Luca è un ragazzino tedesco di tredici anni, appassionato di archeologia. Qualche giorno fa, cercando con un semplice metal detector in un campo sull’isola di Rügen, nel nord della Germania, ha trovato un tesoro: collane, anelli, spille, orecchini, un martello di Thor e circa seicento monete. Si pensa sia appartenuto al re Aroldo I, che regnò su queste terre verso la fine del X secolo, unificando il regno dei Danesi e conquistando molti territori vicini. Aroldo introdusse il Cristianesimo tra i vichinghi e anche per questo dovette fuggire in seguito a una rivolta. Era detto «Dente azzurro» e proprio pensando a questo re, al suo sforzo di conciliare popoli e religioni diverse, Ericsson diede il suo nome (Bluetooth) allo standard utilizzato per far comunicare smartphone, tablet e computer.
Una vicenda eccezionale? Fino a un certo punto, e certo non è la sola. Per esempio nel 2008, ancora in Germania, a Smallenberg, nella regione del Nord Reno-Westfalia, un bambino di nove anni durante una passeggiata ha trovato un vaso di terracotta con centoventi monete del tardo Cinquecento e Seicento, molte d’oro, del valore di quasi centomila euro.
Nel mondo inglese ai bambini si raccontano spesso storie fantastiche piene di avventure e tesori: Le cronache di Narnia, la saga di Harry Potter o Il Signore degli anelli; e poi le storie della Tavola rotonda naturalmente. Qualche volta queste leggende sembrano realizzarsi. Lo scorso settembre Matilda, sette anni, era in gita con la famiglia al Lago Dozmary Moor, in Cornovaglia. Il padre ha raccontato a Matilda di quando Re Artù fu ferito a morte dal crudele Mordred e ordinò allo scudiero di gettare la sua spada in queste acque, affidandola alle fate. Poi la bambina ha fatto il bagno e quando ha visto un luccichio sul fondo naturalmente si è subito immersa, risalendo con una spada antica lunga oltre un metro, ben conservata. Non sarà Excalibur (la spada che dà diritto al trono d’Inghilterra), probabilmente è solo un’imitazione utilizzata in qualche film, ma certo è un oggetto affascinante e basta per rendere indimenticabile un giorno di tarda estate.
Ancora? Nell’agosto del 2012, un bambino di otto anni, Charlie, passeggiava lungo un promontorio nella contea inglese del Dorset, in Gran Bretagna. Altri erano passati di lì prima di lui ma solo il bambino si fermò incuriosito davanti a una strana massa giallastra, di consistenza simile alla cera. Quando la portò a casa, dopo qualche ricerca, si rivelò essere ambra grigia, proveniente dallo stomaco di un capodoglio. L’ambra protegge l’intestino di questi giganteschi animali dagli scarti dei molluschi, dei quali si nutrono. La sostanza, odorosissima, è una delle più pregiate fragranze di derivazione animale, impiegata come ingrediente nella preparazione dei profumi, e per questo il valore di questo ritrovamento fu stimato in decine di migliaia di euro.
Un’ultima storia, decisamente più famosa e in tutt’altra parte del mondo. Nel 1947 un giovane pastore beduino, Muhammad, scoprì la grotta che conteneva i celebri «Rotoli del Mar Morto», alcune fra le più antiche copie dei testi biblici, scritte su pergamena o papiro, e conservate in giare di terracotta. Il giovane beduino andava in cerca di tesori nascosti, tirando pietre nelle cavità incontrate; e un giorno sentì il suono di un vaso infranto…
Dunque esistono davvero tesori nascosti? Certo! E in numero assai maggiore di quanto si creda. Ogni volta che un esercito nemico si avvicinava, per esempio, tutti correvano a nascondere i propri beni più preziosi e molti morivano prima di avere il tempo di recuperarli o di rivelare ad altri il nascondiglio. In passato ho lavorato in un Museo, ospitato in un antico convento; ebbene ottant’anni or sono, durante dei lavori di sistemazione, a pochi metri di distanza dal mio ufficio furono trovati centinaia di ducati d’oro veneziani.
Se dunque i tesori nascosti esistono, perché non li troviamo? Per cominciare i ragazzini – almeno prima del tempo dei videogiochi – erano soliti trascorrere molto tempo all’aperto, giocando, immaginando, esplorando i dintorni di casa come se fossero foreste tropicali sconosciute. Inoltre a quell’età i piccoli non hanno ancora perso il senso del meraviglioso; credono, cercano e infine trovano. Non a caso sono protagonisti di tutti gli episodi narrati. A noi invece, adulti disincantati, i tesori sono negati perché non crediamo alla loro esistenza, perché guardiamo ai luoghi vicini e consueti con gli occhi dell’abitudine; non ci aspettiamo nulla da loro e proiettiamo invece i nostri desideri su luoghi lontani, esotici, dall’altra parte del pianeta.
Eppure, il viaggio dovrebbe servire proprio a questo, a risvegliare un senso del meraviglioso al cospetto di terre lontane, ma solo per riportarlo poi a casa ed esercitarlo là dove viviamo. Come in quella storiella ebraica, narrata da Martin Buber. Rabbi Eisik viveva a Cracovia e, seguendo un sogno insistente, partì per cercare un tesoro a Praga. Ma giunto in quella città, casualmente gli fu rivelato che in realtà il tesoro era stato sempre nascosto nella sua casa...