Una delle cose che mi piace sfatare della cucina è il luogo comune secondo cui esisterebbero piatti estivi e invernali, differenti. Di certo una volta valeva per gli ingredienti, ma davvero «una volta», ché oggi grazie alle serre e alle importazioni via aerea dal sud del mondo abbiamo a disposizione gli stessi ingredienti tutto l’anno. È pure presumibile che ai tempi, nelle case, d’inverno, facesse più freddo e d’estate si soffrisse comunque il caldo; oggi grazie a riscaldamento e condizionatori possiamo avere la stessa temperatura in casa tutto l’anno, se vogliamo. E in ogni caso d’inverno mangiamo i piatti più caldi, ma mai bollenti – ché il troppo caldo ammazza i sapori – mentre d’estate li lasciamo intiepidire un po’, anche se non troppo.
Quindi io ho deciso da parecchio tempo di mangiare quello che mi piace in qualsiasi giorno dell’anno. Per esempio il mio modo di festeggiare Ferragosto è quello di mangiare cotechino, leggermente intiepidito e nappato con chutney; per dessert: panettone.
Coerentemente con questo mio approccio, oggi vi parlo di un piatto che sembra il più invernale possibile: la zuppa di cipolle – anzi la soupe à l’oignon, grande gloria e piatto nazionale francese.
Premessa: ma perché le cipolle sono così onnipresenti nelle cucine di tutto il mondo? L’hanno scoperto nel 1998 due bravi ricercatori, J. Billing e P. W. Sherman, che pubblicarono una ricerca dal titolo Antimicrobial functions of spices: why some like it hot. In questa ricerca hanno analizzato 4758 ricette di 36 paesi di tutto il mondo e hanno notato come la cipolla compare nel 65% delle ricette, il pepe nel 63%, l’aglio nel 35%, il peperoncino nel 24% e via a scendere. Hanno poi fatto uno studio sugli effetti antisettici e antibiotici dei 30 principali aromi comparati ai 30 principali batteri che contaminano, o possono contaminare, le preparazioni in tutto il mondo e hanno scoperto che cipolla e aglio, uccidono il… 100% delle specie di batteri esaminati! Il pepe, presunto super battericida, è da 2 a 4 volte meno efficace. Altrettanto spietati sono solo due altri ingredienti: il pepe di Giamaica e, curiosamente, l’origano.
Evidentemente i nostri avi l’avevano intuito e fa piacere che ricercatori di oggi lo confermino. Questo è il motivo storico, unito al basso prezzo, che spiega il loro straordinario successo. E dato che come si sa la cultura viene dopo l’economia, ovvero che una cosa giusta diventa anche buona, la cipolla è da sempre vissuta come buona, ma è l’onnipresenza legata alla sua capacità di sanificare che l’ha resa tale, non viceversa.
Ma veniamo alla ricetta. Per 4 persone, sbucciate 800 g di cipolle bianche e affettatele finemente. Tagliate a fette sottili anche 200 g di gruyére. Fate un mazzetto guarnito con 2 rametti di timo, 2 foglie di alloro e una manciatina di gambi di prezzemolo. Mettete le cipolle in una casseruola e fatele appassire a fuoco basso con una noce di burro, mescolando e sfumandole con un bicchiere di vino bianco secco. Unite un bicchiere di brodo di verdure o di pollo bollente e il mazzetto guarnito, quindi continuate la cottura per un’ora, unendo altro brodo quando necessario. Regolate di sale e di pepe. Nel frattempo affettate una baguette e fate tostare le fette in forno a 150° per 15’. Eliminate il mazzetto e versate 2 terzi della zuppa in 4 ciotole da forno. Appoggiate sopra le fette di pane, copritele con il formaggio e con il resto della zuppa. Fate gratinare per qualche minuto le ciotole in forno a 180°. Servitele non subito ma in modo che sia ancora intiepidite. Sono davvero tanto buone!