Black Mirror, uno specchio deludente

L’attesa stagione V della serie Netflix non soddisfa i fan più fedeli
/ 26.08.2019
di Alessandro Panelli

L’acclamato cult televisivo ideato da Charlie Brooker (candidato ad un BAFTA per la miniserie Dead Set) torna sui nostri schermi casalinghi. Dal 2015 (terza stagione) Netflix ha acquistato i diritti per la serie e per molti (me compreso) l’opera ha perso quello smalto iniziale capace di creare angoscia e di sollevare dubbi sulle azioni irreversibili delle grandi potenze nei confronti dell’umanità. La paura che la serie non abbia più molto da dire è piuttosto elevata. La quinta stagione, con i suoi soli tre episodi, sembra dunque tornare alle origini. 

La prima puntata narra dei migliori amici Danny, sposato, con una famiglia stabile, e Karl, appena uscito da una lunga relazione ma ancora in grado di godersi la vita. I due si incontrano al compleanno di Danny, e Karl gli regala una versione ultimata e virtuale del loro videogioco preferito da adolescenti. Questo metterà Danny in serie difficoltà che ostacoleranno la sua vita reale sentimentale e quella idilliaca all’interno del videogioco. La storia mette in relazione un rapporto sentimentale che dopo anni risulta monotono con una realtà fittizia in cui ci si sente vivi e si prova amore incondizionato. Il bivio risulta frustrante per il protagonista e ci fa capire come un mondo al di fuori di quello reale possa condizionare la realtà stessa ponendoci di fronte alla domanda: meglio la vera realtà con tutti i suoi limiti, o una realtà fittizia nel quale si possono provare piaceri irrefrenabili?

La seconda puntata ci mette nei panni di un autista di car sharing disposto a tutto pur di parlare alla persona che indirettamente gli ha cambiato la vita. Veniamo a conoscenza di un personaggio vulnerabile, che fa della sua debolezza un’ostilità verso gli altri… una puntata al cardiopalma grazie al riuscitissimo climax ottenuto con una tematica più attuale che futuristica. Ci ritroviamo così a riflettere sulle piccole azioni quotidiane che sempre più prendono il sopravvento su di noi.

La terza storia parla di una popstar allo sbando, prigioniera della propria immagine mediatica. La bambola-robot a sua immagine e somiglianza cambierà la vita alle ragazzine che la idolatrano. Questa vicenda ha ben poco di Black Mirror, ma è piuttosto un «teen-drama» uscito molto male e con l’ambizione di voler trasmettere un messaggio universale, quando riesce solamente a innervosire lo spettatore a causa delle assurde coincidenze dettate da una sceneggiatura debolissima che nel finale addirittura precipita. Statene alla larga!

A livello artistico la serie funziona come sempre molto bene: colori, inquadrature e simmetrie danno quel tocco in più che porta lo spettatore a vedere tutta la puntata, ma per quanto riguarda il futuro, c’è da preoccuparsi, perché sembra che le cartucce siano ormai esaurite.