A colazione con la famiglia Stern

Incontro con il chitarrista americano che è stato uno dei mattatori dell’edizione 2017 di Estival Jazz
/ 31.07.2017
di Alessandro Zanoli

Avrebbe dovuto partecipare ad Estival già nell’edizione 2016, ma un brutto incidente (era caduto per strada) gli aveva procurato una frattura del braccio. Il chitarrista newyorkese per un anno ha lottato con le difficoltà del suo recupero. Raggiunto un livello soddisfacente di padronanza tecnica (tanto da aver registrato un nuovo album), quest’anno Mike Stern è felicemente ritornato a Lugano. C’era grande attesa nel pubblico che ama la sua musica: persino il suo sound check, il pomeriggio sotto il sole che arroventava Piazza Riforma, era discretamente gremito. Mike Stern è, come direbbe Jacky Marti, un vero «amico di Estival». Sono innumerevoli le sue apparizioni a cui abbiamo assistito, nel corso degli ultimi 30 anni, con le formazioni più varie, ma sempre con l’incredibile grinta che caratterizza il suo approccio roccheggiante al jazz. 

Mike è infatti celebre per essere stato scelto da Miles Davis agli inizi degli anni 80, per far parte di un gruppo di jazz elettrico che ha cambiato la storia di questa musica. Da allora in poi il suo robusto approccio alla chitarra ha influenzato migliaia di musicisti e ha segnato un punto fermo, stilistico e compositivo. Una cosa che non si conosce molto di Stern è, in realtà, la sua fortunata situazione famigliare. Mike è in effetti sposato da decenni con una bellissima e bravissima chitarrista, Leni Stern. I due si erano conosciuti negli anni 80 a Berkeley, la celebre scuola jazz di Boston. Da allora hanno vissuto due carriere indipendenti, ognuno con il proprio stile e la propria personalità, ma sempre pronti a collaborare nei reciproci progetti. Più interessata alla musica etnica, Leni Stern ha realizzato nel corso degli anni dischi molto interessanti con strumentisti africani, tra cui il bassista Richard Bona. 

Anche sull’ultimo album di Mike Stern, Trip, il chitarrista ha sollecitato la collaborazione della moglie Leni. Gli abbiamo chiesto di parlarcene. «Molto volentieri!» ha risposto il chitarrista che è sicuramente uno dei principali estimatori del lavoro di sua moglie. «Leni aveva già collaborato con me nei miei due dischi precedenti. Va detto che ho scelto dare all’album il titolo di Trip, riferendomi esplicitamente alla mia brutta esperienza, il mio bad trip, che vorrei però trasformare in un bel viaggio, un good trip. In due pezzi dell’album Leni suona lo n’goni, uno strumento africano. Lei predilige la world music. È una strumentista eccellente, davvero brava. A casa suoniamo moltissimo insieme, anche pezzi di John Coltrane, brani complicati, e lei li suona molto bene. Anzi: spesso, come si dice, “mi dà proprio la birra”...». Certo pensando alla situazione di due chitarristi in casa, viene da chiedersi di cosa parlino i coniugi Stern a colazione al mattino: di chitarre? di corde, accordature, amplificatori? «(Ride, molto contento, NdR) Leni prima di tutto prepara una colazione stupenda e poi parliamo di tutto, di ciò che succede in giro: ma poi suoniamo! Normalmente suoniamo tutte le mattine». 

Ci immaginiamo quindi una «casa Stern» piena di chitarre... «Beh, abbastanza» risponde Mike Stern. «Ma la cosa che ci piace di più sono i gatti. Non abbiamo potuto avere figli, anche se li volevamo. Leni ha avuto un tumore al seno, trent’anni fa... In effetti la sua esperienza difficile è stata una delle spinte che mi hanno aiutato a riprendermi. La sua tenacia mi ha ispirato, perché quando si era ammalata era partita in tournée a suonare, anche se stava subendo la chemioterapia. In quel periodo suonava con Don Alias, musicista che era stato con Miles. Leni ha avuto sempre gruppi con musicisti eccezionali, ha avuto Dennis Chambers come batterista. Ancora oggi suona con i migliori, ma lo faceva anche allora, nonostante la malattia. Così, quando hai una moglie tanto tosta, finisce che lei ti motiva anche a costo di usare la frusta, questo è sicuro... (ride di nuovo)». 

Visto quanto sono agonistici i chitarristi tra loro, viene da chiedersi se c’è competizione anche tra marito e moglie... «Certo che sì (ride). Oggi Leni suona in un gruppo che sta sperimentando nuove direzioni musicali. Ne fanno parte un percussionista del Senegal, e un bassista. Lei è più addentro nella musica africana di me, ma mi piace molto quello che fa, comunque. Si interessa molto anche di musica indiana, di tutti i tipi di musica, anche se quest’ultimo progetto lo porta avanti ormai da due anni».

Leni Stern è dunque stata coinvolta dal marito anche nella nuova avventura discografica, messa in cantiere pochi mesi dopo l’incidente. «Su Trip Leni suona lo n’goni, una specie di arpa africana, e mi accompagna in due pezzi particolarmente delicati. Il primo si chiama Amelia, è un brano melodico “africano”, con un bel contrasto tra linee melodiche e accompagnamento di n’goni e di basso elettrico. Su questo pezzo io stesso ho cantato la melodia, doppiando il suono della mia chitarra. L’altro si chiama I believe in you». Si tratta di una ballad molto dolce, una specie di dichiarazione d’amore: un brano che infonde coraggio.