei libri tattili multimediali e in un’altra il film dell’artista al lavoro.
Bella mostra, belle luci, bell’allestimento, bel catalogo.