Aronofsky nettamente sopra le righe

Fra le pellicole più attese a Venezia
/ 09.10.2017
di Fabio Fumagalli

* Madre! (Mother!) di Darren Aronofsky, con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris (Stati Uniti)

Qualcuno ha detto che è tutta colpa di quel punto esclamativo, posto dopo il titolo di Madre! Nulla di più azzeccato. Che Darren Aronowsky fosse un cineasta ambizioso e pure dotato, ma non un mostro dell’autocontrollo era cosa nota. Perlomeno, fuori dalla cerchia che del regista ha fatto da tempo un oggetto di culto: oltre che di un sommo addetto al tema dell’immortalità. Titolo di stima, che non gli ha comunque valso di girare più di una mezza dozzina di opere, nell’arco di diciotto anni. Ma una sola indimenticabile, The Wrestler (2008), e questo grazie anche a Mickey Rourke, reduce dal suo celebre periodo tormentato; fagocitato, materialmente ma più ancora mentalmente, dalla pellicola.

Dopo la riuscita, anche commerciale, de Il cigno nero (2010) e il laborioso, apocalittico Noé (2014), ecco allora che la discesa verso l’ossessiva chiusura in sé stesso rappresentata da Madre! poteva apparire congeniale al regista. Tanto da garantire al film, grazie anche al suo cast sontuoso, una delle maggiori attese alla recente Mostra di Venezia; e perlomeno la prima parte della pellicola (benché da subito debitrice di momenti che appartengono di diritto a Bergman, Polanski e pure Von Trier) sembra non volere disattendere nessuno. 

Osservata secondo l’ottica della protagonista, una coppia s’installa in una casa isolata in campagna; mentre verremo a sapere che era stata distrutta (prima di una delle infinite metafore) da un incendio. Lui (Javier Bardem, progressivamente distratto) è lo scrittore in crisi di ispirazione. Lei (la giovane star del cinema mondiale, Jennifer Lawrence) si occupa delle faccende domestiche e di tinteggiare, questo prima di rimanere (a fatica) incinta. 

Giunge allora una coppia di bizzarri, ben presto inquietanti sconosciuti (Ed Harris e Michelle Pfeiffer) che lo scrittore accoglie con un entusiasmo incontenibile, incomprensibile allo spettatore, oltre che alla stessa padrona di casa. 

Diffidenza largamente condivisibile, vista la moltiplicazione degli intrusi che non tarderà a verificarsi. Inizialmente, a turbare quella parvenza di intimità, sarà una serie di ammiratori apparentemente pacifici, dello scrittore. Ben presto, però, un’orda di voraci invasori (accompagnati dalle relative metafore) porterà alla distruzione delle suppellettili, e non solo, permettendo così allo scrittore di ritrovare l’ispirazione.

Come lasciava presagire il punto esclamativo del titolo, siamo nel campo dirompente dell’enfasi. Se eravamo catturati progressivamente dalla suspense, se eravamo rassegnati ma consapevoli della presenza dell’horror, eccoci definitivamente fagocitati da una deriva proveniente dal fatto che tutto si svolga sopra le righe. E che dunque non perdona.