Sicuramente è molto Gotthard. Sicuramente è molto «classic rock», che qui vuol dire rock come lo si faceva negli anni 80 o giù di lì. Ma #13, il nuovo album della più celebre rockband elvetica appena uscito per Sony Music Switzerland, riserva parecchie sorprese e rivela tante differenti sfumature. In una parola? Un gran bell’album. Una produzione asciutta ed efficace curata da Paul Lani e Leo Leoni: così i tredici brani che compongono il tredicesimo lavoro in studio dei Gotthard si propongono al pubblico, alternando nella migliore tradizione del gruppo momenti energici ad altri più intimi. Atmosfere diverse che si fondono in maniera omogenea e perfettamente naturale nello stesso brano, unite sempre da linee vocali melodiche di forte impatto e di immediata presa.
Il lavoro scorre fluido rivelandosi nella sua completezza ascolto dopo ascolto, aprendosi continuamente a soluzioni non scontate. 10’000 Faces parte come un brano rock senza compromessi, ma subito la strofa rivela un groove sornione. Better Than Love ha dei riverberi quasi «alternative» che sfociano in un ritornello potente che rimane subito in testa, Rescue Me veicola degli psichedelici echi anni Settanta e un testo che invece parla del mondo di oggi e delle ossessioni digitali che lo pervadono. Il lato giocoso dei Gotthard viene fuori nell’orientaleggiante Missteria scritta con Francis Rossi degli Status Quo e c’è perfino un’inaspettata cover di S.O.S. degli Abba.
Tanta roba qua dentro: Leo Leoni, Marc Lynn, Freddy Scherer e Nic Maeder hanno fatto un gran lavoro di songwriting senza abbandonare il loro campo da gioco preferito. Dietro la batteria stavolta non siede Hena Habegger, che già da un po’ ha ridotto le sue attività musicali annunciando un periodo di pausa per dedicarsi alla famiglia. A sostituirlo in studio è Alex Motta mentre nel tour, previsto per aprile fra Germania, Austria, Bulgaria e Svizzera – coronavirus permettendo, come per tutti gli altri eventi – il ruolo sarà di Flavio Mezzodi dei Krokus.
Del nuovo lavoro parliamo con Nic Maeder, da nove anni voce e frontman dei Gotthard. E ne approfittiamo anche per farci raccontare qualcosa della sua vita.
Nic, in #13 si colgono elementi differenti eppure omogenei. Come descrivi l’atmosfera di questo album?
Penso sia vero, ci sono differenti sfumature in questo album, differenti colori. Ma non l’avevamo veramente pianificato. È semplicemente successo così. Penso che siamo stati attenti a non avere due volte lo stesso genere di canzone e ad avere brani abbastanza diversi l’uno dall’altro. La cosa divertente è che però io non sento poi tutta questa varietà! È più una cosa che ci ha detto la gente che lo ha ascoltato: ‘sai questo disco è incredibilmente differente!’. Ah davvero? (ride). Ma è chiaro che quando stai scrivendo, quando lavori alle canzoni per molto tempo, queste cose non le vedi più. Quel che è certo è che siamo veramente felici del risultato. Abbiamo scritto l’album tra marzo e lo scorso settembre e abbiamo registrato delle demo delle canzoni. Poi da Los Angeles è arrivato il produttore Paul Lani e abbiamo rielaborato tutto, abbiamo smontato e rimontato le canzoni e le abbiamo risuonate tutti insieme. Lo abbiamo fatto per ciascuna di loro. Probabilmente è per questo che i brani suonano tutti come parte dello stesso album.
E come mai avete deciso di mettere una cover degli Abba sull’album? Ciò è abbastanza sorprendente…
(ride) Sì! In televisione, a Natale, volevano fare una notte tributo agli Abba. Hanno chiesto anche a me di partecipare e cantare una loro canzone. La mia reazione è stata ‘Mmmh? Abba? Ehm, non sono sicuro, datemi qualche giorno per pensarci’. Comunque mi sono ascoltato qualche album e ho pensato che forse avrei potuto fare qualcosa con S.O.S. A casa ne ho registrato una versione solo piano e voce, una versione che aveva un mood piuttosto dark. Non suonava male così ho deciso di partecipare allo show televisivo. Mentre stavamo componendo per l’album, l’ho fatta sentire ai ragazzi e a loro è piaciuta! Leo mi ha detto che avevano pensato di fare S.O.S. con Steve anni prima, ne avevano parlato. Non ne avevo idea.
Sono passati nove anni da quando ti sei unito ai Gotthard. Come è cambiata la tua vita?
La mia vita è cambiata parecchio… Soprattutto all’inizio. Vivevo in Australia all’epoca e sono tornato in Europa. Mi ero unito alla band senza rendermi davvero conto di quanto grandi fossero… È stato un periodo difficile per il gruppo che usciva dalla morte di Steve Lee e doveva ricostruirsi. In Svizzera, con la scomparsa di Steve, erano chiaramente molto mediatizzati. Chi sarà il nuovo cantante? Anche questo era sotto gli occhi dei media. Letteralmente mi sono svegliato una mattina e tutto il Paese sapeva chi ero. Sì, la mia vita è cambiata drasticamente. Avevo una grande pressione su di me. I primi due anni sono stati difficili, con un sacco di lavoro da fare, con tutti che mi guardavano. Ma devo dire che siamo stati molto fortunati ad avere dei fan così fantastici, la maggior parte dei quali è rimasta con la band e veramente ci hanno incoraggiato tantissimo: alla fine sono i fan che decidono e nessuno sa come andrà. Siamo stati molto fortunati.
Tu sei anche un pilota. C’è qualcosa in comune nell’essere il frontman di una band e pilotare un aereo?
L’adrenalina! (ride) Quando vivevo in Ticino abitavo molto vicino all’aeroporto di Agno e ho fatto amicizia con le persone che lavoravano lì. Volevo veramente fare qualcosa che non avesse a che fare con la musica, perché l’impegno nella band, in particolare nei primi tre anni, era davvero 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Così ho cominciato a volare e mi ci sono voluti alcuni anni per prendere la licenza. Ho dovuto studiare un sacco!
Quando hai cominciato con la musica chi erano i tuoi eroi, i tuoi modelli?
Sono cresciuto con gli AC/DC. Ho sentito Hell’s Bells alla radio quando avevo 11 anni o giù di lì e ne sono stato completamente catturato. Brian Johnson e Bon Scott sono stati una grande influenza come cantanti, ma io in realtà volevo essere un chitarrista. A 13 anni ho cominciato a suonare la chitarra e più tardi, attorno ai 16 anni ero in una band thrash metal: i miei gruppi preferiti erano Metallica, Slayer, Testament, questo genere di band. È stato allora che ho iniziato a cantare. Vivevo in Svizzera all’epoca e cercavamo un cantante per il gruppo ma non trovavamo nessuno che sapesse l’inglese e così ho cominciato io! Allora ero molto influenzato da James Hetfield (frontman dei Metallica, nda).
E oggi? Quali artisti stai ascoltando in questo periodo?
In questo periodo non sto ascoltando molto. Ma ultimamente ho tirato fuori le vecchie cose dei Soundgarden. Sono un loro grande fan e anche Chris Cornell è uno dei miei preferiti dei vecchi tempi. Mi piacciono molto gli anni Novanta, gruppi come loro o gli Alice in Chains... E poi ascolto anche molto la radio, per sapere che succede nel mondo.