Bibliografia
Caspar Henderson, Il libro degli esseri a malapena immaginabili, Milano, Adelphi, 2018.


Animali improbabili

Un libro borgesiano del giornalista Caspar Henderson dedicato ad animali di cui facciamo fatica a concepire la forma
/ 18.03.2019
di Stefano Vassere

«Per quanto la nostra attenzione sia spesso transitoria o estemporanea, è raro che il nostro animo resti immune al fascino di altre forme di esistenza – tra cui quelle animali –, un fascino che zampilla in tutte le culture umane come acqua sorgiva dalla roccia scura».

Elencare, con tutto il fascino dato dal catalogo (e che catalogo! Questo libro Adelphi è un piccolo capolavoro di arte grafica e ricompatta gli ormai minoritari e fortunati tifosi del libro di carta, e mettiamoci pure anche la traduzione d’autore di Massimo Bocchiola), animali che esistono ma che si fa fatica a concepire è sì sforzo scientifico classificabile nell’ambito della zoologia, della biologia umana e di una serie di discipline sorelle. Ma è anche un esercizio che interessa le scienze cognitive e lo studio dei significati, perché osservare qualcosa per noi così improbabile e imprevisto mette in gioco l’idea che abbiamo del mondo e della vita.

Capita quindi a un crocevia di saperi importante e complesso, questo Il libro degli esseri a malapena immaginabili, del giornalista televisivo Caspar Henderson, una specie di Piero/Alberto Angela ma più anglosassone, che piazza i suoi ragionamenti e i suoi testi in quella virtuosa terra di mezzo tra il giornalismo sostenuto e il saggio, nella quale non si discutono – si sa – inglesi e americani.

Di questi animali, di alcuni della lista, basterebbero anche solo i nomi: spugna barile, orso d’acqua, balena franca, tasso del miele, granchio yeti, axolotl… Si tratta, come detto, di esseri in carne e ossa ma bizzarri, o meglio bizzarri per la nostra attrezzatura mentale, troppo limitata e stretta per arrivare a contenerli.

Prendiamo un axolotl (“assolotto”, in italiano, il correttore lo segnala come inconcepibile): ha occhi a capocchia di spillo senza palpebre, branchie, corpo da lucertola, braccine e gambe esili, una coda da girino; niente in confronto alla caratteristica che invece, non senza un certo grado di paradosso, ce lo rende così incomprensibile: «nel contempo la grossa testa, il sorriso impassibile e il color rosa carne della pelle gli danno uno sconcertante aspetto umano. Un insieme di tratti così contraddittorio non può non essere affascinante, e si capisce perché uno dei primi nomi europei di questa creatura sia traducibile come “pesce ridicolo”».

Poi, lo squalo goblin, uno tra i numerosi animali con i quali il regno animale dà concretezza alla metafora universale dell’unicorno; o il polpo, al polpo e al suo linguaggio, Adelphi dedica in queste settimane un altro sorprendente libro, Altre menti di Peter Godfrey-Smith; o il gonodactylos, «lo stomatopode con il dito genitale», che è grande come un piccolo cetriolo ma può rompervi le ossa di un braccio; e via così, per più di cinquecento meravigliose pagine, di cui circa settanta di apparati, tanto per non smentire quel taglio saggistico anglosassone di cui si è detto.

Nel cuore del libro non poteva mancare il capitolo dedicato all’essere umano e alle sue improbabilità; filosofia, zoologia, antropologia, cognitivismo, psicologia, linguistica e molte altre discipline si sono nei secoli dedicate a stabilire il corredo che distingue l’uomo dagli animali, che in un certo senso lo qualifica, forse per qualche imprevista evoluzione-soglia, un’improvvisa abitudine che dà il via alla storia dell’umanità. La posizione eretta, la capacità di costruire utensili di pietra, quella di costruire utensili in genere; tra questi il linguaggio, tra tutti gli strumenti il più nobile, complesso e performante.

Ma anche, poi, «la gratificazione differita e il controllo degli impulsi», il riso, la religione, la cucina, l’inganno, la capacità di narrare, la musicalità, di nuovo la competenza linguistica e l’abilità generativa di costruire frasi ed enunciati infiniti praticamente su tutto il concepibile. Lo sforzo per chi voglia parlare di questo libro è di riuscire ad arrivare fino alla fine senza pronunciare il nome di Jorge Luis Borges. Fatto.