Unicorno, coccodrillo o fenicottero?

Viaggiatori d’Occidente - A Palma di Maiorca si può adottare un gonfiabile abbandonato
/ 16.10.2017
di Claudio Visentin

La fine dell’estate al mare è sempre velata di tristezza. I turisti, incolonnati in lunghe file di auto, tornano in città, dove li attendono le preoccupazioni della vita quotidiana. Le spiagge si svuotano. I bagnini chiudono gli ombrelloni, piegano le sdraio e ripensano con nostalgia all’animazione dei mesi passati. Desideri e allegria vengono messi da parte in attesa della prossima estate. Del resto il mare d’inverno mette solo tristezza, anche nelle canzoni. «A Rimini la spiaggia com’è vuota, quasi inutile di marzo, deserta dell’estate, in ogni simbolo imbecille e vacanziera» canta Francesco Guccini (Inutile). E Rimini di Fabrizio De André non è molto più allegra: «Teresa parla poco, ha labbra screpolate, mi indica un amore perso a Rimini d’estate».

Sulla spiaggia e nelle stanze d’albergo restano pochi oggetti dimenticati: crema abbronzante, occhiali da sole, riviste... Tra gli oggetti più comunemente abbandonati al termine delle vacanze ci sono invece i materassini e altri gonfiabili. Il loro numero è considerevole. Un’ampia ricerca, realizzata da OnePoll for Hotels.com, ha mostrato che quasi la metà dei turisti inglesi compra un gonfiabile in vacanza. Se pensate che solo a Maiorca, la principale isola delle Baleari, i turisti inglesi sono stati oltre due milioni nel 2016, i conti sono presto fatti. Ancora dalla ricerca apprendiamo che col proprio gonfiabile si gioca parecchio, in media per sei ore e cinquantadue minuti alla settimana. Basta guardare i profili Instagram del resto dove le foto di mo- menti felici in piscina o in spiaggia coi gonfiabili (#inflatable) sono oltre duecentomila…

Misteri delle vacanze. Mi sono sempre chiesto chi progetta questi oggetti e perché alcune forme sono preferite ad altre: quest’anno andavano per la maggiore i gonfiabili a forma di ciambella (eventualmente con un morso), la fetta di pizza, gli unicorni dalla criniera multicolore, i coccodrilli verdi, i fenicotteri rosa e l’immancabile paperella gialla. Per il prossimo anno i vacanzieri orientano invece le loro preferenze sui dragoni: sarà l’effetto di Trono di spade

Si sa però che gli amori estivi finiscono là dove sono cominciati. E così, al termine della vacanza, solo il 28% dei turisti porta a casa il compagno di tante avventure, dopo averlo sgonfiato. La maggior parte dei gonfiabili finisce invece tra i rifiuti, solo qualcuno in ottime condizioni viene riportato al negozio di nascosto per essere nuovamente messo in vendita. I limiti di peso del bagaglio a mano sui voli delle compagnie low cost hanno forse un loro ruolo, ma certo tanta ingratitudine verso i propri fedeli compagni di giochi spezza il cuore. Bene ha fatto dunque un grande albergo, l’Hipotels Gran Playa di Palma di Maiorca, a creare un rifugio per gonfiabili abbandonati, dove i nuovi turisti potranno adottarli. Naturalmente è anche un’astuta trovata pubblicitaria per far parlare di sé (puntualmente riuscita, a giudicare dal numero di articoli pubblicati sulla stampa internazionale, incluso questo che state leggendo), ma in fondo fa parte del gioco.

Cose da bambini? Sì e no. A giudicare dalle foto pubblicate in rete, sono soprattutto gli adulti a cavalcare con orgoglio i propri lucidi gonfiabili, dopo averli scelti e comprati. Perché in fondo la vita di spiaggia (e per estensione la piscina) altro non è che una consapevole regressione all’infanzia. Nello spazio ben delimitato della spiaggia ognuno di noi torna bambino: costruisce castelli di sabbia e piste per gare con le biglie con le foto dei ciclisti, ricopre di sabbia un amico, corre per tuffarsi in mare e poi si abbandona a giochi in acqua (schizzi, tuffi, fare il morto). 

La durata limitata della vacanza – imposta dalla fine delle ferie e spesso certificata dalla data impressa sul biglietto di ritorno – permette questa regressione perché la limita a un luogo (la spiaggia) e a un tempo ben definito. È questo il significato profondo di buona parte del turismo? Proviamo a immaginarlo come una ribellione rispetto alla vita quotidiana, una sorta di carnevale dove le regole sono ribaltate: oziare invece di lavorare, spendere invece di guadagnare, stare nudi anziché vestiti, la ricerca del piacere invece del dovere, al posto dell’etichetta una maggiore libertà e informalità nei rapporti con gli altri. E come nel caso del carnevale, molto può essere consentito se lo stravolgimento dei rapporti non è permanente, se non intacca i veri rapporti di forza. Anzi, al ritorno dalle vacanze risulta più facile e quasi naturale rientrare nei ranghi, dopo aver sperimentato un’altra vita possibile ma senza la fatica di farsi carico ogni giorno della propria libertà. 

Anche per questo forse, da qualche parte nel fondo della mente, sentiamo che i nostri gonfiabili non possono tornare a casa con noi: perché sarebbero inutili o peggio ci ricorderebbero, quasi con rimprovero, quello spazio di un’estate quando siamo stati di nuovo bambini felici.