A Berlino il commissario Gereon Rath c’era finito più per necessità che per piacere. Prima stava alla Omicidi di Colonia, ma dovette andarsene dopo un increscioso incidente. Grazie alle amicizie del padre ora lavora alla centrale di polizia della capitale, in quella città grande e fredda dove tutto è gravoso e difficile. Per di più l’hanno assegnato alla Buoncostume, e lui si sente un po’ umiliato, anche se il collega Bruno Wolter, detto «lo Zio» per i suoi modi affabili, pensa che sia un privilegio esplorare la vita notturna della metropoli più appassionante e malfamata del mondo. Come dargli torto? Alla fine degli anni Venti Berlino era veramente una città di eccessi, di trasgressioni e squilibri, dove, nonostante caos e miseria, un pubblico eclettico e stravagante folleggiava inconsapevole di fronte all’incombente apocalisse. Vi si aggiravano invalidi con la croce di guerra, avventurieri e trafficanti di ogni specie, nuovi ricchi che affollavano i ristoranti dell’elegante Kurfürstendamm, disoccupati dei quartieri orientali e passanti estasiati di fronte alle vetrine del grande magazzino KaDeWe mentre l’inflazione saliva alle stelle.
È l’ambiente torbido e suggestivo che fa da sfondo allo splendido po-liziesco del renano Volker Kutscher Babylon-Berlin, uscito nel 2008 con il titolo Il pesce bagnato e ora proposto da Feltrinelli nell’efficace traduzione di Palma Severi e Rosanna Vitale, il primo di una serie di otto romanzi con lo stesso protagonista che ruotano fra il 1929 e gli anni del nazismo. Ne è nata anche una fiction televisiva in sedici puntate diretta da tre registi e prodotta da Sky, Beta Film e dalla rete pubblica tedesca Ard, già acquistata da molti paesi europei e dagli americani.
Kutscher stesso ha di suo l’estro del grande sceneggiatore: il ritmo in-calzante, il gusto per i colpi di scena, l’ambiguità dei personaggi, la sottile magia delle atmosfere, il tocco felice dei dialoghi. Non gioca solo di fantasia il giornalista renano, è ben documentato e parla di fatti storici come i disordini del primo maggio, gli scontri fra polizia e gruppi comunisti, e ricostruisce con precisione l’ambiente urbano, richiamando alla memoria il capolavoro di Alfred Döblin, Berlin Alexanderplatz, dove la capitale weimariana diventa mito e tragedia, scenario di un’agonizzante paese irretito dalla violenza. Kutscher ha certo curiosato anche fra gli splendidi reportage berlinesi di Joseph Roth che descrivono una città in costante fibrillazione politica, una polveriera sul punto di esplodere, un sottobosco di personaggi cupi e minacciosi, di figure estreme: terroristi, nazionalisti e guerrafondai, cospiratori e baciapile lordi di sangue, sinistrorsi e borghesi in crisi, individui frustrati e fanatici pronti a ogni avventura.
Quella Berlino enigmatica e minacciosa seduce lo scrittore renano e anima l’impresa solitaria del provinciale Rath, a cui tocca all’inizio inchiodare un paio di pornofotografi e la loro clientela che ama il sesso con qualche addobbo storico. Poi per fortuna il cadavere assai malconcio di un russo ripescato da un’auto finita nel Landwehrkanal (dove dieci anni prima galleggiava la salma di Rosa Luxemburg) mette in moto una complessa serie di eventi e ridà fiato alla voce della città. Perché tra le pagine del romanzo la vera protagonista è Berlino con i suoi locali notturni, i teatri di varietà, le catene di ristoranti come Aschinger, il tempio del divertimento Haus Vaterland, il grande magazzino Karstadt e la sua variegata topografia fra l’elegante Westen, le stradine del ghetto e i rioni proletari. Partendo magari dalla Centrale di polizia sull’Alexanderplatz, dove la città si apre e chiude in varie direzioni per poi sconfinare verso le aree industriali di Tegel e Wedding, zone molto politicizzate, come anche il popoloso quartiere di Neukölln, abitato da lavoratori e piccoli artigiani, dove la polizia in quei giorni ha decretato lo stato d’assedio.
Sullo sfondo ci sono i comunisti e il loro capo filosovietico Ernst Thälmann, che però nulla hanno da spartire con i russi che in vari ruoli finiscono sulla scena del romanzo. Come il cadavere ripescato di Boris o quello, più tardi, del suo amico, l’irraggiungibile Kardakov, che il commissario Rath insegue invano. Con la rivoluzione di ottobre quei due non c’entrano affatto, così come non c’entra la misteriosa contessa Sorokina, nascosta sotto falso nome nella capitale dove vorrebbe smerciare il patrimonio in oro della famiglia trasformandolo in marchi. Si tratta di milioni, un bottino che fa gola a molti e uno strumento perfetto per incrociare destini e vicende. Non lo cerca solo un boss della malavita come Johann Marlow, con cui bene o male Rath troverà una sorta di accordo, ma anche la polizia segreta sovietica, e poi membri dello Stahlhelm, l’associazione parapolitica di ex combattenti a cui segretamente aderiscono anche poliziotti e affiliati delle SA. Insomma dietro le spalle di Rath si affrontano segretamente destra e sinistra, malaffare e politica nel breve spazio di due mesi, nella primavera del 1929.
Un gioco che Kutscher sa dosare alla perfezione spostando, non di rado, la tensione sui personaggi dei vari corpi di polizia o sulla delicata e problematica love story fra il bel commissario Rath e l’attraente stenografa della Omicidi, Charlotte Ritter. Ci voleva un po’ di romanticismo fra tanta miseria umana, e anche il lettore si riprende un attimo di fronte allo smagliante sorriso della giovane collaboratrice. Sono brevi pause che rimettono in moto la curiosità: come può il paziente e determinato commissario, in forza alla Buoncostume, investigare su casi di omicidio non di sua competenza? Ecco la felice anomalia che fa di Rath un combattente solitario, quasi un infiltrato, al margine del corpo di polizia ma sempre più addentro nei misteri della capitale, di cui scandaglia ogni angolo per comporre i tasselli della complessa vicenda. Naturalmente con non poche difficoltà, alienandosi simpatie e amicizie, manipolando ricerche altrui, accumulando insuccessi e sconfitte. È una storia parallela che alla fine consente a quel sagace e onesto provinciale di dare scacco non solo ai più astuti e maturi colleghi, ma a una aggressiva, violenta visione del mondo che di lì a poco contagerà milioni di persone. Chissà se Charlotte potrà fargli dimenticare il baratro che si sta scavando sotto i piedi di un intero Paese.
Bibliografia
Volker Kutscher, Babylon-Berlin, traduzione di Palma Severi e Rosanna Vitale, pp. 477.