Viaggi spaziali sottoterra

Reportage - Gli astronauti si addestrano spesso nelle caverne
/ 14.05.2018
di Natalino Russo

Siamo a un passo dal turismo spaziale? A leggere i giornali sembra che da un giorno all’altro tutti o quasi avremo la possibilità di fare un giro lassù, magari persino un viaggio di nozze sulla stazione spaziale internazionale, con vista sul più spettacolare dei panorami. 

Aziende come Virgin Galactic e Blue Origin sperimentano veicoli in grado di raggiungere gli strati più elevati dell’atmosfera e assicurano che presto saranno in grado di portare nello spazio i primi turisti (e pazienza se ogni anno questi annunci si ripetono uguali, senza tradursi per ora in realtà). Evoluzione tecnologica e concorrenza potrebbero far scendere i prezzi dagli attuali milioni di dollari alle centinaia di migliaia: cifre non alla portata di tutti, ma che comunque strizzano l’occhio ai ricchi del pianeta.

L’ingresso dei privati nell’industria aerospaziale sembra aver trasformato la fantasia in realtà. Già a metà dell’Ottocento Jules Verne aveva immaginato i viaggi spaziali, ma l’idea del turismo fece capolino nella letteratura col racconto Minaccia dalla Terra, pubblicato nel 1957 dallo scrittore statunitense Robert Anson Heinlein. Lo spazio diventò una frenesia di proporzioni globali dopo il 1968, con l’uscita del film 2001 Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick. Erano gli anni d’oro della corsa alla Luna, di lì a poco Neil Armstrong avrebbe posato il suo primo passo sulla polvere lunare. Il film di Kubrik produsse un effetto inatteso: in alcune scene gli astronauti viaggiavano a bordo di un veicolo col logo PanAm. Boom! La compagnia aerea ricevette decine di migliaia di telefonate di curiosi, molti erano convinti che si potesse davvero prenotare un viaggio spaziale.

Cinquant’anni dopo il turismo orbitale è una prospettiva decisamente più concreta, ma per il momento l’esperienza dello spazio è ancora riservata agli astronauti professionisti. Per fortuna, potremmo aggiungere. Una missione spaziale richiede capacità e competenze fuori dal comune, dalla guida dei vettori di andata e ritorno alla manutenzione delle apparecchiature, dalla conduzione di esperimenti fino allo svolgimento delle normali attività quotidiane, che in assenza di gravità sono molto più complesse di quanto si potrebbe immaginare. Non a caso la maggior parte degli astronauti è selezionata tra piloti con alle spalle migliaia di ore di volo anche in situazioni critiche. Certo, a un turista spaziale sarebbe richiesta una preparazione infinitamente minore, ma per il momento l’addestramento è un processo estremamente complesso e richiede molti anni di duro lavoro.

Questa intensa preparazione si svolge per esempio allo European Astronaut Centre di Colonia, in Germania, dove sono stato di recente. Inoltre si svolge in luoghi del nostro pianeta difficili da immaginare, come le grotte. Che paradosso, scendere sottoterra per andare nello spazio! Eppure da alcuni anni l’Agenzia Spaziale Europea ha avviato un programma chiamato Cooperative Adventure for Valuing and Exercising human behaviour and performance Skills (CAVES). Gli astronauti trascorrono periodi dentro grotte simili ad ambienti spaziali. Qui si esercitano all’isolamento totale, ma anche a lavorare in gruppo in situazioni articolate e poco prevedibili. In questi ambienti non devono soltanto muoversi, esplorare e documentare come fanno gli speleologi, ma anche effettuare campionamenti geologici e condurre esperimenti di fisica e biologia. 

Da speleologo, io le grotte le frequento da quasi trent’anni. Ma stavolta l’ho fatto con un compagno speciale: l’astronauta Luca Parmitano, il primo italiano ad aver effettuato un’attività extra-veicolare nello spazio. Come fotografo l’ho seguito durante la missione chiamata CAVES-X1 nella grotta Cucchiara: un abisso che si apre nelle viscere del monte Kronio, a Sciacca, in Sicilia. 

Per via di risalite di fluidi termali, le condizioni climatiche di questa grotta sono proibitive, con temperature prossime ai 38 °C e un’umidità del cento per cento. Qui Parmitano ha sperimentato la permanenza in luoghi estremi e ha persino provato a esplorare zone della grotta ancora più calde, con temperature fino a 40 °C. Ci è riuscito grazie all’uso di un drone con sensori termici e speciali videocamere, progettato dalla società svizzera Flyability, dotato di un’innovativa gabbia protettiva rotante che gli consente di rimbalzare contro le pareti. Strumenti di questo tipo permetteranno un giorno di esplorare luoghi apparentemente irraggiungibili come i tunnel lavici della Luna o di Marte, prima che gli astronauti ci arrivino di persona. Viaggi indiretti, quindi, per preparare viaggi fatti da persone in carne e ossa.  

E così, a modo mio, ho fatto anch’io il mio piccolo viaggio spaziale. L’anno prossimo, Luca Parmitano tornerà sulla stazione spaziale e porterà con sé il bagaglio di esperienze accumulate nelle grotte. Lui ci andrà davvero. Io per il momento la mia Odissea nello spazio mi accontento di sognarla. Ma non si può mai sapere: dopo tutto Dalla Terra alla Luna, il romanzo di Verne pubblicato nel 1865, fu preceduto di un anno soltanto dal suo celebre Viaggio al centro della Terra.