Autobiografia di una casa editrice

Armando Dadò racconta la nascita della sua attività editoriale
/ 12.02.2018
di Pietro Montorfani

La prova sarebbe, in molte case ticinesi, relativamente semplice: su qualche scaffale più alto saranno rimasti senz’altro, un po’ impolverati ma pur sempre in bella vista, l’antologia Pane e coltello (1975), o l’album fotografico Ticino ieri e oggi di Piero Bianconi (1982), o ancora i due volumi sull’Emigrazione ticinese in California di Giorgio Cheda (1981). I più fortunati avranno magari la prima edizione degli Artigianati scomparsi, libro inaugurale della casa editrice (1965) curato da Giovanni Bianconi, oppure qualche strenna a tiratura limitata avuta in omaggio dallo stesso editore in tanti anni di attività. Si sfoglino quelle pagine e sarà facile sincerarsi di quanto pionieristico, coraggioso, ambizioso, a tratti persino naïf, sia stato il percorso della casa editrice Dadò e della stamperia da cui prese le mosse, la Tipografia Stazione.

Dall’epoca in cui il logo della casa editrice prese per la prima volta la forma di un dado, su su fino alle più recenti trasformazioni tecnologiche, passando per l’opus magnum del Dizionario storico in tredici volumi (2002-14), è un pezzo di storia economica e culturale del Locarnese, naturalmente, ma per la legge dei cerchi concentrici rappresenta anche un capitolo importante nella formazione dell’identità della Svizzera italiana, di più, dell’intera Svizzera di lingua italiana (che non finisce al San Gottardo), cioè della storia di una minoranza linguistica; forse, addirittura, un piccolo pezzo di vita culturale italiana al di qua del confine.

Di questa avventura (il termine non paia eccessivo) Armando Dadò offre ora, con il vigore e la sincerità che lo contraddistinguono, una lunga testimonianza sotto forma di libro, un grosso volume miscellaneo di interviste, immagini, piccoli saggi che ha l’ambizione di raccontare una storia dal punto di vista del suo personaggio principale. L’operazione, non bisogna nasconderselo, è certo un po’ enfatica, nata a ridosso degli ottant’anni del fondatore e incentrata molto sulla sua vicenda personale, la famiglia, la valle, i colleghi, i «nemici», la lenta creazione dell’attività editoriale. Tra le righe traspaiono però informazioni utili alla ricostruzione di un percorso che, soprattutto all’inizio, deve essere stato piuttosto tortuoso: «I primi anni lavoravamo con metodi tradizionali, un po’ dilettantistici. [...] Allora non me ne rendevo perfettamente conto. Non conoscevo il francese, non parlavo il tedesco e anche con la lingua italiana la parentela non era molto stretta. I miei modi, le mie mosse erano goffi, approssimativi» (p. 55).

Nonostante le premesse non incoraggianti, la casa editrice cresce e giunge, negli anni, a conquiste importanti, individuate da Stefano Vassere in quindici libri chiave (pp. 97-113) e illustrate anche da alcuni scatti di momenti memorabili: nell’apparato iconografico del libro sfilano infatti, dietro i tavoli delle numerose presentazioni, personalità del calibro di Dante Isella, Giorgio e Giovanni Orelli, Raffaello Ceschi, Padre Pozzi, Sergio Romano, Piero Bigongiari, e un’infinità di altri nomi di cui non è possibile dare conto in queste poche righe.

Un onesto recensore non dovrebbe però tacere, nonostante i gustosi aneddoti e l’evidente generosità con cui è stato montato il libro, anche qualche piccolo difetto di impostazione e struttura, a iniziare dal fatto che il tutto ‒ ma non sorprende ‒ è stato cucinato in casa, senza davvero sentire le famose «altre campane». Questi Fatti della vita valgono insomma come preziosa testimonianza ma non ancora, io credo, come una storia esaustiva della casa editrice (era l’auspicio di Ceschi), che meriterebbe certo qualche mandato di ricerca cantonale o federale per offrire finalmente un quadro, non solo su Dadò, ma su tutta l’attività editoriale e la produzione libraria nella Svizzera italiana del secondo Novecento. Anche soltanto per rispondere all’annosa domanda circa l’assenza, a questi livelli, di una casa editrice luganese (almeno dai tempi di Carlo Grassi), o per illustrare nel dettaglio alcuni nodi del rapporto con i nemici-amici di Bellinzona, nel libro solamente adombrati ma non veramente sciolti fino in fondo.

Bibliografia
Armando Dadò. I fatti della vita. Storia di un editore e di una casa editrice, a cura di Maurizia Campo-Salvi. Armando Dadò editore 2017. 347 pagine illustrate.